Corriere della Sera, 23 dicembre 2015
Giovanni Canzio è il nuovo presidente della Corte di Cassazione
Ventitré voti a favore e tre astensioni: ha sfiorato l’unanimità la nomina di Giovanni Canzio a primo presidente della corte di cassazione da parte del Consiglio superiore della magistratura, in una seduta resa solenne dalla partecipazione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il giudice più alto in grado d’Italia, attualmente presidente della corte d’appello di Milano, entrerà in carica con il nuovo anno, quando il suo predecessore Giorgio Santacroce lascerà la toga dopo cinquant’anni di servizio.
Una scelta che dunque non ha diviso il Csm, preceduta però da valutazioni differenti e perfino sospetti sulla presunta ingerenza governativa nella procedura, dopo che il Consiglio dei ministri ha nominato alla Consob uno dei candidati in corsa; con l’effetto di rendere più semplice la nomina di Canzio. Restavano infatti in corsa altri due giudici: uno, Renato Rordorf, è stato eletto presidente aggiunto della stessa Cassazione (vice di Canzio, quindi); l’altro, il segretario generale della corte suprema Franco Ippolito, ha comunicato al Csm di «ritenere superata» la propria domanda dopo aver «serenamente» preso atto che la commissione incarichi direttivi s’era espressa con 5 voti a favore di Canzio e soltanto uno per lui.
All’esame del plenum è così arrivato il solo Canzio, che compirà 71 anni il 1° gennaio e potrà rimanere in carica per un solo anno (nel quale sarà pure componente di diritto del Csm). Ritenuto da tutti – astenuti compresi – meritevole per la «prestigiosa carriera e l’impareggiabile cultura scientifica», oltre che per le «straordinarie doti organizzative». Dimostrate, fra l’altro, quando nel 2009 lasciò la Cassazione per andare a guidare la corte d’appello dell’Aquila all’indomani del terremoto. Qualità riconosciutegli anche per via di sentenze che hanno fatto giurisprudenza in materie complesse, divenute materia di studio nelle università. Lo stesso capo dello Stato, augurando buon lavoro al primo presidente, ha voluto sottolinearne «l’eccellente profilo culturale» e le capacità dirigenziali che hanno contribuito a ridurre i tempi dei processi negli uffici che ha diretto.
Tuttavia i due astenuti Aschettino e Morosini (di Magistratura democratica, la stessa corrente di sinistra dalla quale proviene Canzio e di cui fa parte anche Ippolito) hanno voluto ribadire che la scelta di Canzio risulta «non in sintonia con la ratio delle proroghe concesse ai magistrati settantenni e di non facile lettura sul piano della funzionalità del sistema»; particolari che rischiano di alimentare le critiche al Csm per la «degenerazione dell’associazionismo giudiziario», ha accusato Morosini. Il terzo astenuto, il «laico» Zaccaria indicato dai grillini, è rimasto in silenzio.
«La legge è stata pienamente rispettata, e pur tenendo conto delle argomentazioni critiche penso che oggi sia una bella giornata per la giustizia – ribatte Legnini dopo la conclusione della seduta —. Abbiamo scelto due tra i migliori magistrati d’Italia per posti di grande responsabilità, e non c’è stato alcun condizionamento né interferenza da parte della politica. Quanto alle degenerazioni del correntismo, faccio notare che il dibattito su queste nomine ha riguardato soltanto il merito e il profilo dei candidati, anche perché facevano tutti riferimento alla stessa area. Rivendico la capacità del Csm di aver compiuto una scelta conforme alla legge e legata alla qualità dei magistrati scelti».
Resta la rottura consumatasi all’interno dello schieramento della sinistra giudiziaria (Md fa parte del cartello di Area, di cui gli altri consiglieri hanno votato per Canzio), e bisognerà vedere che effetto avrà sul seguito dei lavori del Csm, chiamato a proseguire sulla strada dell’autoriforma e delle centinaia di incarichi direttivi e semidirettivi da assegnare. Scadenze alle quali ha fatto riferimento Mattarella, augurando buon anno ai consiglieri, «consapevole che non s’è attenuato l’onere dei compiti particolarmente impegnativi» che li attende.