la Repubblica, 23 dicembre 2015
Ricordare il Rapido 904, non solo per la strage. Era il 23 dicembre 1984
Caro Dottor Augias,
il 23 dicembre 1984 era domenica, una di quelle giornate che prima di Natale si vivono di corsa, prima di rilassarsi con i propri cari. Il Rapido 904 lasciò la stazione di Santa Maria Novella alle 18,35.
Per molti passeggeri il viaggio era iniziato a Napoli. Qualche istante prima che il convoglio lasciasse i marciapiedi, un signore forse sulla cinquantina era sceso dopo aver deposto sulla retina due borsoni. Dentro, si sarebbe scoperto, c’erano 16 chili di esplosivo collegati a un radiocomando. Alle 19,02 il treno entrò nella Grande Galleria dell’Appennino. Sei minuti dopo si sentirono due esplosioni dalla terzultima e quart’ultima carrozza. Il treno si bloccò quasi subito, era letteralmente spezzato a metà. Non esistevano ancora i cellulari. Un viaggiatore ebbe la prontezza di chiamare aiuto dal telefono di emergenza che si trova dentro la galleria. Il treno era fermo a 8 chilometri dall’ingresso sud e a 10 da quello nord. Partirono i soccorsi dal lato bolognese e da quello di Vernio. Il vento che soffiava da nord verso sud per un certo tempo impedì l’accesso ai soccorritori toscani. Le comunicazioni erano difficoltose, la linea aerea interrotta fino a quando Marcello Fiesoli, radioamatore di Vaiano, non riuscì a stabilire un ponte radio. Il medico Saccardi ricorda: «Partii da Montepiano, quando arrivai in stazione salii insieme a un altro collega, a un giovane carabiniere e ai vigili del fuoco sul carrello che ci portò al treno. L’ultimo chilometro lo facemmo a piedi, sembrava di essere in guerra: lamiere, pezzi di corpi sparsi, odore di bruciato».
Nella strage morirono 17 persone, tra cui due bambini, i feriti furono 267. Appare subito chiaro che si trattava di un attentato terroristico. Arrivarono anche le prime rivendicazioni di matrice prevalentemente fascista. Si tentava una deriva autoritaria per rispondere al terrorismo di matrice opposta. Ma in questo s’inseriva la strategia della mafia e della camorra come provarono le indagini di alcuni eccellenti magistrati. Ricordo quella notte non solo pe la ricorrenza ma perché quel collegamento inquietante pesa ancora oggi sulla nostra storia.
Luca Soldi
Ho dovuto tagliare per ragioni di spazio molta parte del racconto che ricostruiva il tragico episodio di trent’anni fa. Non si tratta solo di ricordare nell’anniversario, il signor Soldi ha ragione quando afferma che quell’atto di barbarie pesa ancora per la ragione fondamentale che da quella malattia non siamo mai del tutto guariti. Non è solo questione del treno 904 ma di un intero periodo cominciato con la morte, forse l’assassinio, dell’anarchico Giuseppe Pinelli il 15 dicembre 1969. L’intreccio tra delinquenza organizzata, pezzi deviati dello Stato, criminalità politica ha segnato per troppo tempo la nostra vita pubblica per illudersi di potersene liberare del tutto e in fretta. Quando oggi scopriamo Mafia Capitale (alcuni spensierati hanno parlato di allarmismo eccessivo) vediamo un fenomeno analogo. Con meno sangue per fortuna ma con analoghi intrecci e veleni che impedirono allora, e probabilmente impediranno oggi, di arrivare a conoscere l’intera verità.