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 2015  dicembre 20 Domenica calendario

Neri Parenti si racconta, da Fantozzi al cinepanettone: «Una battuta per il bambino, una per l’adulto e un culo, perché ci sono anche quelli a cui i culi piacciono»

Neri Parenti, 43 film, 65 anni, un desiderio da bar all’aperto: “Signorina, le dà noia se fumiamo?”, due scomuniche: “Cose lievi, feci finire un Wojtyla sugli sci in un crepaccio e lo feci investire dalle auto della Parigi-Dakar mentre baciava la terra santa in Africa”, un padre magnifico rettore all’Università di Firenze, la stessa moglie da tre decenni, qualche consapevolezza: “Nella vita ci vuole culo”, molte memorie di uomini, despoti e cinepanettoni. Qui Aurelio, imperatore, campagna d’inverno 1995: “A un certo punto, implacabile, arrivò il momento del ‘teaser’. Per De Laurentiis il lancio promozionale era quasi più importante del film. Cercava la trovata e quella volta esagerò. L’idea era quella di far incontrare sulla neve gli antichi romani del successo dell’anno precedente, S.P.Q.R. dei Vanzina, con i Boldi e De Sica protagonisti del mio Vacanze di Natale. Ci fermammo con le riprese tradizionali e girammo lo spot. In coda a un rullo, certo che sarebbe rimasto uno scarto, forse per scherzare sulla famigerata battuta di S.P.Q.R.: ‘A Iside, famme ‘na pompa’, De Sica liberò un: ‘Babbo Natale famme ‘na pompa’. La pellicola arrivò a Roma. De Laurentiis vide il taglio clandestino, gli piacque e si illuminò. Montò la battuta di Christian e senza informare nessuno fece girare un apposito controcampo con una renna e una bella ragazza a culopizzo vestita da Santa Claus. Il teaser andò su tutte le tv d’Italia, all’ora dei cartoni animati per i bambini. Uno scandalo. Ero ad Aspen. Mi telefonò mia moglie: ‘Neri, hai perso la testa? A scuola le madri dei ragazzini erano indignate”. Capii. Telefonai ad Aurelio: “Sei impazzito?”. Lui, serafico, minimizzava: ‘Neri, siamo quasi nel 2000, il linguaggio cambia, non fare il bigotto’”. Su Vacanze ai Caraibi (nel cast De Sica, Ghini, Argentero, Dario Bandiera, Ilaria Spada, produce Wildside, distribuisce Medusa) ennesimo capitolo di una saga natalizia iniziata vent’anni fa, è sintetico: “Il film è uscito mercoledì ed è secondo. Schiantato da Guerre Stellari, ma insomma, si sapeva. Sono stato alla proiezione dei critici: ridevano senza sosta. Poi devono averci ripensato”.
Cosa hanno scritto?
È una merda, però si ride.
La critica non è mai stata dalla sua.
I Cosulich e i Morandini mi massacravano e lo facevano spesso a ragion veduta, ma ho sempre pensato che per certi film l’esercizio della critica fosse un po’ inutile. Ai diretti interessati lo dicevo: “Che ne scrivete a fare? Occupatevi di Fassbinder”.
Come arrivò al cinema romano?
Per caso. Ci fu un concorso Rai indetto da Toscana, Emilia Romagna e Lazio. In palio c’erano tre praticantati giornalistici. Arrivai terzo. Mi toccò Roma.
Alla Rai.
Mi dimenticarono in una stanza e poi mi mandarono a tempo perso sul set di Addio fratello crudele di Patroni Griffi. Avrei dovuto scrivere una specie di diario di bordo. Roba da buttare in un cestino. All’epoca il cinema era in mano alle capre. Ignorantoni purissimi. Sul set c’erano Olivier Tobias e Charlotte Rampling e naturalmente non esisteva un solo delegato di produzione che parlasse inglese. Regnava la confusione e Rampling, incazzatissima, andò a lamentarsi: “Che cazzo vò questa?” disse l’organizzatore e io, timido, avanzai: “La signora Rampling dice che non vuole più stare ore ed ore sulla roulotte”. “Ahò, ma che parli stragnero? Viè qua e nun te move più”.
Tra lei e il cinema c’era suo padre?
Un economista specializzato in Statistica che aveva elaborato il modello econometrico utile all’attuazione del piano Marshall, aveva lavorato all’Unesco, era stato accademico dei Lincei, ma anche inventore del padre dell’Auditel, il servizio opinioni della Rai, Presidente dell’INA Casa, del Credito sportivo e forse dimentico qualcosa. Lo vedevamo talmente poco, che quando nascevano i cuccioli dei nostri cani gli davamo i nomi dei ministri dei paesi in cui si trovava a lavorare in quel momento. Nei confronti del cinema, per così dire, era scettico.
La ostacolò?
Fu laico. Aveva preso per qualche mese un appartamento a Roma. Disse: “Te la devi cavare da solo, ti taglio tutti i fondi, ma qui puoi dormire”.
E lei se la cavò.
Ero un farfallone distantissimo dal figlio modello. Papà mi vide alzarmi più volte alle 3 di notte per raggiungere il set e si impressionò. Ai livelli bassi il mestiere è duro, ma fui presto autonomo. Da aiuto guadagnavo 300.000 lire alla settimana. A 21 anni avrei già potuto comprare una casa.
Dove andava in quelle notti?
A Manziana, in moto. Si girava D’amore si muore di Carunchio. Per il trucco di Silvana Mangano, non più giovanissima, servivano 5 ore.
E suo padre?
Non c’è più. È morto nel ’95.
Del ’95 è il suo primo Vacanze di Natale. Il dolore più grande gliel’ha dato lei?
Ma aveva fatto in tempo a vedere tutto. Il mio primo film, una schifezza, è del ’78. L’idea di John travolto… da un insolito destino, parodia de La febbre del sabato sera, fu di Enrico Lucherini. A Venezia scovò Giuseppe Spezia, un sosia di John Travolta che faceva il cameriere e propose il film a Vasile e a Goffredo Lombardo. Scrissi il trattamento con Franciosa e in breve scoprii che il set era diventato il refugium peccatorum dei raccomandati d’Italia. Dai parenti del produttore, fino a Cicciolina e ad Adriana Russo, allora fidanzata di Pippo Baudo, nel cast c’era di tutto. Il disastro uscì in sala nello stesso giorno della prima di Figli delle stelle, il secondo film di Vanzina. Ci incontrammo fuori dalle rispettive sale, io e Carlo. Non entrava nessuno. A un tratto, 15 giapponesi pagarono per vedere John travolto… “Carlo, tu come te lo spieghi?”. Non se lo spiegava.
I giapponesi sbagliarono sala e presero una sòla?
Forse meno sòla di quanto non pensassimo. In Italia il film non incassò una lira, ma fu venduto in tutto il mondo. Era costato 100 milioni di lire. Goffredo Lombardo godeva: “Sei un mito, lo sai quanto ci ho guadagnato?”.
Le restituì il favore?
Quando Villaggio litigò con Luciano Salce e si mise in testa di scrivere e dirigere la saga di Fantozzi, Lombardo mi chiamò. Temeva l’attendibilità di Paolo e non aveva tutti i torti: “E se poi questo non si presenta?”. Così, con diplomazia lo convinse a convivere con una presenza non ingombrante: “Neri è lì, se hai bisogno ti aiuta”. “Villaggio è entusiasta di te” mi disse Lombardo. “Ti conosce benissimo”. Avevo fatto l’aiuto regista di molti suoi film e andai all’appuntamento pieno di fiducia.
Campanello.
Apre Paolo. “Ah, sei te, pensavo fosse un altro”. “Me ne vado?”. “No, ormai sei venuto, andiamo di là, parliamo”. Dopo due giorni Villaggio si sfilò: “Non voglio saperne più niente, fai tutto te, è troppo faticoso”. Il primo film, per garbo, lo firmammo insieme. Poi mollò il colpo.
Con il perfido Villaggio ha girato quasi 20 film.
Ma la sua perfidia è una leggenda. È intelligente e non essendo banale lo scambiano per cattivo. Paolo è un gaudente, un finto cinico. Quando sono nati i miei figli l’ho visto piangere.
Non è vero.
C’è un video. Giuro. Con Villaggio, Benvenuti e De Bernardi faticarono non poco. Sfruttati i primi straordinari libri di Fantozzi, bisognava inventarsi qualcosa di nuovo. Della sua creatura, Villaggio era geloso: “La sceneggiatura la devo fare io, il personaggio è mio, non vi azzardate a fare da soli”. Leo e Piero a quell’epoca si dividevano tra Villaggio e Leone. La mattina con Paolo, il pomeriggio con Sergio. Villaggio saltò la prima riunione, la seconda e poi tutte le altre. Al quinto giorno Benvenuti e De Bernardi alzarono il telefono: “Paolo, scusaci, non capiamo, ma quando vieni?”.
E Villaggio?
“La mattina sono stanco, non potremmo fare di pomeriggio?”. I due si arrabattano, chiedono al maestro Leone di invertire gli orari e ottengono miracolosamente il pomeriggio per Villaggio. Lui non si ripresenta per l’intera settimana. Stavolta Benvenuti e De Bernardi si incazzano: “Perché ci hai fatto fare tutto ’sto casino?”. E Villaggio: “Perché preferisco non venire di pomeriggio”.
Nel decidere il destino di Fantozzi, lei, Benvenuti e De Bernardi optaste per la morte.
Ero alla Lettera 22, avevo le dita sui tasti. Leo e Piero comunicavano dai divani. “E Fantozzi muore, scrivo?”. “Scrivi, scrivi”. “E metto la parola fine?”. “Metti, metti”. Poi non accadde e si trovò il sistema di addolcire l’assunto.
Definizione di Cinepanettone.
Baggianate, buffonate, farse. Mettiamo la battuta per il bambino, quella per l’adulto e un culo, perché ci sono anche quelli a cui i culi piacciono. Ascoltiamo, cerchiamo di capire cosa succede in giro, cosa dicono sugli autobus, per strada, tra i ragazzi. Sono lavori anomali, De Bernardi li chiamava i film “mettici anche questa, maiale”.
Battute scelte tra i molti natali: “Frocio, frocino, frocetto, frociaccio e frocione, un frociaggio, tutti froci!”. “Ammazza che callo, ahò, ciò du cardaroste ar posto delle palle”. Non si vergogna mai?
Qualche volta sì, altre mi accorgo di aver superato il limite. E non mi accade mai da solo, ma soltanto con la gente. L’altro giorno, a una proiezione privata di Vacanze ai Caraibi, c’era un pubblico non del tutto incline al Cinepanettone. Per un po’ ci sono stati e a un certo punto non ci sono stati più.
Quando?
Quando due personaggi chiusi nel bagagliaio si lasciano andare ai peti, improvvisamente, è stato troppo.
Lei sulle flatulenze aveva già dato in Vacanze sul Nilo.
Lì ero stato costretto da De Laurentiis. Aurelio è un vero maniaco di quella comicità. Si era innamorato del tema fino a farci un film con Tognazzi, Il petomane.
Perché ha lasciato De Laurentiis?
Non l’ho lasciato, ci siamo lasciati. Non avevamo più la stessa idea. Lui si orientava verso un tipo di commediola che non mi convinceva, ma il casus belli fu Colpi di fulmine. Avevamo scritto per De Sica un soggetto molto divertente, ma Aurelio si impuntò su un prete che si innamorava. Faceva schifo e a un certo punto io e De Sica, decisi a non girare, andammo anche dal nostro avvocato, lo stesso di De Laurentiis, in cerca di una scappatoia legale. Fu secco: “Volete ancora avere un tetto sulla testa? Allora vedete di fare il film e di farlo in fretta”.
I rapporti di oggi?
Buoni. Pensi che poco dopo la rottura tornammo insieme per mancanza di alternative: “Io non ho trovato una mia storia, tu non hai trovato il tuo nuovo regista, perché non facciamo un altro giro?”. Aurelio ti rompe i coglioni 100 volte. 90 volte ha torto, ma quando ha ragione, ce l’ha veramente. Se hai forza e carattere per sopportare il peso del resto senza andare ai matti, puoi intrattenere un ottimo rapporto. Non tutti ce la fanno. Mentre preparavo un film, nella stanza accanto vidi un giovane regista che aveva pronta un’opera sulla periferia romana. Aurelio gli girava intorno: “La periferia va bene, ma è meglio se ci metti qualche poltrona Frau”. Tornai dopo due giorni e trovai il ragazzo peggiorato. Si voleva buttare dalla finestra. Non scherzo.
Hanno litigato anche Boldi e De Sica.
Lo pensano tutti, ma non è vero. Con De Laurentiis, io, Boldi e De Sica avevamo lunghi contratti. Quello di Massimo finì prima del nostro e si trattò di ridiscuterlo, ma Medusa gli fece una proposta indecente. Allora Massimo andò da Aurelio con un fagotto di pretese, soprattutto autoriali, perché viveva la sindrome del milanese in esilio e temeva il complotto: “Altrimenti non controllo e poi a Roma Parenti e De Sica mi scrivono tutto il film contro”. Era una follia e Aurelio che forse avrebbe ceduto sui soldi, ma su certe cose è spietato, gli mostrò la porta. I rapporti tra Massimo e Christian si sono compromessi dopo, nel tempo. C’è stato qualche screzio, oggi insanabile.
Ha mai litigato con qualcuno?
Solo con Anna Maria Barbera. Medusa ci battè con un film di Pieraccioni e Aurelio scippò l’attrice ai rivali strapagandola e offrendole un contratto sontuoso. Nel suo episodio, Barbera vinceva un concorso per trascorrere un giorno con Ron Moss, il Ridge di Beautiful e lui perdeva la memoria ritrovandosela come amante. Nella scena deve portarle la colazione e darle una rosa. Barbera dal nulla dice “Stop”. “Come stop, scusa?”. “Si vede che questa faccia da cazzo inespressiva non mi ama, come faccio a essere credibile?”. “E certo che non ti ama – le dico – è un film”. Ron parlava solo inglese, ma qualcosa intuì e si avvicinò minaccioso. “What?”. Presi tempo: “Anna Maria ha un forte mal di testa”. Ricominciamo e lei si ferma di nuovo: “Non vedi che finge?”. Alla terza volta mi rompo il cazzo: “Basta, abbiamo finito. O te ne vai tu o Aurelio cambia regista”. Tre ore e nel cielo si sente un rumore: “Ta-ta-ta-ta”. È De Laurentiis che arrivato a Gstaad in elicottero si chiude in una stanza con l’attrice in cerca di una soluzione. La trova. Lei esce e dice: “Continuo, ma con te non parlo più”. Io esulto: “Mi fai felice”. Non a caso Pieraccioni, liberandosene, aveva festeggiato mandandomi delle rose.
Lei è spiritoso.
Non fai ciò che sei. Non è che chi firma film intelligenti è intelligente e chi fa i film volgari, volgare.
Neri Parenti è affidabile.
Sono bravo. Scrivo, dirigo, sto nei tempi. So come tirare o lasciare briglia all’attore. Se ho molte scene da girare, inizio sempre dalla più difficile.
Ha fatto guadagnare ai suoi produttori centinaia di milioni di euro.
Wikipedia mise in rete la cifra esatta: “Ha guadagnato” c’era scritto. Mi spaventai: “Guarda come domani mi rapiscono i figli”. Corressero: “Ha fatto guadagnare”.
Non la si vede mai in giro.
Sono schivo, non vado alle feste. In fondo, da Fantozzi ai Cinepanettoni, sono stato sempre all’ombra di qualcuno. Una seconda linea rispetto al prodotto.
E soffre?
Sto benissimo.