Corriere della Sera, 22 dicembre 2015
Renzi attacca di nuovo la Merkel: «Ciò che è valido per l’Italia deve essere valido anche per la Germania»
Se c’è una morale da trarre dal voto in Spagna, a giudizio di Renzi, questa coinvolge tanto il nostro Paese quanto il sistema di funzionamento della Ue. In chiave interna, la prima riflessione è la difesa del nostro sistema elettorale: «Benedetto l’Italicum, meno male che abbiamo varato nuove norme in grado dire chi ha vinto il giorno stesso del voto». In chiave europea, la lezione, è ancora una volta, dopo l’ultimo Consiglio europeo, una sorta di attacco a Berlino: «Chi sta al fianco delle politiche di rigore», quelle promosse e difese dalla Germania, «ha perso il posto, è successo a Varsavia, ad Atene, ora vediamo cosa succederà a Madrid».
Prima con la sua consueta enews, poi in un’intervista al Financial Times, il premier commenta così il voto spagnolo: «Io non so cosa succederà al mio amico Mariano (Rajoy, ndr), ma so che coloro che sono stati fedeli alleati della politiche di rigore senza crescita hanno perso il posto. Il populismo si sconfigge con un’Europa diversa, dobbiamo stare attenti alle finanze, ma meno alle virgole e ai decimali».
Insomma un’altra critica, dopo quelle dei giorni scorsi, e nemmeno velata, ad Angela Merkel: «Ho stima per lei, abbiamo un’eccellente rapporto personale. Ma dobbiamo essere franchi, l’Europa deve essere al servizio di 28 Paesi, non solo di uno. La gente era solita fare smorfie quando l’Italia parlava ma quell’era è finita c’è un’altra Italia ora che è nella posizione di dire ciò che pensa dell’Europa», dice il premier al giornale britannico. Che a Berlino ha anche da contestare qualcosa sul dossier migranti: «Noi ora prendiamo le impronte digitali, facciamo le foto e controlliamo le iridi. Tra luglio e agosto la Germania ha accolto diversi migranti e non ha preso le impronte digitali perché Merkel disse che la solidarietà veniva prima della burocrazia. Ciò che è valido per l’Italia deve essere valido anche per la Germania».
Insomma il voto in Spagna è spunto per l’ennesima riflessione critica sul funzionamento della Ue. Ma alla fine anche per difendere quanto fatto finora in Italia: «È la Spagna di oggi, ma sembra l’Italia di ieri». E dunque «sia benedetto l’Italicum, perché in questo modo abbiamo cancellato qualsiasi balletto elettorale». Per Renzi in Spagna saranno costretti a ballare, noi non lo saremo in futuro: «Con la nuova legge ci sarà un vincitore e una maggioranza in grado di governare. Stabilità, buon senso, certezze. Punto».
Poi torna la riflessione in chiave esterna: «Come già accaduto in Grecia e in Portogallo i governi che applicano rigide misure di austerity sono destinati a perdere. La ricetta economica europea non aiuta i cittadini e punisce chi la esegue. Sarà interessante capire se l’Europa si renderà conto che così non ci porta da nessuna parte. Questo ho spiegato dettagliatamente all’ultimo Consiglio europeo. Questo dirò nei prossimi mesi».
L’esito delle elezioni in Spagna, con la vittoria di Rajoy ma senza una maggioranza, riaccende anche il dibattito politico interno sull’Italicum, il più esplicito è Pier Luigi Bersani: «Dire che dopo la Spagna va bene l’Italicum significa dare una lettura profondamente sbagliata», dice l’ex segretario del Pd all’ Huffington Post. Il voto spagnolo riflette una crisi europea «della sinistra riformista e l’emergere dei populismi: in una società moderna, la governabilità non può essere una camicia di forza. Se io sono un catalano e mi si dice se dovrò scegliere tra Rajoy e Sánchez io ribalto il tavolo. Le pentole a pressione hanno uno sfogo sennò scoppiano. Non si può blindare in modo ortopedico l’opinione della gente».