La Gazzetta dello Sport, 23 dicembre 2015
Tuffarsi senza stress, l’arte di Tania Cagnotto
Tania Cagnotto, la regina mondiale dei tuffi, fa visita alla Gazzetta. L’accompagna papà Giorgio, che al primo impatto in redazione ammicca un Klaus Dibiasi in bianco e nero che ne ricorda i tempi gloriosi del passato, quando non esistevano ancora gli staff. Anche Tania, unica iridata italiana con Dibiasi, è colpita quando vede la gigantografia di una cinese che si tuffa sullo sfondo della Sagrada Familia a Barcellona, dove nel 2013 la bolzanina ha vissuto una felice catarsi dopo l’Olimpiade stregata del 2012. «Forse doveva andare così, ha avuto tutto un senso: se anziché due quarti posti avessi preso il bronzo a Londra, magari poi mi sarei ritirata. Forse dovevo arrivare quarta per vincere il Mondiale, e io ho sempre messo sullo stesso piano il titolo iridato con il podio olimpico. Sì, dopo Barcellona è stata come una discesa, è andato sempre tutto bene, fino a Kazan. Il 2015 è stato il migliore della mia vita».
CARICA Quello che a una come lei, ormai nella leggenda, consente di metterci «una carica, un entusiasmo e una voglia di godermela che, comunque andrà a Rio, sarò estremamente felice e soddisfatta della mia carriera». Qualificata ai Giochi dai 3 metri (e a febbraio a meno di sfracelli, uno dei quattro posti dovrebbe prenderlo nel sincro con Francesca Dallapé), programmate le nozze per settembre con il commercialista Stefano Parolin, chissà dopo come sarà il futuro della più grande tuffatrice europea capace di battere le cinesi. «Magari faccio un altro anno... chissà non ho ancora le idee chiarissime, magari farò l’allenatrice. Vorrei rimanere comunque punto di riferimento per i ragazzi. Fisicamente, questo è uno sport per giovanissime, io a 30 anni voglio solo godermi la mia quinta Olimpiade». Tania non aveva mai raggiunto 353 punti in una gara dicembrina: anche questo segnale indica che «chi inizia bene finisce bene, spero di riuscire ad aumentare questo punteggio e di arrivare ad agosto ancora meglio». È attesa da una stagione ricca, come sempre, di tutto: collegiali, Coppa del Mondo (a Rio...), World Series (ma niente Cina), Europei, gare italiane: «L’importante sarà non stressarsi verso i Giochi». Cosa c’è di meglio che un Capodanno ai Caraibi, anzi a Cuba, in un primo confronto di allenamenti a Varadero, con le rivali più accese come le canadesi Jennifer Abel e Pamela Ware, fisicamente più fresche ma stilisticamente meno belle da giudicare rispetto a Tania? «Non pensavo di arrivare a 30 anni così, la testa fa il resto. Ormai so come gestire la tensione, l’agitazione e l’adrenalina servono purché non si oltrepassi il limite: e poi i tuffi sono sempre un’incognita. Un giorno sei la più forte del mondo, un altro non entri in finale. Non puoi mai sapere come va a finire». Non lo sapeva, Tania, prima dell’ultimo tuffo di Kazan da un metro che le sarebbe valso l’oro mondiale: «Quel rovesciato-carpiato non è stato il mio migliore, ma il più importante della mia carriera. E non lo dimenticherò mai, come quello dei Giochi di Pechino: presi l’unico 10 della finale in un doppio e mezzo rovesciato, anche se arrivai quinta. A Londra feci la gara perfetta ma arrivai quarta per venti centesimi».
LA CHIAVE Come dice Giorgio, poi è sulla tavola, possibilmente sul pre-salto in cui serve convincere i giudici ancora prima dell’entrata, che si decidono le medaglie. E Tania dispone di un’eleganza esteticamente superiore ed antica; e se Tania si guarda indietro, ripensa alle precedenti 4 Olimpiadi, vede una crescita graduale che l’ha portata a questa stupenda longevità, a dare il massimo anche contro avversarie più giovani di 10 anni, le bisonti appunto. Tania aveva 15 anni, quando entrò in un Villaggio, la prima volta: «Era un parco giochi per me, mi guardavo in giro, chiedevo autografi: fu un divertimento puro, e non avevo tante ambizioni da finali». Si piazzò 18a dai 3 metri «ma fui felice lo stesso». Incamerò la giusta esperienza per prendersi la prima finale mondiale l’anno dopo a Fukuoka. Ma nel 2004 le successe persino un imprevisto che oggi le strappa un sorriso, ma ad Atene diventò in un incubo: «La mattina degli obbligatori dai 10 metri, la mia sveglia non suonò, tutti mi cercavano ma io dormivo in camera. Per fortuna mi svegliai in tempo, arrivai alla gara quasi col pigiama...Quei Giochi a 19 anni, con due ottavi posti, mi resero felicissima. Di più non avrei potuto fare». Fu l’ultima volta che una grande si cimentava ai Giochi in entrambe le specialità, piattaforma e trampolino. Un pianto lungo, ed il fatidico 10, rimasero nella testa di Tania dopo Pechino 2008: «Ci arrivavo con le medaglie mondiali e iniziavo ad annusare l’odore della medaglia olimpica, mi dicevo “perché non può succedere?”, arrivai quinta ben sapendo che davanti avevo tuffatrici più forti di me. Fui comunque soddisfatta».
Amarcord L’esatto contrario della doppia beffa londinese: «Sulla carta toccava a me, ma sulla carta non c’è niente di sicuro in un’Olimpiade. Quella doppia delusione fu lunga sino ai Mondiali 2013 di Barcellona, ma lì scoprii di avere tanta forza interiore per continuare fin qui». Fino a Rio, afferrata con la qualificazione al termine di un’altra tripletta europea a giugno sul trampolino tedesco di Rostock, poco prima dei Mondiali. Dove s’è lasciata dietro le due cinesi, superandosi. E le servirà esaltarsi in Brasile, in una piscina all’aperto, con una temperatura che potrebbe scendere a 15 gradi: «Il vento e il freddo li temo, il sole no». E si prepara al sole dei Caraibi dopo il massimo dei voti che si regala nell’anno di grazia 2015. Indimenticabile, ricchissimo. Leggerissimo come i suoi tuffi: Tania si racconta, firma il costume colorato Arena del titolo iridato maturato dopo 8 Mondiali e 6 consecutivi sul podio, e chiosa. «Più si cresce più aumentano le aspettative, Kazan lo ricorderò per sempre, mi emoziona solo pensarci: non ho ancora rivisto tutte le gare». E Rio incalza...