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 2015  dicembre 24 Giovedì calendario

Chi vince tra De Sica, Lillo e Greg e Pieraccioni

Erano abituati a guidare la volata di Natale e invece quest’anno devono accontentarsi dei gradini bassi del podio. Lo strapotere di Star Wars – al botteghino ha superato i 10 milioni d’incasso in sette giorni – non solo ha tolto ai cinepanettoni il ruolo dei protagonisti ma ha finito anche per declassarli nel dibattito cult trash. Intervistato da Malcom Pagani, il regista Neri Parenti, che li firma da vent’anni e quest’anno ha diretto Vacanze ai Caraibi, gioca al ribasso. Per definire il genere si limita a tre sostantivi: «Baggianate, buffonate, farse» ed è difficile dargli torto, nonostante gli esegeti fossero arrivati anni fa a scomodare anche Bachtin e la sua teoria sul carnevale come momento di rivincita dal basso.
Eppure quest’anno qualche elemento in più di riflessione ci sarebbe, perché i film che si vogliono spartire il pubblico degli aficionados – il già citato Vacanze ai Caraibi (targato Wildside/Medusa) e Natale col boss (di Volfango De Biasi, produce la Filmauro di Aurelio De Laurentiis) – pur inseguendo la medesima comicità popolare per intercettare il pubblico meno smaliziato, hanno cercato di percorrere strade molto diverse.
Il punto di partenza è comune: la farsa costruita sugli equivoci. Natale col boss inizia con l’errore di due chirurghi plastici (Lillo & Greg) che sbagliano operazione e invece di cambiare il volto di un boss smascherato da due poliziotti imbranati (Ruffini e Mandelli) in quello di Di Caprio, lo trasformano in quello di Di Capri (Peppino). E visto che il film è ambientato a Napoli, le confusioni con il cantante si sprecano. Vacanze ai Caraibi, invece, gioca su un equivoco di grana ben più grossa: il padre (De Sica), volato ai Caraibi dalla figlia, crede che il pretendente (Ghini) della ragazza sia ricchissimo e possa ripianare la sua disperata situazione finanziaria, mentre il fidanzato è invece uno spiantato che spera di «attaccare il cappello» col matrimonio.
Il film di De Biasi e De Laurentiis cerca di sfruttare al meglio l’idea di partenza, affidando al «doppio» Peppino Di Capri le gag più costruite e affidandosi alle altre due coppie di comici e a un’esuberante Giulia Bevilacqua (moglie del poliziotto Mandelli col sogno di lavorare alla Buoncostume) situazioni più tradizionali ma piuttosto efficaci, anche grazie a un cast di ottimi comprimari napoletani (Pennasilico, Imparato, Esposito i più conosciuti). Vacanze ai Caraibi, invece, risolve velocemente l’equivoco iniziale e si affida a situazioni scontate (i due protagonisti che parlano di un orologio «grosso» e «da prendere in mano» mentre un sacerdote sente, non vede e si scandalizza), affiancando ai due protagonisti (e a una sprecata Angela Finocchiaro) l’improbabilissima storia di sesso tra Luca Argentero e Ilaria Spada e il naufrago app-dipendente Dario Bandiera.
Visti entrambi nel weekend, in sale milanesi semivuote (a fianco, il pubblico faceva la coda per Star Wars ) i due cinepanettoni mi sono sembrati decisamente diseguali: divertente anche se squinternato Natale col Boss, francamente deludente (e un po’ noioso) Vacanze ai Caraibi. Eppure i risultati al botteghino non fanno registrare nessuna sostanziale differenza, anzi il film di Neri Parenti segna qualche punto in più: 1 milione 607 mila contro 1 milione 576 mila, fino a martedì 22.
La spiegazione, secondo me, va cercata nel fatto che di fronte a prodotti considerati interscambiabili dal pubblico (sempre di «cinepanettoni» si tratta) i volti tradizionali vincono su tutto. Bastano Christian De Sica e Massimo Ghini a fare da garanzia a un film che in realtà è solo un riciclaggio di vecchie gag. Il pubblico ha imparato ad amarli ed è disposto a seguirli ancora, anche quando rifanno per l’ennesima volta la scena delle puzze o riciclano la battuta volgare. Un po’ come è successo a Pieraccioni con Il professor Cenerentolo : il comico toscano ha provato (con scarsi risultati, secondo me) a cambiare ambientazione e trama, ma il pubblico è sembrato nemmeno accorgersene e ha continuato a seguirlo (3 milioni e 880 mila euro in 16 giorni). Il problema sarà capire fino a quando sarà disposto a farlo.