la Repubblica, 22 dicembre 2015
Quei micro-terremoti nel nord dell’Olanda fanno paura
Un lento, inesorabile cataclisma funesta i polder nel nord dell’Olanda, quelle terre strappate al mare secoli fa e oggi devastate da una sequela ininterrotta di micro-terremoti. A provocare la catastrofe è lo sfruttamento di uno dei maggiori giacimenti di gas naturale del pianeta, nelle viscere della provincia di Groninga. Più gas si estrae, più violente e numerose si producono le scosse. Certo, non è l’Aquila, poiché ancora non si contano né morti né feriti, ma i danni di queste infinite scariche sismiche sono incalcolabili.
Percorrendo la regione in auto, dopo aver attraversato sconfinati campi di cipolle e barbabietole, t’imbatti ovunque in dimore o fienili con pareti puntellate da travi di legno. E dappertutto incroci uomini che stuccano, ridipingono, abbattono o ricostruiscono là dove il suolo continua a tremare con angosciante puntualità ogni volta che dal giacimento viene prelevato del gas. «In alcuni quartieri di cittadine quali Uithuizen o Loppersum sono danneggiate 9 case su 10, perciò sono sempre più numerosi coloro che vorrebbero emigrare, ma il prezzo del mattone è crollato e nessuno riesce a vendere», dice John Lanting, che presiede “Schokkend Groninen”, la più agguerrita delle associazioni locali in lotta per proteggere le vittime del disastro.
Spaventano le cifre che fornisce Lanting. Nei 9 comuni colpiti, dal 1986 a oggi la terra ha tremato almeno 2.000 volte, danneggiando circa 50mila edifici, tra cui 24 tra monumenti storici e splendide chiese di mattoni rossi. «Per consolidarli non basterebbero 2 miliardi di euro», spiega l’attivista. Il principale colpevole di questa sciagura al rallentatore, accusa Schokkend Groninen, è la Nam, compagnia olandese del petrolio, di proprietà di Shell e ExxonMobil, che finché gli è stato possibile ha negato gli effetti collaterali del suo lucrosissimo business. Si calcola infatti che negli ultimi cinquant’anni il gas di Groninga abbia fruttato 270 miliardi di euro. Nel 2013, l’estrazione record di 52 miliardi di metri cubi di gas fu la manna che permise di pareggiare il bilancio dei Paesi Bassi facendo entrare nelle casse dello Stato 15 miliardi di euro. «E lo sa quanto hanno stanziato per consolidare le case lesionate? Soltanto 400 milioni di euro, soldi con cui si vorrebbero ammansire la popolazione regalando pannelli solari. Ma qui si vive nel terrore in attesa di un locale big one», dice ancora Lanting.
Albert Rodenboog, sindaco di Loppersum, racconta che nel 2003 anche la Nam riconobbe un nesso tra l’estrazione e l’attività sismica a Groninga. «Ma il punto di svolta fu nell’agosto 2012, quando si verificò un terremoto di magnitudo 3,6 sulla scala Richter, il più forte mai registrato nella regione, con la popolazione che fu svegliata in piena notte e si riversò per le strade. Da quel momento, i miei concittadini cominciarono a prendere coscienza dei rischi che correvano e a chiedere l’intervento delle autorità centrali. L’anno scorso, quando il ministro dell’economia Henk Kamp è venuto a riferire in comune che prima di prendere una decisione avrebbe chiesto ulteriori indagini geologiche, l’edificio è stato assediato da una trentina di trattori e da una folla inferocita».
La collera degli agricoltori ha ottenuto l’effetto sperato, poiché pochi mesi dopo la Nam ha smesso di spremere gas vicino a Loppersum. Ma s’è spostata qualche decina di chilometri più a sud, dove si sono immediatamente prodotti nuovi terremoti. Ora, gli scienziati si sono accorti che con il passare degli anni intorno a Groninga la terra trema sempre più violentemente, fino a modificare la geografia del luogo. Gli stessi geologi sostengono che se domani dovessero smettere di succhiare gas, il sottosuolo del luogo è così malmesso che comunque si produrrebbero terremoti per altri vent’anni. L’ultimo sisma, il 13 settembre scorso, è stato di magnitudo 3,1, ma l’hanno sentito tutti, anche perché le scosse prodotte dal cedimento del terreno per estrazione di gas sono molto più vicine a noi, ad appena 1 chilometro dalla superficie, rispetto a quelle dell’attività tellurica che nascono anche a 100 chilometri di profondità.
Dice ancora l’attivista Lanting: «Anche se siamo pochi e male organizzati, e combattiamo contro il 95 per cento dei deputati olandesi che intende continuare a sfruttare il giacimento, e contro la Nam che è protetta dai giganti del petrolio, nel 2014 l’Aia ha decretato una progressiva chiusura del giacimento di Groninga». Ma ci vorranno anni, se non decenni prima che ciò avvenga in modo definitivo. Anche perché nei Paesi Bassi 7 milioni di case dipendono da quel gas e perché la Nam ne esporta ancora parecchio. È quindi verosimile che i polder del nord dell’Olanda tremeranno ancora a lungo.