Il Sole 24 Ore, 22 dicembre 2015
Tutti i problemi che dovrà affrontare il governo liberista di Mauricio Macri
È partito in quarta il nuovo governo liberista di Mauricio Macri. L’economia dell’Argentina langue e le prospettive di breve periodo non sono affatto rosee. Il lascito della lunga stagione politica di Cristina Fernandez de Kirchner non è incoraggiante. Dalla ragione populista alla inefficienza come ragione. Le convinzioni hanno lasciato spazio alle convenienze e la corruzione si è espansa a macchia d’olio.
Sul tavolo della presidenza di Macri un sistema disarticolato: una gamma di sussidi che ha disincentivato il lavoro, un settore agricolo irregimentato da una regolamentazione troppo stringente, le Pmi strozzate da un sistema creditizio clientelare. Sullo sfondo un contesto internazionale poco dinamico e un Brasile (primo partner commerciale dell’Argentina) sfiancato da tre crisi, una politica,una economica e una finanziaria.
I primi passi dell’Esecutivo
Il governo argentino ha annunciato la fine del sistema di controllo dei cambi in vigore dal 2011 e ciò provoca una inevitabile svalutazione del peso. È stato reintrodotto il tasso di cambio libero tra dollaro e peso e questo dovrebbe eliminare o almeno arginare il problema del cambio nero. Negli ultimi mesi il rapporto dollaro/peso è stato fissato a 9,78 sul mercato ufficiale ma sul mercato parallelo valeva 15. Ma ora si teme un rinfocolarsi dell’inflazione.
Sono molti i nodi da sciogliere e quella del governo di Macri è una corsa in salita, non solo per le prevedibili battaglie parlamentari. La maggioranza al Congresso è peronista ed è preoccupante la capillarità con cui i peronisti controllano il territorio. Gli analisti politici ricordano che sono state solo due le stagioni in cui altri partiti politici hanno governato il Paese. Raul Alfonsin, radicale, all’indomani della fine della dittatura (nel 1976) e Fernando de La Rua, (nel 1999). Entrambi i mandati sono stati di breve durata.
Sul fronte squisitamente economico va rilevata l’attuale stagnazione prolungata, una inflazione altissima (vicina al 25% annuo), una politica cambiaria confusa e soprattutto, vista dalla prospettiva imprenditoriale, gravemente disincentivante.
La vicenda tangobond
Una delle promesse elettorali di Mauricio Macri riguarda l’annosa vicenda dei tangobond. Ci sono ancora migliaia di detentori di titoli in default in attesa di un rimborso totale. Sono coloro che non hanno accettato lo swap di Nestor Kirchner e poi della moglie Cristina. La Task force Argentina (Tfa), ha dichiarato al Sole 24Ore di aver «preso atto dell’elezione di Mauricio Macri quale nuovo presidente». Ed è sicura che sin da subito la nuova amministrazione vorrà impegnarsi per risolvere definitivamente la controversia in corso con gli investitori holdout, inclusi gli obbligazionisti italiani. «Questo obiettivo – si legge in una nota della Tfa – è prioritario nell’interesse sia dei creditori internazionali sia della Repubblica argentina in considerazione anche delle rinnovate possibilità di accesso ai mercati finanziari internazionali». Infine la Tfa auspica l’avvio di un pronto dialogo con lo staff del neo-eletto presidente, nella consapevolezza diffusa che la strada delle negoziazioni e degli accordi sia tuttora la soluzione più indicata per risolvere le crisi sovrane.
E infine conferma che il ricorso avviato dagli obbligazioni italiani presso il Tribunale internazionale Icsid è giunto ormai al termine dell’ultima fase di merito: nel mese di giugno 2014 si è tenuta l’udienza finale a Washington; e poi tra ottobre e novembre 2014 sono state depositate le memorie finali e relative repliche.
La Tfa prevede che all’inizio del 2016 si possa concludere positivamente la vicenda.