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 2015  dicembre 22 Martedì calendario

Storia dell’orsa (vera) che ispirò il personaggio di Winnie The Pooh

Lindsay Mattick è la pronipote di Harry Colebourn, un veterinario canadese che si arruolò per combattere in Europa durante la Prima Guerra Mondiale. Ha scritto un libro, pieno di vecchie foto e di disegni, che racconta la vera storia di uno dei personaggi più amati dai bambini di tutto il mondo. Eccola qui.
Colebourn era nato a Winnipeg, un bel posto del Manitoba circondata da fiumi e laghi. Nel 1914 aveva deciso di arruolarsi come avevano già fatto tutti i suoi amici, e si presentò dunque al Canadian Army Veterinary Corps. Amava gli animali e desiderava occuparsi dei cavalli dell’esercito sul fronte occidentale, che in quella guerra erano feriti e soffrivano non meno dei soldati. Per arrivare nel Quebec, da dove sarebbe partita la nave che le avrebbe portate in Gran Bretagna, le reclute dovevano affrontare un lungo percorso di più di 2000 chilometri in treno, un viaggio noioso e sfinente. Ogni tanto il treno si fermava per fare sgranchire a tutti le gambe, e fu proprio durante una sosta a White River, nell’Ontario, che i soldati videro un cucciolo d’orso legato a un palo. Apparteneva a un cacciatore, che lo aveva portato con sé dopo averne forse ucciso la madre. Chissà che fine avrebbe fatto se Harry, che era un gran sentimentale, non avesse deciso di comprarlo. Lo pagò 20 dollari e scrisse sul suo taccuino, che Lindsay Mattick ancora conserva: «24 agosto, comprato un orso, 20 $».
La storia
Quando si presentò dal caporale, era certo che non gli avrebbe permesso di tenere l’orso con sé. Ma il cucciolo si mise sull’attenti in un modo così impeccabile e simpatico che tutti scoppiarono a ridere. L’orso si conquistò così un posto sul treno e, visto che era una femmina, Harry la chiamò Winnie, un nome che ricordava la sua città. Nell’accampamento in Quebec, Winnie divertiva tutti: era sempre affamata, rubava ogni cosa e andava pazza per il miele e i vasetti di latte condensato delle razioni. Dormiva nella tenda con Harry e lo svegliava al mattino presto per giocare. Harry, per mettere al sicuro le sue cose, le nascondeva ogni volta in posti diversi, ma Winnie le scopriva subito.
Quando venne il momento di partire per la Gran Bretagna, Harry pensò che non avrebbe potuto portare Winnie con sé, ma i suoi compagni non ne vollero sapere: ormai era diventata la mascotte del reggimento e non si poteva abbandonarla. Dopo la traversata, si accamparono nella piana di Salisbury, vicino a Stonehenge, e lì fu scattata una delle poche foto di Harry e Winnie insieme. Ma quando fu l’ora di attraversare la Manica e di andare in Francia, dove c’era la guerra, tutti pensarono che sarebbe stato meglio se Winnie restava indietro, in un posto sicuro. Harry prese un giorno di licenza e guidò sull’A303 fino allo zoo di Regent’s Park a Londra, dove lasciò il cucciolo, versando qualche lacrima. Pensava che la guerra sarebbe finita a Natale: in gennaio sarebbe tornato a riprendere Winnie e l’avrebbe portata con sé a Winnipeg. La guerra durò invece altri quattro anni e quando Harry tornò a Londra scoprì che la sua orsetta era diventata la star dello zoo, l’idolo e l’amica di tutti i bambini. La salutò da lontano, e non ebbe cuore di portarla via.
La fiaba
Le storie a volte devono finire perché ne possano cominciare altre. Alcuni anni dopo, uno scrittore, Alan Alexander Milne, accompagnò allo zoo il suo bambino, Christopher Robin. Anche Christopher fu subito conquistato da Winnie. Tornato a casa, cambiò nome al suo orsacchiotto di pezza, che fino ad allora si era chiamato Edward, e lo ribattezzò Winnie. Suo padre aggiunse al nome «the Pooh», per ricordare un cigno che avevano visto quell’estate e che si chiamava così. E poi «poo», in inglese, significa anche «cacca», una parola che fa sempre ridere i bambini. Milne raccontava tutte le sere storie di Winnie the Pooh a Christopher Robin, ambientandole nel Bosco dei cento acri dove vivevano Tigro, Kanga, Ro, l’asinello Ih-Oh, il coniglio Tappo e il maialino Pimpi. Ogni tanto tornavano allo zoo, dove a Christopher Robin era permesso (incredibile, a pensarci oggi) di stare da solo con Winnie e di darle da mangiare miele con un lungo cucchiaio.
Nel 1924 Milne ha pubblicato la sua prima storia di Winnie the Pooh, una di quelle che raccontava a suo figlio, con l’orsetto che incominciava sempre una nuova avventura con la sua esclamazione favorita «Pensa, pensa, pensa». Negli anni successivi, e fino ad oggi, sarebbero state stampate in 70 milioni di copie in 86 paesi e la Walt Disney continua a farne film di successo. Winnie è morta nel 1934, felice com’era vissuta. Quest’anno è stato ritrovato, tra tanti reperti custoditi allo zoo, anche il suo teschio. Era senza denti, come accade sempre a chi non sa mai resistere allo zucchero e al miele.