Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  dicembre 20 Domenica calendario

Franciacorta batte Champagne (nonostante il sistema Italia). Intervista al presidente Vittorio Moretti

«Lo Champagne lo abbiamo battuto, ora dobbiamo affrontare il mondo. Però ci tocca farlo da soli: dai politici tante belle parole, ma fatti zero». È già un programma di “legislatura”, tosto come s’addice a Vittorio Moretti, classe ’41, eletto tre giorni fa a capo del consorzio di tutela della Franciacorta, che è come dire il fenomeno vitivinicolo mondiale dell’ultimo mezzo secolo. Vittorio è uno di quelli che si è fatto da solo. «Quando in Italia poteva ancora accadere. Se avevi buone idee le banche ti davano credito, andavi a parlare col sindaco e sbrigavi tutto sulla buona fede. Ora pare che sei fai impresa sei un nemico. In Italia s’è fatta strada un’idea anti-imprenditoriale come se dare lavoro, rischiare, cercare di sviluppare un territorio sia una colpa o peggio alimenti il sospetto che hai qualcosa da nascondere. Compresi soldi al fisco. Ma se non ci fosse stata gente che ha rischiato, intrapreso, scommesso oggi la Franciacorta non ci sarebbe o non sarebbe quello che è diventata e che dovrà diventare».
Vittorio, scusa, ma non è un po’ azzardato dire che avete battuto lo Champagne?
«No, se vuoi scommettiamo. Se prendi la qualità media della Franciacorta e la confronti con i francesi non c’è paragone. Poi loro hanno le grandi maison, ma hanno anche tanta produzione dozzinale. Però hanno un marchio fortissimo e un sistema Paese che li sostiene. Al contrario di noi che dobbiamo fare tutto da soli. Però se ne sono accorti i francesi che li abbiamo superati: ci guardano con rispetto e anche un po’ d’invidia e chiamano i nostri tecnici a dar loro una mano».
E a voi chi ve la dà una mano?
«Il punto è proprio questo: siamo da soli a lottare contro il mondo. Il mercato interno che è quello che ci ha sostenuto finora è plafonato. Gli italiani hanno pochi soldi in tasca e se vogliamo e dobbiamo crescere dobbiamo andare a vendere all’estero, ma lì servono investimenti che buona parte delle piccole cantine non si possono permettere. Ti do un dato che mi pare emblematico. Il Consorzio Franciacorta ha un bilancio di 5 milioni, dalla Lombardia ci arrivano cento mila euro! Dal governo tanti apprezzamenti, ma soldi e azioni di sostegno zero. Gli unici aiuti li abbiamo dall’Europa: con l’Ocm vino (organizzazione comune di mercato) riusciamo a reperire dei fondi, altrimenti non avremmo la possibilità di far alcun tipo di promozione. Siamo un paradosso: noi siamo in condizione di dover dire grazie Europa e molto meno grazie Italia. Che peraltro non basta: dobbiamo avere delle agenzie di esportazione, fare accordi commerciali. La politica non ci aiuta. Prendi il caso della Russia. Io capisco tutto, ma con le sanzioni ci hanno azzerato un mercato».
Ma come, Vittorio? Il governo non fa che esaltare il made in Italy, non fa che dire che l’agricoltura è il futuro...
«Ah sì: applausi e buone intenzioni tanti, ma fatti pochi. Glielo ho detto al ministro Maurizio Martina (è il responsabile dell’Agricoltura n.d.r.) che è bergamasco e ci conosce bene: noi possiamo crescere e tanto, ma l’Italia bisogna che si dia una mossa. Guarda che Nomisma ha pubblicato il suo report da cui si evince che l’Italia ha venduto vino per 5,4 miliardi nel 2014 e gli spumanti sia in volumi che in valore hanno venduto il 10% in più. Ma sai chi ci ha dato una mano? Mario Draghi con l’Euro debole tant’è che sono gli americani i nostri migliori clienti. La Cina che ha cominciato a comprare tanto vino per noi è ancora complicata perché i costi per andarci sono troppo onerosi per le singole imprese. E lì ci servirebbe il sostegno e invece siamo a mani nude. E poi c’è il problema del mercato interno che dovrebbe essere sostenuto. Anche un miracolo come quello del Prosecco che fa quasi mezzo miliardo di bottiglie si regge su oltre metà del venduto in Italia. Ma bisogna rimettere i soldi in tasca alla gente».
Sì ma c’è stata anche l’Expo: una grande vetrina.
«Per noi l’Expo è stata un toccasana. Maurizio Zanella il mio predecessore ha fatto un capolavoro con lo stand Franciacorta. Ma ora l’Expo è chiusa e... finita la festa gabbato lo santo. Senti più parlare di agricoltura come motore di sviluppo? E invece la terra è il futuro».
Ma col jobs act una mano ve l’hanno data a voi imprenditori...
«Dici? In agricoltura il jobs act non serve a nulla. Ci dovrebbero levare burocrazia e tasse allora vedi come decolleremmo».
Tu dici: la terra è il futuro, ma la Franciacorta è nata perché voi industriali avete deciso di diversificare investendo sul vino. A proposito è ancora così? Non è che sta arrivando la finanza internazionale, che siete sotto attacco speculativo?
«La Franciacorta è nata come dici tu anche se ci sono delle lodevoli eccezioni: Berlucchi ad esempio ha sempre fatto solo vino ed è un’azienda straordinaria. Il punto è che in agricoltura gli investimenti sono di lungo periodo e i risultati li vedi dopo anni. La Franciacorta è un sistema che funziona, però dico che è giunto il momento di pensare a finanziare gli affinamenti, bisogna che le banche ci diano sostegno. Anche loro è bene che comincino a guardare di nuovo all’economia reale se vogliono far crescere il Paese e il loro business in modo sano. In questo senso ci serve la leva finanziaria. Quanto alla speculazione vivaddio qui non si è fatta vedere».
E le prospettive quali sono?
«Una sola: crescere. In Franciacorta facciamo circa 16 milioni di bottiglie, con la terra che abbiamo possiamo arrivare oltre i 30 milioni. E possiamo crescere solo all’estero. Ecco perché ci serve un sostegno all’export. Più in generale il mio programma, come ho scritto nella lettera ai soci che ringrazio della loro fiducia, è quello di far diventare la Franciacorta un luogo unico. È il territorio che deve crescere, che deve dare la sensazione del valore del suo prodotto. Se vai in Champagne lì tutto profuma di vino, racconta il vino, ti fa vivere il vino. Questo deve diventare la Franciacorta. Quando sono arrivato qua con il progetto Bellavista abbiamo fatto il golf, e poi l’Albereta, ho portato Gualtiero Marchesi, ho puntato grazie all’incontro con Mattia Vezzola a fare grandi vini e dopo Bellavista è stata Contadi Castaldi. E come me hanno fatto buona parte di quelli che hanno investito in Franciacorta. Dobbiamo insistere su questa strada. Credo che mi abbiano scelto come presidente proprio per dare forza a questo progetto e perché io sono un uomo di mediazione. Per fare questo sviluppo totale servono molte alleanze».
E anche più attenzione da parte del Governo?
«Sicuro. Dovrebbero, loro sì, imparare dallo Champagne».