Il Sole 24 Ore, 20 dicembre 2015
Alla ricerca della verità con Tolstoj
«Un buon insegnante deve avere una buona vita e una sola è la caratteristica generale e principale di una buona vita: l’aspirazione al perfezionamento nell’amore». Così scriveva Lev Tolstoj in una lettera al suo biografo, l’attivista ed editore Pavel Birjukov. E una buona vita non può che essere improntata alla ricerca della verità. Ce lo ricorda Roberto Coaloa – collaboratore di questo supplemento, dove ha pubblicato per la prima volta un inedito del grande scrittore russo sul pacifismo: vedi archiviodomenica.ilsole24ore.com – che nel suo Lev Tolstoj. Il coraggio della verità (Edizioni della Sera) ci ricorda che in russo “verità” si dice in due modi: pravda, la verità a cui si giunge attraverso un processo razionale, la verità-giustizia, e istina, la verità che trascende la razionalità e che ha più a che vedere con l’autenticità. Tolstoj «si dibatte fra questi due concetti, anelando alla verità (istina)». Le sue parole estreme furono: «La verità... Io amo tanto... come loro...». Dove “loro” sono «gli umili, i semplici, che conoscono la verità meglio dei dotti, non perché essi siano strumenti ispirati dal divino afflato, ma perché la loro osservazione degli uomini e della natura è meno annebbiata da varie teorie». È a loro che si rivolse l’enorme impegno pedagogico di Tolstoj, cui Coaloa dedica un paragrafo intitolato «Tolstoj tra Rousseau e la Boétie». Nel 1849 aveva iniziato a organizzare delle scuole per i figli dei contadini che vivevano nella sua proprietà di Jasnaja Poljana. All’ingresso della scuola si trovava un cartello con scritto «entra ed esci liberamente». Nel 1862 esce il saggio Chi ha bisogno di imparare a scrivere da chi: i ragazzi contadini da noi, o noi dai ragazzi contadini? e nel 1872 il voluminoso Abbecedario che – con oltre un milione di copie vendute – sarà uno dei maggiori successi di Tolstoj. Nel 1874 Tolstoj sospende la stesura di Anna Karenina per dedicarsi interamente alla pedagogia e alla direzione delle sue scuole, che sono ormai una settantina e dove pure insegna come maestro. Scrive una Grammatica per le scuole rurali e pubblica il saggio L’istruzione pubblica, la cui tesi fondamentale è la seguente: se l’istruzione vuole essere di reale profitto, va fondata su una libertà d’apprendimento che consenta agli allievi di scegliere da sé che cosa studiare e che cosa no; il docente deve adattarsi alle loro scelte. Nel saggio Il regno di Dio è in voi (1893) Tolstoj critica il sistema dell’istruzione obbligatoria perché vi vede uno strumento di controllo più che di elevazione delle masse. Sono scritti che molti critici hanno considerato minori, ma, come scrive Goffredo Fofi nella prefazione, «la grandezza di Tolstoj sta nel suo essere pienamente artista e nel rinnegare al contempo anche questa qualità, nella convinzione di doverla tenere a bada e indirizzarla a fini superiori, stando dentro e fuori dall’arte, vedendo l’arte come parte della religione e parte della “politica”, e cioè dell’intervento nella polis, della traduzione in pratiche di intervento diretto nella realtà: contro il falso e l’ingiusto, si può e deve ricorrere anche al bello». Per questo la scuola non deve essere obbligatoria: se l’istruzione sarà buona e se gli insegnanti sono veri educatori, sorgerà spontanea la necessità dell’istruzione. «I ragazzi non si lasciano ingannare... Noi cerchiamo di dimostrare che siamo intelligenti, ma essi non se ne interessano affatto, e vogliono sapere se siamo onesti, se siamo sinceri, se siamo buoni, se siamo compassionevoli, se abbiamo una coscienza dietro il nostro desiderio di mostrarci solo infallibilmente ragionevoli».