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 2015  dicembre 24 Giovedì calendario

L’Europa boccia il salvataggio di Tercas, la Cassa di Risparmio di Teramo

Partiamo dall’ultimo atto, la bocciatura ieri da parte della Commissione europea degli aiuti a Tercas, l’istituto di Teramo che controlla anche la pescarese Caripe, messi a disposizione del Fondo interbancario di tutela dei depositi: sono stati giudicati «un aiuto di Stato incompatibile».
È il caso pratico che il Tesoro sbandiera come esempio concreto per mettere fine al polverone che si è alzato in Italia intorno alla soluzione adottata dal governo per salvare Banca delle Marche, la Popolare dell’Etruria, le Casse di Risparmio di Ferrara e di Chieti, coinvolgendo gli azionisti e i possessori di obbligazioni subordinate. E che ha scatenato ieri un botta e risposta irrituale tra Roma e Bruxelles, con anche la diffusione di una lettera riservata spedita al governo italiano da Margrethe Vestager e Jonhatan Hill, commissari Ue alla Concorrenza e alla Stabilità finanziaria, il 19 novembre scorso.
La Commissione Ue ha bocciato gli aiuti a Banca Tercas perché il Fondo «ha agito per conto dello Stato italiano». Tercas dovrà quindi restituire i 265 milioni ricevuti per la sua acquisizione da parte di Banca Popolare di Bari. Un problema, se non fosse che temendo il giudizio negativo, sia stata già individuata una soluzione compatibile con la Ue: una nota del Tesoro spiega che «è già pronto l’intervento di un fondo volontario del sistema bancario» che metterà le risorse che Tercas dovrà restituire. «Uno schema volontario di intervento – precisa la Popolare di Bari – separato e autonomo rispetto a quello obbligatorio posto a tutela dei depositi», che ha ricevuto l’adesione del 98% del sistema. Intervento, questo, che Bruxelles ha definito «positivo».
Il giudizio su Tercas arriva al termine di una giornata complessa. Il governo aveva fatto sapere di stare valutando la pubblicazione della lettera spedita dalla Commissione, per spiegare le proprie scelte che hanno colpito gli azionisti dei quattro istituti e i risparmiatori a cui sono state vendute obbligazioni subordinate (anche a clienti che non avevano il profilo di rischio adeguato). Bruxelles, attraverso un portavoce, ha ribadito che «sono state le autorità italiane a decidere di risolvere le quattro banche utilizzando il fondo di risoluzione» nazionale, dopo il continuo dialogo con la Commissione, che aveva «già constatato che l’intervento di sistemi di garanzia obbligatoria equivale a un aiuto di Stato in un certo numero di casi in Italia, Spagna e Polonia». A livello giuridico, le regole Ue sugli aiuti di Stato e la direttiva per la risoluzione bancaria si applicano all’uso di fondi pubblici per il sostegno delle banche in fallimento. E come ha chiarito il portavoce anche «l’uso del sistema di garanzia dei depositi obbligatorio non fa eccezione». La Commissione, spiega nella lettera, è «sempre a favore di soluzioni private o basate sul mercato, dove possibile, e ovviamente questo si riflette nelle regole applicabili». Ma trovare fra i privati i 4 miliardi necessari per i quattro istituti era impresa molto più difficile rispetto al recupero dei 265 milioni necessari per Tercas e fonti del ministero mettono in evidenza come la soluzione adottata non avesse alternative. «Se il governo avesse scelto quella strada – viene sottolineato – avrebbe comunque dovuto farla precedere dalla risoluzione» degli istituti «e quindi dall’azzeramento per azionisti e obbligazionisti subordinati». Tuttavia per il Tesoro il no della Commissione al piano del Fondo interbancario, che avrebbe salvato le 4 banche con la conversione delle obbligazioni subordinate ed evitato la più pesante risoluzione, si è basato su un’interpretazione delle norme europee che porta a «un’incongruenza del quadro giuridico».
Gli ultimi scambi a distanza tra governo e Commissione mettono in evidenza un rapporto che scricchiola. E a seconda dei punti di vista dei due protagonisti, da un lato colpisce il vigore della posizione di Bruxelles, dall’altro il comportamento poco ortodosso di Roma.
La vicenda delle 4 banche, nella quale «la posizione di Bruxelles appare discutibile» per Roberto Gualtieri, eurodeputato del Pd e presidente della Commissione affari economici e finanziari dell’Europarlamento, è anche «un segnale che fa capire come il bail-in e la direttiva sulle risoluzioni bancarie Brrd siano strumenti molto delicati da maneggiare con cura, evitando rigidità ideologiche, ma soprattutto mostra il gap a livello europeo tra le regole per i salvataggi e la protezione degli investitori».