Il Sole 24 Ore, 22 dicembre 2015
La Spagna è diventata un paese in cui le elezioni non decidono chi governa. La decisione è tornata nelle mani dei partiti. Ecco perché
Ci sono Paesi in cui sono i cittadini a decidere nelle urne chi debba governare e ce ne sono altri in cui sono i partiti a fare i governi dopo il voto. Fino a domenica scorsa la Spagna apparteneva al primo gruppo. Adesso non più.
La Costituzione spagnola non è cambiata. Il regime parlamentare è sempre lo stesso. E non è cambiato nemmeno il sistema elettorale. Era e resta un sistema proporzionale corretto. Per oltre trenta anni questo sistema elettorale ha contribuito a strutturare il sistema partitico spagnolo secondo un formato sostanzialmente bipartitico. A partire dal 1982 Socialisti e Popolari hanno raccolto insieme tra l’81% e il 92 % dei seggi. Neanche in Gran Bretagna si è registrata sistematicamente una simile concentrazione di seggi sui due maggiori partiti.
Tutto questo è avvenuto grazie ad un sistema elettorale che li favoriva. I sistemi proporzionali sono molto sensibili alla dimensione delle circoscrizioni, cioè al numero dei seggi assegnati in ciascuna circoscrizione. Se le circoscrizioni sono piccole la stessa formula di conversione dei voti in seggi può produrre effetti diversi rispetto alle circoscrizioni più grandi. In Spagna la dimensione media delle circoscrizioni è di circa sei seggi. In circoscrizioni così piccole anche un sistema proporzionale non aiuta i piccoli partiti a prendere seggi. Soprattutto quelli che hanno un voto disperso su tutto il territorio nazionale. Vanno meglio i partiti con un voto concentrato, così come succede nei sistemi maggioritari. Grazie a questo fattore, Socialisti e Popolari sono sempre stati sovra-rappresentati. Vale a dire, hanno sempre ottenuto più seggi rispetto ai loro voti. Infatti, la loro percentuale di voti è oscillata tra il 65 % del 1989 all’84% del 2008. In altre parole hanno goduto di un premio che, per esempio, nel caso dei Popolari nel 2011 è stato di circa nove punti. È questo premio che ha permesso agli elettori di decidere nelle urne il governo del paese. Mai negli ultimi trenta anni Socialisti e Popolari hanno ottenuto la maggioranza assoluta dei voti. Ma fino ad oggi hanno sempre potuto governare da soli. Grazie al premio.
Adesso la musica è cambiata perché è cambiata l’offerta politica. Come nel resto del Sud Europa la prolungata crisi economica e soprattutto una disoccupazione drammatica hanno penalizzato i partiti storici. Il cambiamento è avvenuto prima a livello di elezioni europee e di elezioni locali e ora è arrivato al livello nazionale. Il successo di Podemos e Ciudadanos ha cambiato radicalmente il quadro politico. Quando Socialisti e Popolari erano capaci di raccogliere oltre il 70% dei voti il sistema elettorale spagnolo produceva effetti maggioritari, ora che la loro percentuale di voti è scesa intorno al 50% questi effetti sono spariti. Podemos e Ciudadanos si sono rivelati partiti tanto forti da neutralizzare il vantaggio che il sistema di voto dava ai partiti storici. Così il proporzionale è diventato un proporzionale, e basta. E la Spagna è diventata un paese in cui le elezioni non decidono chi governa. La decisione è tornata nelle mani dei partiti. È un fatto nuovo a Madrid. Vedremo nelle prossime settimane quali saranno le conseguenze. Le coalizioni di governo possibili non sono molte e sono tutte problematiche perché sono tutte coalizioni in cui partiti vecchi e partiti nuovi si dovranno mescolare in forme inedite. A meno di non immaginare una grande coalizione dei due partiti storici contro gli outsiders. Cosa molto poco probabile.
Eppure, per quanto complicata sia la situazione scaturita dalle elezioni, la Spagna non è l’Italia. È vero che a Madrid il bipartitismo è finito, ma non il bipolarismo. Da noi invece i poli sono tre, non due. Il sistema bipolare spagnolo è più semplice. Da una parte ci sono il Psoe e Podemos che insieme hanno il 42,7 % dei voti, dall’altra i Popolari e Ciudadanos con il 42,6%. Equilibrio perfetto. Ma nessuno dei due ha la maggioranza assoluta dei seggi. Ai primi ne mancano 17, ai secondi ne mancano 13. La governabilità della Spagna è appesa a questi numeri. È un fatto positivo ? Con un sistema elettorale un po’ meno proporzionale oggi a Madrid ci sarebbe un governo senza dover ricorrere a complicate alchimie parlamentari. Meglio ancora se il sistema fosse a doppio turno. Sarebbero gli elettori a scegliere tra i due poli chi mandare al governo. Una scelta trasparente e decisiva. In fondo in Spagna è stato così fino a ieri, quando i partiti erano due. Adesso che sono quattro il sistema non funziona più così bene. Sarà interessante vedere se verrà messo in discussione. Se questo avverrà, forse gli spagnoli potranno imparare qualcosa da noi più che dai francesi.