la Repubblica, 21 dicembre 2015
Quindi Giachetti si candida a sindaco di Roma?
«Ho altro a cui pensare in questo momento...». E davanti alle insistenze, Roberto Giachetti, romano, classe 1961, un record di sciopero della fame di centoventisei giorni per cambiare il Porcellum nel 2012, vice presidente della Camera e renziano di ferro, insofferente sbotta: «E daje...». Però il pressing per convincerlo a correre per il Campidoglio parte direttamente da Palazzo Chigi. È Renzi che sta sondando il nome. È Paolo Gentiloni, il ministro degli Esteri molto ascoltato dal premier, che lo vorrebbe. E Giachetti ha ammesso con pochi confidenti che «a Matteo» non potrebbe dire di no, sarebbe difficile sottrarsi.
Del resto lui, l’ex radicale che presiede le sedute d’aula senza cravatta, è stato accolto una settimana fa alla Leopolda da un’ovazione quando è salito sul palco e da urla: “Sindaco, sindaco”. Cosa che potrebbe non voler dire nulla, se non fosse che Renzi gli è andato incontro abbracciandolo, scherzando “romani, state bboni”. E la foto scelta dalla regia per lo sfondo era appunto il Campidoglio.
Ieri è arrivata l’investitura della vice segretaria del Pd, Debora Serracchiani. Ettore Rosato, il capogruppo dem alla Camera, si limita a una battuta: «Giachetti in corsa? È possibile, ma non darei nulla per scontato». Stessa filosofia del presidente dem, Matteo Orfini, commissario del partito a Roma: massima cautela dopo tutto quello che è successo e cioè il brutale “licenziamento” di Ignazio Marino con il Pd a livelli di popolarità e consenso bassissimi: «Delle candidature parliamo dopo le feste, non abbiamo ancora aperto il dossier». Frena Orfini.
Frenava lo stesso Giachetti nel retropalco della Leopolda e a chi lo intervistava sul tema, rispondeva con una battuta: «Renzi ha tante idee e per fortuna le cambia spesso...». Fida sulla volubilità del premier, insomma. Ci sono alcune buone ragioni che gli consigliano di evitare la corsa, la prima delle quali è che di perdere non ha nessuna voglia: «In vita mia non ho mai partecipato a una gara per perdere...». Scherza ma non troppo. Il rischio di una sconfitta dem a Roma è molto alto, con sondaggi che danno uno stacco forte a vantaggio dei 5Stelle. Il Pd non riesce a risalire la china. Anche se Renzi in questa vigilia natalizia ha rassicurato il partito: «Vedrete che non andrà male». Ha accennato anche alle caselle da riempire al governo: prima quelle, tra poche settimane, e poi il puzzle delle amministrative con le polemiche sulle alleanze. Un altro posto da ministro ad esempio, sarà riservato agli alfaniani, con Federica Chiavaroli o Laura Bianconi in pole position per gli affari regionali o alla Famiglia, ministero nuovo di zecca. Mentre Teresa Bellanova, la sindacalista ora sottosegretario al Lavoro, dovrebbe affiancare la ministra dello Sviluppo economico Federica Guidi come vice ministro. Nel partito poi, persino i renziani di complemento come i “giovani turchi”, invitano Renzi a cercare il rilancio. «Ci vuole un Pd rivoluzionato», insiste Francesco Verducci.
E proprio le divisioni dem sono l’altro ostacolo che Giachetti conosce bene. I cattolici del Pd sarebbero disposti ad appoggiarlo conoscendone l’impronta laica? «Tutto dipende da quanto sposta, bisogna trovare chi fa vincere le elezioni e gli scontri tra correnti contano poco», dicono al Nazareno, la sede del partito, riconoscendo l’emergenza. Giachetti vorrebbe tutto il partito dietro. Infine. Se Renzi privilegiasse per Roma l’alleanza con i centristi, il pressing si sposterebbe sul prefetto Gabrielli, sponsor Alfano.