Corriere della Sera, 23 dicembre 2015
«Potevamo salvarci ricapitalizzando». Lo sfogo di Berni, memoria storica di Banca Etruria
Si definisce la «memoria storica di questa azienda» che, secondo lui, «è stata fatta fallire in modo pilotato e premeditato». Alfredo Berni, 70 anni, è stato assunto nel 1971 in Banca Popolare Etruria, ne è stato direttore generale dal 2005 al 2008, consigliere di amministrazione dal 2011 e vicepresidente vicario nei dieci caldissimi mesi prima del commissariamento lo scorso febbraio. Lui e il presidente Rosi hanno fatto la spola con Banca d’Italia.
Poi vi hanno detto game over...
«Non mi faccia ricordare».
In che senso?
«I commissari picchiavano sulla porta, dentro era in corso il consiglio di amministrazione. L’hanno interrotto in modo virulento neanche fosse un consesso di mafiosi».
Questo è colore, la sostanza è che la banca aveva azzerato il patrimonio.
«Certo, ma perché ci hanno fatto portare la copertura delle sofferenze al 66% per farci azzerare il patrimonio e giustificare il commissariamento».
C’era un’altra strada?
«Ricapitalizzare. A Veneto Banca e Popolare Vicenza l’hanno fatto fare, a noi no».
Avete avuto in pancia anche una massa gigantesca di titoli di Stato italiani.
«Sono state operazioni indicate da Bankitalia a tutto il sistema. Poi nel 2013 di colpo ci hanno imposto di ridurre gli investimenti in Btp per il rischio Paese. Ma quella per noi era una fonte di reddito sicura. L’hanno fatto deliberatamente per mettere in ulteriore difficoltà la banca e indirizzarci verso una concentrazione».
E avete trattato con Popolare Vicenza.
«Quello voleva Bankitalia. Gianni Zonin (presidente di Popolare Vicenza ndr) doveva giustificare gli aumenti di capitale con le possibili acquisizioni per non dire che copriva le perdite».
Ma per voi era vitale aggregarvi.
«Ma certo, e lo volevamo, solo chiedevamo alla Vicenza un segnale di maggiore apertura all’ambiente aretino che era in rivolta. Io e il presidente abbiamo fatto l’accordo a casa di Zonin. Il giorno dopo siamo andati tutti in Bankitalia da Carmelo Barbagallo (numero uno della Vigilanza ndr ) dove Zonin ha rinnegato tutto».
Nessuna alternativa?
«La Popolare Emilia. Loro aspettavano solo un placet. Ma noi dovevamo essere indirizzati per forza a Vicenza».
Insomma l’Etruria è crollata per un complotto e non per i miliardi di sofferenze, i crediti clientelari, i conflitti di interesse.
«Certo che eravamo in difficoltà e anche per questi motivi. Ma è un problema comune. L’operazione che ci ha ammazzati, ripeto, è stata alzare al 66% la copertura delle sofferenze, col cambio dei parametri nell’ultima ispezione prima del commissariamento. Qui credo che ci sia stata anche una componente di vendetta perché loro volevano che andassimo con Zonin per coprire i problemi della Vicenza, ignorati fin dal 2001...».
Sensi di colpa per i prestiti subordinati piazzati alla clientela?
«L’ultima emissione è dell’aprile 2013. Li vendevamo alla nostra clientela con l’ok di Consob e il via libera di Bankitalia. Anch’io ci ho rimesso: il direttore non vende mai i titoli».
Quanto?
«Quasi 900 mila euro».
L’ispettore della Vigilanza, Emanuele Gatti, giudicava inadeguato il vertice dell’Etruria.
«È vero, a lungo ci sono stati cda amorfi e acritici».
Poi è arrivato Pier Luigi Boschi, papà del ministro Maria Elena.
«Siamo stati nominati insieme, io nella lista di minoranza, lui in quella “governativa” indicato da Fornasari, l’ex presidente. È un uomo di cooperative. Il figlio è entrato nel 2007-2008 quando i Boschi non li conosceva nessuno».
Giuseppe Fornasari presidente, Luca Bronchi direttore generale: con loro al vertice (fino a metà 2014) si dice che ci siano state scintille con Bankitalia.
«Hanno creato un problema di relazioni: facevano ostruzionismo, Fornasari da vecchio politico Dc forse ha utilizzato qualcuno per avere qualche corridoio in Bankitalia. E non è piaciuto. Era lui che per la Dc faceva le nomine bancarie 25 anni fa».
Ora è nata una Nuova Banca Etruria. I tanti che nelle macerie ci hanno lasciato i risparmi, guardano a voi ex amministratori come primi colpevoli.
«Se qualcuno ha sbagliato deve pagare, vale per tutti. Ma questa banca si poteva salvare, accompagnandola fuori dalla crisi. Invece è stata affossata da un fallimento pilotato e premeditato».