Libero, 23 dicembre 2015
I 106 addii a Forza Italia sono costati 6 milioni. Ma Silvio è sereno
Meno siamo, meglio stiamo. L’ultimo mood berlusconiano è un inno all’elitismo. Saluta ogni uscita da Forza italia con un’alzata di spalle. Non un filo di dispiacere. Perché nel giorno della «grande rifondazione», spiega, avrà meno parlamentari da mandare in quiescenza per far largo ai «volti nuovi».
Però il momento della palingenesi forzista viene rinviato di semestre in semestre. Silvio Berlusconi rimane proiettato nel passato che non torna e nel futuro che non arriva. Ignora sostanzialmente il presente. Forza Italia? È un partito che soffre di anoressia. Si guarda allo specchio e si vede bello. Ma non sale mai sulla bilancia. Se facesse i conti con se stesso scoprirebbe quanto si è avvizzito negli ultimi anni. Mai, in questo ventennio, ha avuto così pochi deputati. Furono 110 nel ’94, 123 nel ’96, 178 nel 2001, 134 nel 2006 e addirittura 226 nel 2008. All’inizio di questa legislatura, nel 2013, gli onorevoli eletti a Montecitorio nelle liste del Popolo della libertà erano 97. Oggi che il Gruppo parlamentare guidato da Renato Brunetta, dopo due scissioni, è stato ribattezzato Forza Italia, i berluscones sono precipitati a quota 47. Berlusconi dice di non aver versato neanche una lacrima per quei cinquanta tradimenti. Perché tali non erano: «Alle ultime elezioni, sono stati Alfano e Verdini a fare le liste. Logico che, per un debito di riconoscenza, chi è stato beneficato vada con loro. Io non li conosco proprio...».
Altri se ne andranno. In dieci o più, a gennaio, prenderanno il volo. Anzi l’Ala. Denis Verdini sta corteggiando sei senatori azzurri (Enrico Piccinelli, Bernabo Bocca, Francesco Scoma, Giovanni Piccoli, Sante Zuffada, Riccardo Villari) e due di Raffaele Fitto (Antonio Milo e Lionello Marco Pagnoncelli). Tutti ovviamente smentiscono. A Montecitorio sono in bilico Renata Polverini e altri tre deputati azzurri. Il problema è che, se Forza Italia diventa un club per pochi intimi, tutto questo ha un risvolto economico. Che fa quasi più danni dell’abolizione del finanziamento pubblico. Perché, per ogni deputato e senatore, l’istituzione versa un contributo al partito. Ed è l’ultima forma di sostegno di Stato al quale rimane aggrappata la politica. Ebbene, a causa delle scissioni, Forza Italia perde circa 6,2 milioni di euro all’anno. E qui sì che Berlusconi piange. Derogando al proprio stile, Silvio quest’anno non ha brindato con i suoi parlamentari. Un gruppo di essi ha trovato comunque qualcosa da festeggiare: il compleanno di Mara Carfagna. Chi c’era – una compagine mista ma molto affiatata di azzurri ed ex azzurri transitati con Verdini – ha potuto assistere a un fatto a suo modo storico. La pace, suggellata da un abbraccio e da un bacio, tra Paolo Romani e Renato Brunetta. Dopo essersele suonate per settimane, i due capigruppo devono aver capito che, proseguendo su questa china, rischiavano entrambi il posto. Armistizio. Siamo tutti sulla stessa barca. «Tutti, la prossima legislatura, dovremo trovarci un lavoro», ha scherzato qualcuno sull’incertezza del futuro.
Il passato invece è certo. E fa un po’ effetto scorrere oggi l’elenco dei ministri con portafoglio dell’ultimo governo Berlusconi: otto (Frattini, La Russa, Tremonti, Romano, Sacconi, Fazio, Galan, Alfano) su dodici sono altrove o fanno altro. Erano quattro anni fa, non il secolo scorso. E, a conferma che il fuggi-fuggi non è un dato momentaneo, ma una categoria ricorrente nella storia politica berlusconiana, si potrebbe ripescare dagli annali la formazione del governo 2001: Fini, Pisanu, Tremonti, Moratti, eccetera. Tutti spariti. Tranne Antonio Martino, che però non è più deputato, ma detiene la tessera “numero due” di Forza Italia. La prima ce l’ha Berlusconi: ne rimarrà solo uno, come Highlander?