la Repubblica, 21 dicembre 2015
I segreti di Abbey Road, la via della musica
Entrare a Abbey Road, per un appassionato di musica, è come entrare a San Pietro per un cattolico. Il palazzo bianco degli studi che prendono il nome dalla strada di Londra è una cattedrale della musica. Qui i Beatles hanno creato i loro capolavori, i Pink Floyd hanno dato forma ai nostri sogni. È il regno del suono. Essere accolti da Giles Martin, figlio di George Martin il “quinto Beatle”, non è poco. Il giovane Martin ha raccolto l’eredità del padre ed è il responsabile del “suono Beatles” degli ultimi anni, delle rimasterizzazioni, delle riedizioni (compresa l’ultima di 1), delle produzioni basate sulla loro musica, come Love del Cirque Du Soleil.
«È un compito bello, difficile e appassionante», sottolinea, conscio della responsabilità. Martin, 46 anni, musicista, produttore, compositore, è uno dei “signori del suono” dei nostri giorni. Negli studi Air prima e a Abbey Road oggi, lavora perché il pubblico dell’era digitale possa ascoltare musica nella maniera giusta, migliore. Per questo nel suo curriculum oltre alle qualifiche note ce n’è una nuova, originale, quella di “sound experience leader” alla Sonos, azienda californiana che produce altoparlanti, “speaker” come si usa dire, i device dai quali principalmente ascoltiamo musica collegati con smartphone, tablet, ipod o pc. «Stavo lavorando al disco di Mc-Cartney in studio a New York quando il suo manager, lo stesso degli Arcade Fire, mi ha proposto di incontrare i ragazzi di Sonos», ci racconta, in una delle stanze di Abbey Road; «ci siamo incontrati e mi hanno detto che avevano gli uffici pieni di ingegneri acustici ma nessuno che venisse dal mondo della musica. E volevano badare meno ai numeri tecnici e più al suono. Così sono diventato il loro “sound experience leader”».
A Abbey Road si vive in bilico tra passato e futuro. Da una parte c’è il leggendario Studio Two, dove Martin ci fa sentire il suono del “pianoforte dei Beatles”, quello dell’attacco di Lady Madonna per intenderci, dall’altra ci sono le sale in cui regna la tecnologia digitale, dove è stata realizzata la colonna sonora di Star Wars: Il risveglio della Forza. «Quello che tiene insieme storia e futuro è la voglia di produrre il miglior suono possibile» dice Martin, «e l’unione di musica e suono crea un’esperienza fantastica. È stato sempre l’obiettivo di mio padre, la registrazione perfetta di un evento live in cui non ci fosse più barriera tra chi ascolta e gli artisti. L’intento era quello della chiarezza, è così anche oggi. Con la tecnologia si possono fare cose magnifiche e quando riesci ad avere il suono giusto in una stanza, quando le onde sonore muovono l’aria, l’esperienza è più ricca e completa».
Così Martin nel suo nuovo ruolo ha collaborato alla realizzazione dei nuovi speaker di Sonos, i Play:5, «un progetto al quale tengo molto, ho collaborato con musicisti e ingegneri del suono per raggiungere una qualità alta. Serve grande tecnologia ma non dev’essere un filtro per l’ascolto. Senza tecnologia non avrei potuto lavorare così bene per la riedizione di 1 dei Beatles, pochi mesi fa, ma ascoltando il disco sembra che ci siano i Beatles in studio».
Nello Studio Two ci sono le macchine d’epoca con cui registravano i Fab Four ma pure i segni del lavoro di James Bay con l’orchestra della Bbc pochi giorni fa, o quelli del maestro Ennio Morricone con Quentin Tarantino per la colonna sonora di The Hateful Eight. E quelli del giovane Martin con i Beatles, per ricreare il suono giusto per il remix di 1: «Ho preso i dischi, sono andato nello Studio Two con un grande amplificatore e ho messo tutto al massimo, come se la band fosse lì. Ho registrato la rifrazione dei muri usando i microfoni originali per avere i riverberi e l’eco in grado di creare l’illusione di essere nella stanza con loro».
Quella che viviamo è una straordinaria fase di trasformazione della musica, la fine dei “dischi”, l’avvento dello streaming, la diffusione di auricolari e altoparlanti di nuova generazione, il ritorno del vinile: tutto congiura per una nuova attenzione al suono dopo anni di “usa e getta” in cui la qualità sembrava diventata irrilevante, scatenando le proteste di artisti come Dylan o Neil Young. «Il vecchio mondo dell’alta fedeltà è scomparso e ne sta nascendo uno nuovo», osserva Martin, «si cerca la migliore combinazione tra hardware e software per sfruttare le possibilità del digitale, con speaker “intelligenti” che possono adattarsi all’ambiente, diffondere musica in un intero appartamento. È l’inizio di una stagione nuova». Alla quale corrisponderà nuova musica? «Se si pensa a ciò che è avvenuto qui a Abbey Road negli anni Sessanta, quando a ogni cambiamento tecnologico corrispondeva un avanzamento creativo, si può essere ottimisti. Le giovani generazioni hanno accesso a una quantità di musica che nessuna delle precedenti ha avuto. Ora chiedono di poter “ascoltare” in un modo migliore».