la Repubblica, 21 dicembre 2015
L’ispettore di Bankitalia avvertì: «Il cda di Banca Etruria è fatto da incompetenti»
Banca Etruria è stata governata da consiglieri di amministrazione «quasi tutti privi di competenze specifiche» in materia bancaria. Da un cda che aveva «abdicato al proprio ruolo» e accettava «in modo acritico» le decisioni del direttore generale Luca Bronchi, sotto inchiesta per ostacolo alla vigilanza. E dove, nei mesi precedenti al commissariamento, si era creato una sorta di direttorio parallelo e «poco trasparente»: la Commissione consiliare informale. Vi sedevano il presidente Luca Rosi e i due vice, Alfredo Berni e Pierluigi Boschi. A svelare di quale pasta fosse fatta la governance che per anni ha tenuto le redini della Popolare è Emanuele Gatti, il capo del team di Bankitalia che ha condotto l’ispezione dal dicembre 2012 al settembre 2013. Viene sentito come persona informata dei fatti il 13 gennaio 2015 dai finanzieri di Arezzo che, per conto del procuratore capo Roberto Rossi, stavano indagando su Bronchi e Rosi. Gatti, dopo aver elencato una lunga serie di omissioni e di comportamenti anomali sulla gestione del credito e del patrimonio, mette nero su bianco quello che suona come un giudizio definitivo: «Il Cda dell’Etruria ha sostanzialmente abdicato al proprio ruolo in materia, lasciando ampia discrezionalità all’Alta Direzione (il direttore generale e il presidente, ndr). Il consiglio è composto da 15 elementi espressione del tessuto imprenditoriale e professionale aretino. Il contributo dialettico e propositivo dei consiglieri, quasi tutti privi di competenze specifiche, è risultato insufficiente». Insomma, i quindici sono stati sì ben remunerati, perché hanno raccolto 14 milioni di euro di emolumenti dal 2008 al 2013. Ma, stando all’ispettore di Bankitalia, non erano all’altezza. A Gatti viene anche chiesto di specificare il ruolo avuto dai singoli consiglieri nelle operazioni deliberate, tra le quali la vendita delle obbligazioni subordinate ai clienti della banca (la Consob ieri ha specificato di non aver mai omesso ai risparmiatori informazioni rilevanti né di aver ricevuto alcun segnale sulla idoneità esclusiva di tale prodotto ad investitori istituzionali). «È emersa la sostanziale assenza di approfondimenti e dibattito – mette a verbale Gatti – anche sugli argomenti di maggiore rilevanza». L’immagine, dunque, è quella di un vertice di due, forse tre, persone che decidono, e il resto dei consiglieri che approva. Le cose non cambiano nemmeno quando viene rinnovato il cda, il 4 maggio del 2014. È il momento in cui è nominato presidente Rosi (ora indagato per conflitto di interessi), e vicepresidenti diventano Alfredo Berni (vicario) e il padre del ministro delle Riforme Pierluigi Boschi (vice senza deleghe). Gli ispettori di Bankitalia, nell’ultimo verbale consegnato alla procura di Arezzo prima del commissariamento, annotano qualcosa di insolito. «Merita attenzione il ruolo svolto dalla “Commissione consiliare informale”, composta dal presidente, i due vice presidenti, i consiglieri Nataloni (indagato per il conflitto di interessi, ndr), Santoanastaso e Salini. L’assenza di qualsiasi verbalizzazione delle attività svolte da tale “commissione” ha concorso a rendere poco trasparente il processo decisionale. Solo con molto ritardo il Cda dopo ulteriori sollecitazioni della vigilanza e i richiami del presidente del collegio sindacale, ha preso contezza dello stato di deterioramento della situazione tecnica di Banca Etruria». Il passaggio viene messo in relazione con la mancata fusione con la Popolare di Vicenza. «La scelta di non sottoporre al voto dell’assemblea l’unica offerta rilevante non è stata sostanzialmente dibattuta nel cda, che si è limitato a prendere atto della comunicazione del presidente».