La Stampa, 22 dicembre 2015
La prima prova difficile di Felipe VI: dare l’incarico per formare il governo
Come esordio sarà durissimo. Per la prima volta nella sua breve vita da monarca, Felipe VI si troverà a dover assegnare l’incarico al capo del governo. Ma quello che è sempre stato un automatismo, oggi è un rebus che per essere risolto necessita grandi capacità di mediazione. Si tratta di un ruolo, simile a quello del nostro presidente della Repubblica, che il padre, Juan Carlos, ha svolto senza difficoltà. Il ruolo previsto per il monarca dalla Costituzione, arbitro e mediatore, era sempre stato, infatti, poco più che formale, visto che il capo del governo era sempre il leader del partito che aveva vinto le elezioni. Ora con il quadro frammentato uscito dalle urne, le consultazioni di gennaio al palazzo della Zarzuela non saranno soltanto l’occasione di una foto.
Discreto e austero
Se è vero che la Spagna ha cambiato volto negli ultimi mesi, il primo impulso l’hanno dato proprio i Borbone: la clamorosa abdicazione di Juan Carlos nel giugno del 2014 è stato, infatti, il primo inatteso scossone a delle istituzioni fino a quel momento piuttosto solide. A un anno e mezzo dall’insediamento del figlio, il paesaggio è cambiato notevolmente: addio al bipartitismo, città governate da forze nuove e un prevedibile blocco istituzionale, che preoccupa i mercati (ieri ne ha risentito l’Ibex 35, l’indice dei titoli delle grandi imprese spagnole) e sicuramente anche la Casa Reale. Per la tenuta della monarchia, in fondo, è una garanzia il fatto che ad affrontare questo scenario inedito sia un re giovane e amato praticamente da tutti, repubblicani compresi. Felipe è attentissimo alla forma, era discreto già da principe, e adesso non sbaglia un colpo. Negli ultimi anni i Borbone hanno collezionato brutte figure, le fughe di Juan Carlos con l’amante, e scandali, l’infanta Cristina e il marito sono imputati in un processo per corruzione. Ora il nuovo re ha imposto una linea al passo con i tempi: tagli agli sprechi, trasparenza, comunicazione discreta, ma non ingessata.
«Il Trono di Spade»
Con i nuovi partiti non c’è nessuna ostilità. Podemos, pur guidato da dirigenti dichiaratamente repubblicani, non ha mai messo l’abolizione della monarchia nel suo programma, «non è una priorità», è la formula usata per evitare il tema. A livello locale qualche caso ha fatto scalpore, rimozioni di busti reali nelle aule comunali, liti sui nomi delle strade, ma si è trattato di episodi isolati. Pablo Iglesias ha incontrato per la prima volta il re a Bruxelles ad aprile e subito ha rotto l’etichetta, regalando a Felipe, a favore di telecamere, un cofanetto del Trono di Spade, «metafora di un vecchio mondo che crolla e di nuovi leader che emergono» ha spiegato. Il monarca non ha fatto una piega, ringraziando, «non l’ho ancora mai visto». Con Albert Rivera, un tipo più classico, le relazioni sono buone, i due si conoscono, si apprezzano e hanno parlato diverse volte, «sono repubblicano», raccontava il leader di Ciudadanos qualche giorno fa in una pausa sul pullman della campagna elettorale, «ma con Felipe VI la Spagna ha una guida solida». Nessuno mette in discussione l’ordine costituito nemmeno tra i socialisti, che hanno da tempo lasciato al campo puramente idealistico la propria identità repubblicana.
L’incognita catalana
«La discrezionalità che il re avrà durante le consultazioni sarà limitata – spiega il costituzionalista dell’Università autonoma di Barcellona, Francesc De Carreras – per dirla alla latina, eserciterà l’auctoritas, ma non la potestas. Un’influenza più etica che politica. Non sceglierà lui il capo del governo e, come il padre, sarà attentissimo a non valicare i confini dei suoi poteri». Se le esternazioni non fanno parte del repertorio, Felipe è un osservatore attento della politica ed è noto che la sua preoccupazione maggiore di questi tempi derivi dalla sfida secessionista della Catalogna. Così, uno dei temi all’ordine del giorno sarà il referendum sull’indipendenza voluto da Podemos, «il cosiddetto “diritto a decidere” è incostituzionale – prosegue de Carreras – e se ne dovrà tenere conto».