Libero, 22 dicembre 2015
Musulmani e musulmane crescono nella convinzione che l’uomo abbia il dovere di educare e «onorare» la donna che faccia la difficile a letto: nessun «corso» abborracciato li convincerà del contrario
Difendere la nostra cultura e rispettare la loro: resta l’equilibrio più difficile. Ecco perché mi paiono fuori luogo i «corsi di educazione sessuale» a cui Norvegia e Danimarca vogliono sottoporre gli immigrati di stretta osservanza musulmana, coloro che – statistiche alla mano – hanno tre volte più possibilità di stuprare una donna rispetto ai cittadini occidentali. Non possiamo giudicare e insegnare certi comportamenti solo con il nostro metro: parliamo di gente che ha sempre visto la madre o la fidanzata circolare in burqa, e che magari d’un tratto, in discoteca, si ritrova una ragazza in calzoncini che gli sorride; gente che per tutta la vita ha letto il Corano dove si dice che che la donna va pestata ma non sfigurata, al limite bastonata secondo un metodo che non è inciviltà: è la loro cultura, non possiamo sostituirla d’emblée con un’altra. Noi li crediamo dei bruti, ma c’è una logica: ammettono le scudisciate e i calci alle donne ma non lasciano segni, affinché lei, il giorno dopo, possa camminare piegata ma con la faccia pulita. Musulmani e musulmane crescono nella convinzione che l’uomo abbia il dovere di educare e «onorare» la donna che faccia la difficile a letto: nessun «corso» abborracciato li convincerà del contrario. Riaccompagnarli a scuola rischia solo di offenderli: non bisogna forzarli. Bisogna arrestarli – se sgarrano – e fare pure un discorsetto ai secondini. Perché loro hanno i loro codici, noi il nostro.