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 2015  dicembre 21 Lunedì calendario

Il Pd e la passione per i soldi: «Dal merchant bank che parla italiano di D’Alema all’abbiamo una banca di Fassino, all’avevano una banca di Renzi e Boschi». Intervista a Luigi Di Maio, il volto dei Cinque Stelle

Vicepresidente della Camera a 26 anni, mai accaduto prima: ha battuto pure Andreotti…
«Sì, ma io non farò come lui, 65 anni in Parlamento. Il regolamento di M5s è chiaro: due mandati e a casa, anche se avrò solo 36 anni».
Che idea aveva del Parlamento prima di entrarci?
«Che fosse un posto dove tutti si sentono al di sopra della legge. Ed è quello che penso anche oggi. Basta pensare ai regolamenti parlamentari: sono chiari ma dal primo giorno in cui sono diventato vicepresidente mi hanno detto che quel che conta più di tutto è la prassi perché non c’è nulla che non sia già accaduto in Aula».
Questo bellissimo ufficio con affaccio su Piazza Montecitorio non le dà una certa ebbrezza di potere?
«La regola dei due mandati e il taglio dello stipendio sono due limiti che aiutano a restare con i piedi per terra. Ti fanno sentire che non sei eterno e ti costringono a fare delle scelte ogni mese su come spendere i tuoi soldi, proprio come fa la gente fuori dal Palazzo».
Che senso ha avuto proporre una mozione di sfiducia contro la Boschi pur sapendo che non sarebbe stata sfiduciata?
«Bisognava far emergere l’ipocrisia del Pd, in conflitto d’interesse con i suoi elettori, e del ministro, in conflitto d’interessi con la sua famiglia. La mozione di sfiducia è stato un atto politico prima che pratico o giuridico, per sottolineare che il governo sta prendendo in giro gli italiani».
Beh, ma il concorso esterno in associazione bancaria non è ancora reato…
«Il fatto che il ministro si sia assentato mentre il governo votava il decreto salva-banchieri prova che lei e tutto il governo sono consapevoli del conflitto d’interessi. La Boschi deve dimettersi, è un fatto d’opportunità politica e correttezza: suo padre e suo fratello avevano delle responsabilità nel crac di Banca Etruria, che ha azzerato i risparmi di 12mila investitori raggirati dalla banca».
Ma il ministro non è tecnicamente in conflitto d’interessi…
«La realtà politica e fattuale è diversa da quella giuridica. In qualsiasi Paese con politici civili, un ministro nelle condizioni della Boschi si sarebbe dimesso spontaneamente».
Crede che sia l’inizio del tramonto dell’astro Boschi dal firmamento della politica?
«Questo non mi interessa, anche se è vero che prima dello scandalo si parlava di lei come possibile futuro premier e adesso la cosa è impensabile ed è altrettanto vero che superare una mozione di sfiducia può rafforzare nel breve periodo ma alla lunga ti segna. La questione delle banche ha segnato molto anche il premier».
Davvero è convinto che la pagherà?
«Ne sta già pagando le conseguenze. Il governo è intervenuto su Etruria pesantemente: prima, quando la banca era quasi fallita, agevolando l’impennata delle azioni con il decreto sulle popolari, quindi facendone pagare il salvataggio agli altri istituti, che si rifaranno inevitabilmente su tutti i risparmiatori, infine col decreto che impedisce ai correntisti truffati di rivalersi sugli amministratori. Sono comportamenti che azzerano la fiducia dei cittadini e dimostrano che il premier usa due pesi e due misure con gli scandali finanziari, piegandoli ai suoi interessi politici».
In che modo?
«A Roma non voleva Marino e lo ha costretto alle dimissioni per una vicenda di note spese che è nulla rispetto alla vicenda non chiarita delle spese pazze a Firenze, che copre e su cui ha imposto di fatto un silenzio stampa. Al governo ha fatto dimettere Lupi, giustamente, per un orologio al figlio e sorvola sui 150mila euro di multa imposti dalla Consob al padre del suo ministro preferito. Quando gli scandali giudiziari gli servono a liberare poltrone, scarica chi è coinvolto, quando lo mettono in difficoltà, lo difende».
Perché il Pd ha la passione delle banche?
«La commistione di interessi tra banche e Pd è ben nota, dalla merchant bank che parla italiano di D’Alema, all’abbiamo una banca di Fassino all’avevano una banca di Renzi e Boschi. Ma non è che al Pd piacciano le banche, gli piacciono i soldi. Hanno perso tessere e la base sul territorio non esiste più, quindi hanno bisogno di finanziarsi e le banche sono l’ideale. Comunque lo scandalo Etruria è solo la punta dell’Iceberg».
Che altro pensa ci sia sotto?
«Vorrei, attraverso quest’intervista, fare un appello al premier: renda trasparenti i bilanci delle sue fondazioni. Non vorrei scoprire che tra i titolari dei 90 milioni di fidi concessi da Banca Etruria figurassero finanziatori di Open, Big Bang, o della Leopolda. Abbiamo sempre supposto che lo stretto rapporto tra Renzi e la Boschi si fondasse su una grande fiducia personale; comincio a pensare che ci siano anche risvolti economici. Renzi non può scaricarla perché se cade lei, cade il governo, ci sono troppi interessi in ballo».
Tutti dicono che la Boschi è un ministro bravissimo: guardi come ha spaccato il centrodestra e portato a casa le Riforme…
«È bravissima a gestire gli equilibri di potere. Ma soprattutto a violare con disinvoltura i regolamenti, spingendo per far votare oltre gli orari consentiti, con sedute fiume e quant’altro oppure ignorando le opposizioni con la famosa pratica del canguro che taglia gli emendamenti».
E Bankitalia non ha responsabilità?
«Padoan e il ministero dell’Economia dovrebbero chiedere ai vertici di Bankitalia di dimettersi. Per opportunità e perché lo vogliono gli italiani. Ma sappiamo tutti che la vigilanza di Bankitalia è una barzelletta, quindi non si può neppure parlare di fiducia tradita. I vertici di Bankitalia sono scelti dal governo, come quelli della Consob: qualcuno si stupisce che abbiano vigilato poco su una banca tanto cara al premier?».
Chi ha sbagliato pagherà, come assicura Renzi?
«No, anche perché coi tempi della nostra giustizia sarà tutto prescritto. Sicuramente poi, chi ha truffato non risarcirà».
Lei come preserva i suoi risparmi?
«Li metto tutti su un conto a zero interessi».
Che lavoro faceva prima di entrare in Parlamento?
«Stavo fondando una società di comunicazione e web marketing, a cui tornerò finita l’esperienza politica».
E quanto guadagnava?
«La società stava partendo, i miei guadagni non erano alti. Vivevo con i genitori».
Lo vede che non lascerà mai la politica...
«La politica per me è trovare soluzioni per i cittadini. Al liceo ero rappresentante d’istituto, la scuola era stata danneggiata dal terremoto e siglammo un patto col preside: niente scioperi in cambio dei fondi della ricostruzione. Ho ancora la foto della posa della prima pietra».
È vero che ha avuto più voti come rappresentante degli studenti che come deputato della Repubblica?
«Sono all’incirca gli stessi, qualcosa più di 200. Comunque, M5s ha avuto oltre nove milioni di voti, sono quelli che mi legittimano. E a Napoli all’università rappresentavo 18mila studenti come presidente del consiglio studentesco».
Non si sente un miracolato?
«Miracolati sono i parlamentari nominati dai partiti, che non hanno avuto neppure 200 voti. Mi sento una persona che, con umiltà e impegno, ha l’onore di portare la voce dei cittadini in un Parlamento in cui di solito parlano le lobby».
Cosa votava prima?
«Nel 2008 già simpatizzavo per Cinquestelle e si decise di non dare fiducia alla vecchia politica. Nel 2004 ho votato una Lista che sosteneva i Disabili. Mi sono sempre tenuto lontano dalla sinistra e dalla destra».
E perché entrò in Cinquestelle?
«Furono le battaglie per il Parlamento senza indagati e per il vincolo dei due mandati che mi fecero capire che questa era la mia strada».
Allora è vero che è un giustizialista...
«Non sono a favore della presunzione d’innocenza per i politici. Se uno è indagato, deve lasciare, lo chiedono gli elettori».
Ma se poi uno viene assolto?
«Si ripresenta. La questione etica è un’emergenza da risolvere in via prioritaria. Il problema sono i tempi della giustizia, ma basta eliminare la prescrizione per andare presto a giudizio».
Non si dà troppo potere ai pm così? Basta indagare il politico sgradito e lui è finito…
«Non credo ai giudici politicizzati, anche se è vero che alcuni fanno politica. Sono quelli come Ingroia che ledono l’immagine della magistratura, perché dimostrano la verità del teorema Berlusconi. Se uno si candida, deve lasciare la toga».
Anche i giudici però sono una casta. Guadagnano quanto voi, talvolta di più…
«Chi li critica dovrebbe prima tagliarsi lo stipendio come facciamo noi. E comunque i giudici che piacciono a me, quelli di frontiera, guadagnano il giusto».
Brunetta dice che fate finta opposizione e inciuciate con il Pd. Sostiene che l’elezione dei giudici costituzionali ne è la prova.
«Lui ha fallito, insistendo per far eleggere un parlamentare nonché avvocato di Berlusconi, noi abbiamo contribuito a eleggere due tecnici che non hanno nulla a che fare con M5s. Mi pare che il malumore di certi forzisti verso il loro capogruppo non sia ingiustificato».
Anche voi avete un problema di classe dirigente, lo ammetta…
«No, è che ci serve tempo per farci conoscere. Fino a due anni fa si conosceva solo Beppe Grillo; oggi ci sono diversi volti e tra un anno sono certo che ne saranno emersi di nuovi».
Per ora oltre a lei è Di Battista non si va...
«Siamo i più conosciuti, i front man, ma non per questo i più importanti. Dietro le quinte abbiamo persone preparatissime».
Sì, tutti importanti, ma ora che Grillo si fa da parte lei è il leader: l’ultimo sondaggio la dà secondo per popolarità tra i politici...
«Leader è una parola vecchia. Leader è Renzi, leader è Berlusconi. Io ho un ruolo più evidente perché sono vicepresidente della Camera».
Però già nel look si è distinto da subito…
«Se le faccio vedere la foto dei miei 18 anni, ero già in giacca. È una questione di stile personale, l’ho ereditata da mio padre, imprenditore edile che va tutti i giorni in cantiere col vestito e ritorna ogni sera pieno di polvere».
Come vi siete spartiti i ruoli con Di Battista: lui interpreta l’anima sognatrice di M5s e lei è il pratico che può governare?
«Lui è più concreto di quanto non appaia e io più sognatore. Abbiamo un’indole differente, lui estroverso, io introverso, ma non ci siamo ripartiti dei ruoli».
Cosa risponde a chi dice che siete solo un partito anti-casta?
«Rispondo che siamo un movimento che si pone obiettivi di governo. Anche se la battaglia anti-casta resta molto importante. Ed è la più ardua, perché qui nessuno vuole rinunciare ai propri privilegi. Abbiamo appena tolto i viaggi gratis agli ex parlamentari, un risparmio di 900 milioni. Ho visto settantenni quasi alle lacrime, come li avessimo buttati sulla strada».
Quali battaglie per M5s di governo?
«Reddito di cittadinanza per tutti, eliminazione dell’Irap per le imprese».

Che voto si dà in inglese da 1 a 10?
«Mi do un sei. Non politico».