il Giornale, 21 dicembre 2015
L’algoritmo che prevede le mosse dei ladri: vi dirà quando stanno per svaligiarvi casa
Se state leggendo questo articolo mentre vi trovate fuori città per le vacanze di Natale, o siete in procinto di partire per la settimana bianca, una telefonata ai vicini di casa per chiedergli di tenere sott’occhio la situazione potrebbe servire a scacciare l’incubo di una «visita» sgradita. Ma siamo sicuri che basti, contro i professionisti del furto? Perché è da ottobre a gennaio, con un picco dopo Capodanno, e non a Ferragosto come si è soliti pensare, che i ladri entrano più di frequente in azione. Mettono a segno i colpi specie durante il weekend o nei giorni prefestivi, tra le 8 e le 10 del mattino e di sera tra le 17 e le 20; la probabilità di essere derubati, poi, aumenta in maniera esponenziale nelle regioni del Nord e nei comuni medio-grandi (dai 100mila abitanti in su). Non serve la sfera di cristallo: lo raccontano i dati custoditi negli archivi di prefetture, questure, caserme dei carabinieri e comandi di polizia locale. Prodigi delle memorie informatiche. Matematica, statistica, sociologia, criminologia sono invece le discipline che concorrono a disegnare mappe del rischio utili a tracciare strategie mirate di prevenzione. È quello che hanno fatto il centro di ricerca Transcrime dell’Università Cattolica di Milano e dell’Università di Trento. Scoprendo che in Italia questo reato si concentra nello spazio e nel tempo; che il rischio di esserne vittime non è sempre uguale, può variare a seconda dell’area geografica, delle dimensioni del quartiere, dei momenti dell’anno, della settimana e persino della giornata; che c’è un effetto «contagio» tra gli edifici già svaligiati e quelli immediatamente contigui. Sapere non soltanto se, ma anche quando e dove si verificheranno i furti in futuro, arrivando a prevedere con esattezza fino a un assalto su due, oggi è possibile e significa concedersi un bel vantaggio nella lotta alla criminalità. Abbiate fede in formule ed algoritmi: un’equazione ci salverà dai «topi d’appartamento». Sempre che le autorità che devono difenderci vogliano giocare d’anticipo anziché arrivare troppo tardi e trovarsi a rincorrere i banditi.
A partire dal 2008, e non è un caso che l’intervallo di tempo coincida con l’inizio della crisi economica, i furti nelle proprietà private sono aumentati in tutta Europa. Il +61 per cento attribuito all’Italia è però un record assoluto. Anche gli ultimi numeri col timbro del Viminale fotografano l’escalation. Se è vero che i reati nel loro complesso nel 2014 sono calati (-2,74%), al contrario i furti sono ancora in aumento (+1,19%) e costituiscono ormai oltre la metà delle denunce dei cittadini. Nello specifico, la voce «furti in abitazione» è passata dai 251.422 episodi denunciati nel 2013 ai 255.886 dello scorso anno (+1,78%), pur con profonde differenze nel «tasso di vulnerabilità» tra provincia e provincia. Ravenna, Asti, Torino, Pavia e Lucca sono nella top five delle città sotto assedio, mentre a Crotone, Potenza, Oristano, Napoli e Matera ci si sente – si fa per dire – più al sicuro. In generale, quindi, nel nostro Paese si mettono a segno 701 furti al giorno. Significherebbe uno ogni due minuti. «Ma questa è un’equazione sbagliata, semplicistica. Con il nostro studio facciamo un passo in avanti, elaborando un modello predittivo per il futuro – spiega Marco Dugato, docente di Metodi e tecniche della ricerca criminologica alla Cattolica di Milano, del team di ricercatori Transcrime coordinati dal professor Ernesto U. Savona.
LE CITTÀ AI RAGGI X
«Sotto la lente ci sono tre città: Milano, Roma e Bari». Dugato mostra cartine e numeri: «Sono stati identificati ben tredici fattori di rischio per i furti in abitazione e diversi fattori protettivi. Conoscere dove questi si concentrano, ed isolare quelli realmente influenti, permette di prevedere dove e quando i reati possono avvenire». Ed ecco che cosa è emerso: «Un’alta densità di furti nell’anno precedente è molto utile per aspettarsene altri in futuro, così come l’alta densità abitativa è un fattore rilevante. Contrariamente a quanto si crede, non sono le case isolate ad essere a maggior rischio nelle grandi città». Anche gli alti valori immobiliari al metro quadrato, nelle aeree più ricche dei centri storici o delle zone residenziali, attraggono molto i ladri perché assicurano loro una migliore aspettativa di guadagno.Ma non tutte le «variabili» pesano ovunque allo stesso modo. «A Roma i furti sono associati a un’alta presenza di residenti over 70, probabilmente più soggetti a furti con truffe e raggiri», racconta Dugato. «A Milano e Bari, invece, i furti si sono registrati con più frequenza nelle vicinanze di negozi Compro oro, secondo i criminali un primo punto d’appoggio per tentare di rivendere al più presto la refurtiva. Abbiamo notato che i quartieri più a rischio di effrazioni e scassinamenti sono quelli in cui prevalgono case popolari abbandonate al degrado o situazioni di vario disagio sociale». Un po’ a sorpresa, la presenza di campi nomadi non sarebbe di per sé influente per predire i furti in quella stessa zona. Il passo successivo è stato suddividere il territorio delle tre città in aeree più circoscritte e in base ai fattori di rischio. Per Milano, Roma e Bari sono state create delle «mappe previsionali» generali e specifiche (quartiere per quartiere, su diversi giorni della settimana e in orari diversi), confrontate poi con i furti realmente avvenuti nel corso del 2014. Quale è stato il verdetto finale, alla prova dei fatti? Dugato riassume: «A Milano abbiamo predetto quasi il 30% sul totale dei furti; a Bari ne abbiamo indovinati il 41,6% e a Roma il 47,1% dei furti era, per così dire, annunciato. Il modello funziona. E può essere esteso a qualsiasi città, compresi i centri più piccoli».I primi risultati dello studio, realizzato in collaborazione con il Dipartimento di pubblica sicurezza del ministero dell’Interno, erano pronti ad aprile scorso. A parte la curiosità iniziale di qualche prefetto, però, a otto mesi di distanza nessun amministratore si è fatto avanti per realizzare nel proprio Comune delle mappe di rischio così da prevedere i furti, investendo nella prevenzione dei reati anziché nella ben più onerosa opera di repressione. Insomma, mentre molti italiani non chiudono occhio per la paura, la maggior parte dei sindaci sembra continuare a dormire sonni tranquilli. Eppure i ricercatori sono convinti: le amministrazioni locali dovrebbero partire da queste informazioni per proteggere le aree più a rischio ed attuare politiche sociali e di sicurezza su misura. All’estero si fa già: il «predictive policing» in un quartiere di Manchester ha portato a una riduzione del 27% dei furti in un anno, con un risparmio del danno stimato di un milione di sterline.
GUARDIE E LADRI
Negli Stati Uniti si è dimostrato che programmi di controllo del vicinato («neighborhood watch») possono far calare i comportamenti criminali di un ulteriore 26%. Buone pratiche ancora lunari in Italia, dove forse i primi cittadini temono l’etichetta di «sceriffi» e costi di applicazione elevati, quando invece con poche decine di migliaia di euro e alcuni software freeware, cioè gratuiti, sarebbe possibile rendere più sicuri interi capoluoghi.Anche le forze dell’ordine potrebbero tenere presenti le indicazioni dei ricercatori nell’opera di presidio e pattugliamento di strade e quartieri. Maria Cristina Lomartire, dirigente della centrale operativa della Polizia di Stato presso la questura di Milano, puntualizza: «Mappe geolocalizzate di questo tipo confermano quanto già sappiamo grazie alla nostra attività d’intervento sette giorni su sette, 24 ore su 24. A Milano non esiste un’emergenza furti in abitazione: sono un fenomeno costante nel tempo, che ha dei picchi fisiologici in determinati periodi dell’anno, ma su cui l’attenzione resta sempre massima. Quello che è cambiato, semmai – spiega – è la tipologia dei bottini. Se prima i delinquenti puntavano soprattutto a denaro contante e a oggetti preziosi, oggi anche gli smarthpone o altri strumenti tecnologici costituiscono una refurtiva appetibile». In questi anni in cui è cambiato probabilmente l’indice di sicurezza «percepita» più che quella reale, anche il ruolo dei cittadini deve trasformarsi da passivo ad attivo. «Devono essere i primi attori della sicurezza con il loro comportamento – aggiunge Lomartire -: dal dotarsi di efficaci misure anti-intrusione, tra cui un impianto d’allarme collegato con le forze dell’ordine, fino all’adottare semplici accorgimenti che rendano più vivibile e sicuro l’ambiente quotidiano. A volte per scoraggiare i malintenzionati basta un po’ di luce in più o un’insegna illuminata davanti al portone di casa». Perché la formula vincente, spesso, è semplicemente quella del buon senso.