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 2015  dicembre 22 Martedì calendario

Le balle da bullo di Renzi e il Sommo Pontefice che chiede perdono per colpe non sue

“Voglio chiedervi perdono per gli scandali che ci sono stati in Vaticano”. L’ha detto ieri papa Francesco incontrando per gli auguri di Natale i dipendenti della Santa Sede e i loro famigliari. Siamo così poco abituati alle scuse delle autorità italiane che ci viene spontaneo domandare: perché mai il Sommo Pontefice, capo della Chiesa, dovrebbe scusarsi per colpe non sue, ma di chi ha agito alle sue spalle tradendo la sua fiducia? Proprio perché è un capo e, come tale, sa bene che tutto ciò che accade nella Santa Sede è sua responsabilità, almeno oggettiva, di culpa in eligendo e/o in vigilando. È proprio quello che non capisce, o finge di non capire, la nostra classe dirigente politica, amministrativa e finanziaria, accomunata dal motto scajoliano e paraculo “A mia insaputa”. Come se il non sapere – ammesso e non concesso che sia sostenibile – fosse un’esimente e non un’aggravante. Battaglioni di politici, amministratori, manager, banchieri e imprenditori fanno di tutto per passare da fessi e se ne vantano pure.
Se Matteo Renzi e Maria Elena Boschi, ma anche Ignazio Visco e Giuseppe Vegas, avessero aggiunto due paroline – “chiedo perdono” – ai loro tronfi discorsi sui crac bancari, avrebbero fatto un figurone. O, almeno, avrebbero trovato qualcuno disposto a credergli. Invece hanno preferito l’insaputismo e lo scaricabarile, occupando giornali e tv con scuse puerili, screditando se stessi e le istituzioni che indegnamente occupano. Il governo Renzi-Boschi ha prima trasformato in Spa una banca bollita come Etruria (vicepresieduta e depauperata da papà Boschi e dall’ex presidente indagato Rosi, in affari con papà Renzi), riverginandola e aiutandola a truffare altri risparmiatori; ha confermato la consulenza a Palazzo Chigi al pm Rossi che indaga sulla malagestione della banca e dunque anche di papà Boschi; e ha nascosto fino all’ultimo la polvere sotto i tappeti, per uscirsene col decreto bail-in quando non c’era più tempo per salvare gli obbligazionisti, ma i vecchi amministratori sì.
Chiedere scusa sarebbe il minimo. Ma lorsignori sono come Fonzie, che dopo “ho sb…” si bloccava. Padoan ha dato praticamente dei somari ai risparmiatori truffati e li ha umiliati annunciando “aiuti umanitari”, manco fossero vittime di calamità naturali. La Boschi ha negato il suo conflitto d’interessi, si è beatificata e, non contenta, ha esaltato le virtù civiche e morali di babbino caro come Pinocchio con Geppetto.
Poi ha chiuso in bellezza votandosi la fiducia da sola, gesto di un’eleganza davvero ragguardevole. Tanto perché fosse chiaro che, come ai tempi di B., il conflitto d’interessi non è un fatto in sé, ma un’opinione da mettere ai voti: e chi ha la maggioranza ha ragione anche se ha torto. Sempre per smentire il conflitto d’interessi, Renzi è piombato domenica pomeriggio nella Rai da lui controllata tramite apposite quinte colonne di sua nomina, come se fosse il cortile di casa sua. E si è scelto pure il programma giusto, L’Arena di Massimo Giletti, dove non rischiava di incontrare giornalisti finanziari informati sui fatti in grado di contestare le sue verità di comodo con la fatidica “seconda domanda”. La stessa cosa ha fatto – prima volta nella storia – il governatore di Bankitalia Visco, che s’è autoassolto dinanzi a un Fabio Fazio dichiaratamente imbarazzato per non poter controbattere con le necessarie nozioni tecniche alla sua imbarazzante autoassoluzione sul lungo sonno della vigilanza su Etruria & C..
Già che c’era, Renzi ne ha approfittato per piazzare un’altra balla contro i 5Stelle che nessuno era in grado di verificare, anche perché in studio non c’erano giornalisti parlamentari: “La legge di Stabilità è stata approvata alle 2:58 di stanotte e i 5Stelle non erano in aula perché purtroppo fanno un’opposizione che regge fino a che sono accese le telecamere. Forse è la famosa febbre del sabato sera, si sono ammalati tutti insieme”. Per la cronaca, dal resoconto parlamentare risulta che sabato sera, alle votazioni sulla manovra alla Camera, l’assente più illustre era proprio Renzi (anche lui contagiato dalla febbre del sabato sera?); invece i 5Stelle erano presenti con la maggioranza dei loro deputati (diversamente da FI e Lega, mai citati dall’amico premier), hanno parlato fino a esaurire il tempo a loro disposizione e sono riusciti a far approvare alcuni emendamenti (come i 10 milioni stanziati per i nuovi giubbotti antiproiettile alle forze dell’ordine).
Per cogliere la gravità della balla del bullo basta immaginare la guerra termonucleare che i suoi tirapiedi avrebbero scatenato se al posto dei 5Stelle ci fosse stato lui e viceversa. Avrebbero allestito su due piedi una nuova Leopolda prêt-à-porter per mettere alla berlina qualche altro titolo. Invece niente, silenzio di tomba: il conflitto d’interessi è un’invenzione dei gufi.
Infatti il premier, commentando le elezioni spagnole, è riuscito a dire “benedetto l’Italicum”, perché darà all’Italia “un vincitore chiaro”. Cioè – pensa lui – lui. Quel pirla di Rajoy poteva farsi anche lui una legge elettorale truffa che, col 29% dei voti, gli consentisse di governare da solo col 55% dei seggi in Parlamento: come la legge Acerbo made in Mussolini, il Porcellum made in B. e l’Italicum made in Renzi. Invece peggio per lui: non ci ha pensato e ora deve fare i conti con la democrazia. La prossima volta prenda esempio da noi, che l’abbiamo archiviata da un pezzo.