Libero, 21 dicembre 2015
Flavio Lanese, l’uomo che si è inventato le costruzioni Lego per i grandi. Sono dei mattoncini in legno che si impilano fino a diventare muri (e si smontano altrettanto facilmente). Si chiamano SpeedyBrick
Per voi che siete dei piccoli genietti del bricolage – ma anche per voi che siete totalmente impediti e schiavi di vostra moglie che ogni fine settimana vi trascina con il ricatto al «Fai da te» dei grandi magazzini – ecco qualcosa che vi cambierà la vita. E la casa. Mattoni stile Lego che vi permettono di costruire pareti e muri senza operai tra i piedi, senza cemento e senza colla. Sì, avete capito bene: farete tutto voi in pochi attimi. È lo «SpeedyBrick» – prodotto che ci fa anche tornare un po’ bambini perché unisce la fantasia del Lego e i principi del Meccano – inventato e brevettato da Flavio Lanese, 56 anni, ingegnere di Aosta. Il re del bricolage. Che ed è pronto a trasformare le abitazioni e le abitudini degli italiani. Flavio Lanese, ma i mattoncini lì per terra sono i suoi prototipi? Sono davvero uguali ai pezzi del Lego.
«Certo. Semplicemente più grandi: 10X20 cm di base per 10 cm di altezza».
E le pareti di quello sgabuzzino sono costruite da lei?
«Un paio di ore di lavoro».
Possibile appoggiarsi?
«Faccia pure tutto quello che vuole, sono resistenti quanto un muro normale. Anzi di più: se prende un piccone e prova a romperle non ci riesce. Ma sarebbe stupido a farlo».
In che senso?
«Che uno dei grandi vantaggi dello “SpeedyBrick” è che è riutilizzabile: si smonta il muro e con gli stessi mattoni se ne costruisce un altro».
Geniale. Ma lo spunto viene davvero dal Lego?
«Da piccolo passavo le ore a giocare con i mattoncini colorati. Inevitabile…».
Raccontiamo di lei bambino.
«Nasco ad Aosta il 16 giugno 1959 e divento subito cintura nera di bricolage: costruisco qualsiasi cosa, dalle cerbottane a più corpi alle armi con gli elastici. Con il Lego invece allestisco la casetta per scoiattolo con una serie di labirinti per farlo giocare. Poi passo al Meccano. E per la maturità preparo una serie di esperimenti pratici per sostenere l’esame di Fisica».
Poi?
«Ingegneria al Politecnico di Torino, mi laureo in Meccanica. E costruisco una custodia subacquea per la cinepresa Super8 che fisso davanti e dietro su una canoa: così realizzo un documentario sulla discesa nella Dora. E lo vendo alla Rai».
Già, perché lei ha la passione delle telecamere: su quella mensola ce ne sono di ogni epoca.
«Il mio hobby. Da ragazzo riprendo tutto: feste, gite, scherzi. E con gli amici realizziamo una serie di candid camera per spiare le reazioni della gente».
Le rivede mai? Perché ride?
«Ogni tanto organizzo serate nei locali in cui proiettiamo il nostro passato goliardico: vengono centinaia di persone».
Altre invenzioni?
«Sempre con la telecamera, quando non esistevano le web cam, utilizzando sistemi di videosorveglianza adattati artigianalmente, realizzo uno dei primi siti in cui vedere in tempo reale la situazione delle piste da sci. Avvenieristico».
Mai pensato di farne una professione?
«L’ho fatto. Prima di dedicarmi al progetto dei mattoni a tempo pieno gestivo una società di produzione audiovisiva e multimediale: servizi per Rai 3 Regione, documentari, spot».
Già, poi l’idea dello «SpeedyBrick». Quando l’intuizione?
«Vacanza a New York nel 1988. Sono in hotel in un grattacielo e guardo fuori dalla finestra: l’edificio accanto è in fase di demolizione. Mi aspetto un’esplosione a breve e invece nulla: gli operai smontano pazientemente pezzi di acciaio. In quel preciso momento mi viene l’illuminazione, si accende una lampadina».
E pensa al Lego.
«Sì, mattoni in vari materiali facili da montare e riutilizzabili. Ma…».
Cosa?
«Mi sembra una cosa fin troppo banale: “Qualcuno ci avrà già provato”, mi dico. E inizio una ricerca a tappeto su intenet: possibile che nessuno, in qualche Paese, abbia depositato un brevetto simile?».
Nessuno. E allora parte il progetto «SpeedyBrick». A proposito, perché questo nome?
«La prima idea è “BrickOne”, ma sa di biscotto. Allora vado sul semplice: “SpeedyBrick”, mattone veloce».
Parliamone più nei dettagli.
«I primi prototipi grezzi li realizzo nel 2005 in legno di abete lamellare lavorato con macchine utensili a controllo numerico e Poliammide utilizzando una stampante 3D industriale».
In futuro quali materiali potranno essere utilizzati?
«Tantissimi. Dal legno lamellare alla farina di legno impermeabile, dalla plastica al plexiglas fino ai compositi compresi quelli riciclati».
Come si montano i mattoni?
«Con un sistema a incastro, esattamente come il Lego. I blocchi vengono assemblati in modo rapido e preciso: avvitando tondini di acciaio filettati e imbullonati poi li si fissa tra loro e si forma così un’armatura metallica che garantisce la resistenza delle costruzioni alle sollecitazioni di trazione, compressione e pressoflessione. Inoltre i mattoni SpeedyBrick sono già predisposti internamente per l’installazione di reti tecnologiche come impianti elettrici, reti telematiche, impianti idraulici».
Difficoltà per costruire un muro da 1 a 10? Perché quella smorfia?
«Sicuramente più facile che montare un qualsiasi mobile Ikea. Le costruzioni realizzate con SpeedyBrick non richiedono manodopera specializzata e sono a prova di impedito: possono essere gestite da chiunque. Anche da donne, nel senso che non è richiesta particolare forza fisica e l’assemblaggio non prevede utilizzo di malta o colla e non produce polvere o calcinacci. E poi, una volta finito, i blocchi non necessitano di ulteriori rivestimenti o trattamenti».
E posso essere smontati se si cambia idea.
«Certo, uno degli aspetti più importanti è la reversibilità delle realizzazioni: velocemente e senza sporcare, i muri possono essere smontati e le sue parti possono essere riutilizzate».
Curiosità. Ma come si fissa il muro al pavimento e al soffitto?
«Se parliamo di una tramezza interna, alla base basta mettere un nastro biadesivo per evitare il rischio che si muova. Per raccordare la nuova parete a pareti e soffitti pre-esistenti invece è previsto un sistema basato su elementi a compressione».
Lanese, “SpeedyBrick” ha già superato l’esame dell’ufficio brevetti?
«Sì, dopo tre anni di lettere e spiegazioni a giugno ho ottenuto l’ok dall’Ufficio Brevetti Europeo di Monaco di Baviera: tutte le rivendicazioni (claims) della richiesta sono state giudicate innovative, inventive e industrializzabili, cioè sono in regola con le tre caratteristiche cui deve soddisfare una invenzione per poter essere brevettata».
Dove ha depositato il brevetto?
«Nei Paesi più industrializzati : Stati Uniti, Giappone, Canada, Cina, Israele, Brasile, Australia, Europa (Paesi contraenti la Convenzione del Brevetto Europeo) e Russia».
E ora?
«Il destino di questa invenzione è ancora tutto da scrivere: sto ricevendo richieste da aziende e potenziali partner. Le strade sono due: o cedere totalmente il brevetto oppure occuparmi io della produzione e della vendita».
Quanto costeranno i blocchi SpeedyBrick?
«Difficile dirlo ora, penso una via di mezzo tra il cartongesso e un muro normale. Un metro quadro di mattoni si potrebbe pagare tra i 40 e i 60 euro. Io immagino delle confezioni da vendere al supermercato, come quelle delle bottiglie di plastica. Comode da trasportare e non ingombranti».
Cosa si può costruire, oltre a semplici pareti interne, con SpeedyBrick? Facciamo qualche esempio.
«Mobili a ponte, letti a castello per bambini, armadi, ma anche box auto in cortile, cabine per piccoli stabilimenti balneari o anche piscine in giardino. Con plastiche più raffinate si possono arredare uffici o abitazioni, mentre con laterizi o pietra possono essere prodotti blocchi destinati a costruzioni più massicce».
Niente muri portanti?
«E perché no? Ho già realizzato prototipi in legno lamellare con i quali è possibile costruire chalet di montagna».
Lanese, ultime domande veloci. 1) Musica preferita?
«Beatles».
2) Film preferito?
«C’era una volta in America».
3) Paura della morte?
«Sì, mi infastidisce».
4) Quanto le è costato finora progettare SpeedyBrick?
«Novantamila euro».
Scusi?
«Trentamila per le traduzioni e la negoziazione tecnica con l’ufficio di Monaco, cinquantamila per il deposito nei vari Paesi e dieci mila di materiali».
Urca. Ultimissima: prossima invenzione?
«Ho un progetto avviato ancora sull’edilizia. Ma il mio grande sogno è uno strumento elettromeccanico che, toccandolo, permetta ai non vedenti di capire cosa hanno davanti a loro. Però non mi faccia altre domande, per ora non posso svelare niente di più».