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 2015  dicembre 23 Mercoledì calendario

L’Italia nell’anno della scimmia

Il 2016 inizierà segnando una distanza più marcata tra le due sponde dell’Atlantico. Tutto previsto, tutto atteso, ma nel corso dell’ultimo mese del 2015, tutto è stato definito e certificato con precisione: da una parte la Fed che dopo sette anni rialza i tassi, dall’altra la Bce che allunga al marzo 2017 la sua iniezione di liquidità a tasso zero. Una divaricazione che è figlia di scelte di lungo periodo assai diverse: Francoforte solo nell’ultimo anno e mezzo ha invertito la rotta di una politica monetaria rigida e ferocemente restrittiva, mentre Washington incomincia a incassare i frutti dei robusti programmi di stimolo dell’economia che negli Stati Uniti hanno portato nel 2015 alla creazione di 2,3 milioni di posti di lavoro.
«L’economia americana rimane il principale motore di crescita globale nel 2016, con un’espansione attesa del Pil del 2,6%. Questo tasso risulterebbe il più elevato degli ultimi dieci anni». L’outlook 2016 prodotto da Unicredit Research si focalizza sul ruolo propulsivo degli Stati Uniti per l’economia mondiale: «I consumi privati rimarranno il maggiore fattore di supporto, grazie soprattutto alla crescita occupazionale, al miglioramento dei salari e a una riduzione del tasso di risparmio. La politica fiscale e la spesa per investimenti daranno un’ulteriore spinta. Per via di un dollaro forte e di un consumo internazionale che fatica a tornare a livelli pre-crisi, invece, ci aspettiamo un contributo negativo dall’export netto americano».
Naturalmente l’effetto dollaro forte sull’export europeo potrà solo essere positivo. Anzi, c’è chi prevede nel 2016 un rapporto euro/dollaro addirittura sotto la parità. Dunque, benzina sul fuoco di una ripresa europea che, pur meno brillante di quella americana, è vista nel 2016 all’1,9% a fronte dell’1,5% del 2015.
Ancora nel rapporto Unicredit Research, a proposito dei Paesi europei si legge: «Riteniamo che anche nel 2016 la ripresa sarà guidata soprattutto dalla domanda domestica. I consumi privati probabilmente confermeranno il buon ritmo di espansione di quest’anno, mentre gli investimenti sono visti in accelerazione, soprattutto nelle costruzioni che beneficeranno della normalizzazione del canale del credito nei Paesi periferici, delle migliori prospettive per i redditi delle famiglie e del contesto di tassi di interesse estremamente bassi». Resta apprensione sul fronte della ripresa dell’inflazione, che in Europa dovrebbe attestarsi intorno all’1%. Ciò non è una buona cosa. I rischi di deflazione non fanno bene al tono complessivo della ripresa. Specie per chi ha contratto debiti personali, d’impresa e di sistema. Mario Draghi lo ha ribadito di recente: «L’obiettivo resta una stabilità dei prezzi che conti su un’inflazione al di sotto, ma vicina al 2%». Quasi il doppio di quella prevista per il prossimo anno. E per questo il Qe continuerà almeno fino a marzo 2017. «In un contesto di tassi già molto bassi, l’indebolimento dell’euro rappresenta forse l’arma migliore per cercare di accelerare il ritorno dell’inflazione verso il 2%». 
Il prezzo del petrolio, ai minimi storici, è uno dei fattori che ha fatto crollare i prezzi. Goldman Sachs prevede entro la fine del 2016 una significativa ripresa delle quotazioni, con un effetto di rialzo dei prezzi indotto anche dalle bollette energetiche. In effetti, la componente di crescita dell’eurozona dovrebbe essere meno debitrice nei confronti del petrolio per essere più guidata da politiche fiscali espansive e da una prevista ripresa del commercio mondiale.
Sul fronte internazionale restano almeno due elementi di incertezza che possono di molto condizionare lo scenario 2016. Il primo è in gran parte imprevedibile: il rischio geopolitico dopo gli episodi tragici di Parigi. L’incombenza del terrorismo islamico rischia di compromettere la consistenza della ripresa economica internazionale. Il secondo fattore di incertezza viene dai mercati emergenti, destinati a essere l’anello debole della crescita globale. La Cina – che da sola vale un quarto degli emergenti – dovrebbe attestarsi al più 6,5%, ma si tratta di un’attesa inferiore di oltre un punto e mezzo rispetto ai pronostici di un anno fa. Tuttavia, nel breve periodo il rischio di un hard landing del gigante cinese sembra contenuto, visto che le autorità di Pechino stanno intervenendo con massicce dosi di stimolo monetario e soprattutto fiscale per fronteggiare i rischi al ribasso derivanti dall’eccesso di capacità produttiva e il forte debito aziendale. Nel frattempo, la crescita in altri Paesi emergenti potrebbe riprendere in via moderata, India in testa a tutti». 
Meno prevedibile il comportamento del Brasile, che sembrava voler puntare sull’effetto Olimpiadi fissate a luglio. Negli ultimi anni si è capito che i grandi eventi sportivi non si rivelano occasioni durature di crescita.
E il 2016 dell’Italia come sarà? Il direttore del Centro Studi di Confindustria, Luca Paolazzi ricorda che «la parola ripresa l’abbiamo abolita. In questi anni è avvenuto un cambiamento strutturale» al punto che anche il vocabolario deve adeguarsi, parlando di «ripartenza, risalita, ricostruzione». D’altronde, il bisticcio sui decimali di crescita – fissati allo 0,8% invece che l’atteso 0,9%, dopo che si era pensato a lungo che il 2015 potesse chiudere allo 0,6-0,7% – non depone a favore di una ripresa tout court. Se si vuole mantenere il sostantivo ripresa, senza rottamarlo, lo si deve accompagnare da qualche aggettivo, come lenta e graduale. Nel 2016 Unicredit Research, in linea con altri previsori, stima una crescita del Pil italiano al +1,4%. Una dinamica che non colma il gap di crescita che ci separa dall’eurozona, ma che riduce il divario intorno al mezzo punto percentuale, ponendoci peraltro a ridosso della crescita bassa della Germania, che il Fmi stima nell’1,6%.
Nel 2016 il rafforzamento della ripresa in Italia sarà guidato soprattutto dalla domanda domestica. In particolare si prevede un consolidamento del tasso di crescita dei consumi privati e un rafforzamento significativo della ripresa degli investimenti, che dovrebbero beneficiare anche del netto miglioramento della fiducia delle imprese, di una ripresa della profittabilità aziendale e degli incentivi per gli investimenti in macchinari introdotti dalla Legge di Stabilità. Secondo l’Ucimu, il settore delle macchine utensili, robot e automazione industriale dovrebbe continuare a crescere al ritmo di quasi il 3%. 
Il mercato del lavoro in Italia dovrebbe proseguire l’andamento positivo avviato nel corso del 2015. L’occupazione si prevede in crescita anche se a un ritmo inferiore rispetto al Pil. Ciò dovrebbe consentire di ridurre comunque il tasso di disoccupazione lungo tutto il prossimo anno.
Il 2016 coincide con l’anno della scimmia in Cina. I nuovi nati, secondo le credenze cinesi, dovrebbero essere caratterizzati da un forte ottimismo. Ce ne sarà bisogno anche per chi è già nato e spera in un 2016 un po’ più roseo dell’anno che sta passando.