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 2015  dicembre 23 Mercoledì calendario

Ma sugli appalti è stato fatto un pasticcio

È un caso di schizofrenia grave, se non addirittura un attentato alla democrazia economica, quello che riguarda la legislazione in materia di appalti: per rimediare serve una norma urgente nel milleproroghe di oggi. Mentre Parlamento e Governo sono infatti pronti a varare la riforma generale degli appalti che entrerà in vigore il 18 aprile e dovrebbe ridare al settore regole di trasparenza e maggiore efficienza, sotto la regia dell’Anac di Raffaele Cantone, dal primo gennaio 2016 le garanzie di trasparenza del settore si ridurranno drasticamente con il venir meno dell’obbligo di pubblicazione dei bandi di gara sui quotidiani nazionali. Un passaggio grave che tutti gli attori in gioco – governo, parlamento, imprese, la stessa Anac – stanno clamorosamente sottovalutando. Così come è una contraddizione grave sostenere le ragioni della trasparenza finanziaria, in seguito ai casi di questi giorni, eppoi ipotizzare una modifica del TUF che elimina fra gli altri l’obbligo previsto dall’articolo 114 di pubblicazione sui quotidiani nazionali delle informazioni privilegiate, come trimestrali, semestrali, annuali e convocazioni di assemblea.
Si ignora che la pubblicazione sui quotidiani cartacei e digitali – che è a carico di chi ha vinto l’appalto – è uno dei principali serbatoi di alimentazione dei provider – una decina in tutto su scala nazionale – che forniscono le notizie sui bandi di gara a decine di migliaia tra imprese e professionisti. È un meccanismo sostanziale di democrazia economica. È anche la base di un monitoraggio fondamentale del settore – come quello che fa Il Sole 24 Ore – che è democrazia, trasparenza e pulizia per un settore che ne ha gran bisogno. Dal primo gennaio, se il milleproroghe all’esame del governo oggi non ci metterà una pezza, anziché consultare 30 quotidiani, i provider, le imprese, i professionisti, chi vuole fare informazione, dovranno consultare decine di migliaia di siti delle singole stazioni appaltanti con costi maggiorati e accessibilità difficile. L’idea di fondo che anima il governo è che un giorno possa nascere il sito unico pubblico, magari presso l’Anac. È un’idea, sbagliata, da grande fratello pubblico, ma ha una sua legittimità nello sforzo di trasparenza. Quel che non è legittimo è dare per scontata un’operazione che è stata tentata già varie volte nel settore pubblico ed è sempre fallita. E non è legittimo sospendere le attuali garanzie di trasparenza senza che le nuove tecnologie siano partite. Un suicidio per chi dice di voler riformare in meglio il settore che peserà anche sulla riforma.