Corriere della Sera, 21 dicembre 2015
«Non sono un parafulmine». Cantone risponde
«L’Autorità nazionale anticorruzione non si occupa né si occuperà di banche, così come non farà valutazioni su vicende delle quale si sta occupando l’autorità giudiziaria. Del resto io non ho gli elementi per dare giudizi né sono un “tuttologo”, sebbene qualcuno voglia farmi passare per tale», assicura Raffele Cantone, chiamato ancora una volta dal presidente del Consiglio a risolvere una «grana». Come per l’Expo, come per gli appalti del Giubileo dopo lo scandalo di Mafia Capitale.
Che cosa farà allora il suo ufficio, presidente Cantone?
«Metteremo a disposizione la Camera arbitrale che già esiste all’interno della nostra struttura, ed è formata da personalità di assoluto valore; presieduta dal professor Auletta, che è un esperto della materia e s’è già occupato di arbitrati bancari. Il nostro compito sarà garantire la correttezza e la terzietà degli arbitrati. Rispetto alle rivendicazioni dei privati, cioè i risparmiatori, e alla parte pubblica chiamata a pagare i risarcimenti, cioè lo Stato, ci dev’essere un terzo che decide; l’arbitro, appunto, che sarà scelto dalla nostra struttura in base a criteri che in parte bisognerà scrivere nella legge che ci affida tale compito. Ad esempio quando scattano i presupposti, e la regolarità delle procedure».
Ma il premier Renzi ha chiamato lei, non la Banca d’Italia né la Consob. Non è un atto di sfiducia nei loro confronti?
«Questo non spetta a me dirlo. Quando sono stato chiamato io ho risposto che all’interno dell’Anac c’era già una struttura che poteva svolgere il ruolo riassunto prima; non fosse stato così non avrei dato la mia disponibilità. Se per ragioni di opportunità altri hanno ritenuto di non rivolgersi alla Banca centrale o chi vigila sulla Borsa, che alternativa c’era? Creare un altro ente ad hoc? Ho detto che potevamo farlo noi, con piccoli aggiustamenti necessari che potranno essere contenuti nella legge».
La visita del governatore della Banca d’Italia al Quirinale ha dato la sensazione che volesse difendere il proprio ruolo, e magari mettere in guardia dalle invasioni di campo.
«Il governatore ha spiegato che l’incontro col capo dello Stato era fissato da tempo, e non ho ragioni per non credergli. Tra l’altro io ho con lui un ottimo rapporto personale, e tra Anac e Banca centrale c’è una proficua collaborazione istituzionale. Venerdì mattina ho telefonato a Visco e al segretario generale della presidenza della Repubblica, per rassicurare tutti che la struttura che dirigo non ha alcuna intenzione di interferire con i poteri di vigilanza, né di sovrapporsi a competenze altrui».
Però il risultato, anche sul piano mediatico, è che lei è stato chiamato a giocare pure questa partita; sugli arbitrati ci sarà il timbro dell’Anticorruzione.
«Solo ed esclusivamente per garantire la correttezza degli arbitrati, nei quali è chiamato in causa lo Stato, non le banche. Non ci occuperemo della crisi del sistema bancario, bensì di situazioni specifiche».
Le banche potrebbero rispondere di quanto lo Stato dovesse pagare all’esito degli arbitrati? E per stabilire se un risparmiatore dev’essere risarcito non si dovrà verificare se la banca ha rispettato le regole?
«Forse sì, sebbene anche questi aspetti andranno chiariti dalla legge. Tuttavia l’arbitrato è uno strumento che si attiva su richiesta degli interessati, e non pregiudica altri interventi. In primo luogo quello della magistratura, che andrà avanti per la sua strada, a prescindere da ciò che deciderà l’arbitro “terzo” che noi contribuiremo a scegliere. Questo accade già con gli appalti: ogni realtà che passa dal nostro ufficio può essere oggetto di indagine da parte dell’autorità giudiziaria».
Per scegliere gli arbitri, vi rivolgerete anche a Bankitalia e Consob?
«Lo verificheremo, non è escluso che si possano realizzare sinergie utili. Si potrebbe accedere agli albi di quegli uffici, per non ricorrere a una sorta di reclutamento straordinario. Noi attualmente disponiamo di albi solo per gli appalti, la legge dovrà precisare anche questo».
Che cosa pensa del fatto che il procuratore di Arezzo Roberto Rossi sia inquirente e al tempo stesso consulente del governo?
«Per come conosco il procuratore Rossi, continuo a considerarlo un magistrato competente e integerrimo. L’incarico che ha ricoperto non è una consulenza per il governo, ma un contributo di studio su alcuni singoli provvedimenti legislativi richiesto a molti altri colleghi. Io non credo che si trovi in una situazione da conflitto d’interessi, ma le mie conoscenze sono limitate a ciò che ho letto sui giornali. Il Consiglio superiore della magistratura, che l’ha più volte autorizzato a svolgere anche questa funzione, ha avviato accertamenti e trarrà le sue conclusioni».
Insomma, neanche stavolta Cantone si sente un parafulmine usato dal governo nei momenti di difficoltà?
«Né un parafulmine né una foglia di fico. Se ci sono problemi da risolvere ed esistono già gli strumenti a disposizione, mi pare giusto utilizzarli. Senza snaturare la funzione dell’Anac né allargarne il campo d’azione. Peraltro ribadisco che la nostra Camera arbitrale è di altissimo livello, e per gli appalti è perfino sottoutilizzata. Sull’Expo abbiamo svolto un’attività di controllo garantendo che i lavori potessero proseguire, su realtà diverse da quelle in cui si trovano oggi le banche. Per il resto abbiamo continuato a lavorare, senza sconfinamenti, sulla corruzione».
Un fenomeno che non accenna a diminuire; l’ultima indagine ha dimostrato che a Roma i lavori sulle strade si facevano male per garantire i soldi necessari a pagare le tangenti. È preoccupato?
«No, perché finché ci sono inchieste che fanno venire alla luce la corruzione significa che gli anticorpi funzionano. La corruzione è un fenomeno sistemico se non strutturale, e la prevenzione non può prescindere dalla repressione. Sarebbe molto più preoccupante se non ci fossero indagini, e non producessero risultati».