Corriere della Sera, 23 dicembre 2015
Camilleri ha scritto le sue memorie
Certi momenti di Andrea Camilleri (Chiarelettere) è un libro che racconta gli incontri che l’autore ha fatto nel corso dell’intera esistenza, con grandi scrittori o con gente del paese dove viveva da ragazzo, o in altre città da adulto, incontri con fascisti e comunisti, attori, editori, amici; e perfino con dei libri, e con quello decisivo soprattutto: La condizione umana di Malvaux. Certi momenti, quindi, è uno di quei libri che in teoria si definiscono minori: ma spesso in libri del genere si nasconde una chiave che fa luce su tutto il resto della produzione. Chiunque si ritenga un grande lettore, chiunque si dichiari appassionato di un singolo autore, sa che può definirsi tale solo perché lo ha rintracciato in opere che all’apparenza si propongono come non centrali.
Questo libro, infatti, è perfetto per comprendere Camilleri. Perché qualsiasi romanzo abbia scritto, storico o giallo o allegro o con il corpo di Montalbano a coprirlo, è sempre un romanzo che ha visibile la sua voce. È come se fosse la sua voce e la sua personalità ad avanzare e a porsi davanti a tutto. Certo, la sua sintassi, i suoi modi, le parole che suonano dai suoi libri e solo in quelli, i suoi «cioè a dire». Tutto questo è la voce di Camilleri. Montalbano se ne ciba, cerca una sua peculiarità e ce l’ha, ma tutto ciò che esprime la sua voce e il suo corpo ha il cordone ombelicale ancora ben attaccato alla voce dell’autore. Non per tutti i grandi personaggi è così: ce ne sono alcuni che si staccano e si prendono una loro autonomia, come i figli che sono sempre figli, ma che se ne sono andati da casa. Montalbano, invece, è rimasto a vivere con i genitori, e da qui arriva la forza della sua ritualità sintattica. In più, i romanzi di Camilleri non sembrano scritti ma trascritti da una narrazione orale, davvero come facevano i grandi narratori popolari che giravano le piazze con le storie. Quindi, se tutto alla fine è voce di Camilleri, quello che manca nel grande mosaico della sua vicenda, sono questi brandelli di vita vera, quelli che sa raccontare quando è in pubblico, quando chiacchiera con la sigaretta fumante. E qui, come in pochi altri libri tra i suoi tantissimi, c’è la sua voce insieme a pezzi della sua vita. C’è la trascrizione visibile del racconto orale biografico, irresistibile. C’è quel movimento che comincia quando parte un aneddoto, che è una sorta di lento scuotimento dal torpore del silenzio e che si pianta nell’ascoltatore (o nel lettore, quando la trascrizione è avvenuta) come un suono familiare: ogni capitolo di questo libro è un racconto di quelli che ti piacerebbe ascoltare a cena, a proposito di qualcuno che conosci, che vorresti conoscere o che non conoscerai mai. Primo Levi, il dimenticato Arthur Adamov, ma anche la federala bresciana segretamente antifascista o il compagno di cella accudente, il maresciallo Campagna e l’architetto Virgilio Marchi. Eppure, per ammissione dell’autore, ne mancano tanti altri, di cui ha già raccontato altrove o non vuole raccontare.
Camilleri dice che sono «delle scintille, dei lampi, dei momenti di maggiore nitidezza». Ma in realtà questo libro è una sorta di grande e commovente risarcimento: alla vita, per quello che gli ha dato. E a ogni singola persona, sia per quello che ogni singola persona gli ha dato sia per quello che non gli ha dato – perché qui ci sono anche gli incontri mancati, e sono da risarcire anche quelli. Però il risarcimento è una sorta di quantità non contabilizzabile come accade con quello che in assicurazione si chiama «il capitale umano». E dimostra che la letteratura si può fare con tutto, con gli incontri avvenuti (quello bellissimo e così triste con Vittorini) e mancati (quello con Tabucchi, di cui qui si parla con totale affetto). Quelli esilaranti come con Gadda e quelli ancora più sorprendentemente divertenti come con Pasolini che sonnecchia sul letto accanto a Laura Betti mentre Camilleri seduto lavora con lei e a un tratto una libreria sopra il letto si spacca e la Betti sanguinante vuole picchiare Pasolini perché sostiene che ha badato a scansarsi solo lui.
Ecco, qual è la chiave: si rintraccia, qui, in ogni breve ritratto, la voce che racconta con la sigaretta tra le labbra e i tratti di qualcuno che abbiamo ritrovato nei suoi libri. Certi momenti sembra svelare la genesi di uno scrittore, la genesi delle sue storie, del modo di raccontarle e di averci a che fare. E lo fa raccontando la genesi della persona che poi è diventato lo scrittore che tutti conosciamo. Quest’uomo, che oggi ha novant’anni, ha attraversato tutta la vita del Paese, ha incontrato tutti i grandi che amiamo e le storie piccole che assomigliano alle nostre. E adesso toccherà a tutti noi raccontare, per chi ha avuto e chi avrà la fortuna di parlarci, di sfiorarlo o anche solo di mancarlo, il nostro incontro con Andrea Camilleri. Un racconto di quelli che ti piacerebbe ascoltare a cena, a proposito di qualcuno che conosci, che vorresti conoscere o che non conoscerai mai.