la Repubblica, 22 dicembre 2015
Ferisce il compagno della figlia: torna in cella la Primula Rossa della Banda della Magliana
Ha impugnato il coltello a serramanico e ha colpito quattro volte il genero. Solo a quel punto, con la lama grondante sangue, in Fabiola Moretti è riemersa la consapevolezza di non poter evitare gli echi del passato. A 58 anni, come decine di colleghi più o meno illustri, la “Primula rossa” della Banda della Magliana è finita di nuovo in carcere. Domenica sera, dopo essere evasa dai domiciliari, è stata arrestata dai carabinieri per aver tentato di uccidere il fidanzato della figlia a Santa Palomba, desolante periferia a sud di Roma. In cella è finito anche suo figlio Ilary. Ancora una volta la sua vita, trascorsa spacciando all’ombra dei boss Abbruciati e De Pedis, ha presentato il conto. Perché nel girone dei dannati della Magliana gli errori del passato si scontano così, continuando a spargere sangue e droga. Uno dei pochi a uscire dal giro è stato Antonio Mancini, l’ex di Fabiola e padre della ragazza difesa a coltellate. Ha collaborato con la giustizia, poi ha lasciato Roma per Jesi: «Sono rinato con la mia Banda dei Dolenti, i disabili di cui mi occupo. Se gli ex o i membri attuali (per “Accattone” la Magliana in realtà «non è finita», ndr) non riescono a smettere di compiere reati è perché non vogliono. Si può fare solo traumaticamente, trasformando la propria irriducibilità in infamia. Io pur di abbandonare quella pozzanghera di sangue e soldi mi sono fatto infame». Per un “chiacchierone”, però, ecco un esercito di irriducibili. Dal cassiere Enrico Nicoletti alle formichine di strada, le trame degli ex della Magliana si sono intrecciate con quelle di Emanuela Orlandi e Aldo Moro. Poi, usciti di scena i boss, i manovali del crimine hanno continuato con pestaggi, droga e omicidi. Fino a travolgere le vite dei figli, emuli dei genitori.