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 2015  dicembre 21 Lunedì calendario

L’indimenticabile anno della Grecia e del camaleonte Tsipras

Il governo di Syriza poggia su una maggioranza risicata e deve affrontare due scogli: riforma delle pensioni e privilegi agli agricoltori Il surreale copione della crisi greca si regala (lontano dai riflettori della cronaca) un Natale da lettino dello psicanalista. Il 2015 ad Atene resterà un anno indimenticabile. Il 25 gennaio il paese ha detto no all’austerity e alla Troika regalando ad Alexis Tsipras il trionfo elettorale. Il 5 luglio – dopo il braccio di ferro con i creditori costato una nuova recessione e i controlli ai capitali – ha ribadito il “no” a nuovi tagli in un referendum catartico. Poi il vento è cambiato: il premier, davanti al baratro della Grexit, ha ceduto a Bruxelles. Syriza ha consumato una dolorosa scissione. Gli elettori, in mancanza di alternative a centrodestra, hanno riconfermato la fiducia a Tsipras. E lui – il pragmatico camaleonte sopravvissuto alla bufera – trova ora sotto l’albero di Natale tre regali a sorpresa: gli applausi degli ex-nemici della Troika, («il nuovo governo ha rispettato i suoi impegn» dice il numero uno del fondo salvastati Klaus Regling), la freddezza dei greci (Syriza fatica nei sondaggi) e la speranza – una volta approvate le ultime dure riforme a inizio 2016 e grazie ai nuovi equilibri nella Ue – di ottenere il taglio del debito, togliere i controlli dei capitali e iniziare davvero a fare qualcosa di sinistra. Il (mezzo) idillio con la Troika
Parlare di intesa piena è forse un po’ azzardato. I primi tre mesi dell’esecutivo Syriza 2.0 hanno segnato però una svolta nel rapporto con Ue, Bce e Fmi. L’uscita di scena di Yanis Varoufakis ha aiutato a smorzare i toni. Il suo successore Euclid Tsakalotos ha privilegiato il dialogo. Risultato: al netto di qualche asperità verbale, la scelta ha pagato. Il Parlamento greco ha votato quasi la metà delle “azioni prioritarie” richieste dalla Troika in cambio degli 86 miliardi di nuovi aiuti, riformando le professioni, cancellando le baby pensioni, vendendo gli aeroporti ai tedeschi e approvando una finanziaria 2016 fatta di 2,5 miliardi di tagli e 3,2 di nuove tasse. Il Governo ha traballato per i mal di pancia interni di Syriza – la maggioranza, scesa a 153 seggi su 300 – ma ha tenuto. E la Troika ha premiato lo sforzo sbloccando 26 miliardi di prestiti tornati subito in buona parte (come tradizione) nelle tasche dei creditori o usati per ricapitalizzare le banche. Non tutto, naturalmente, è rose e fiori. Bruxelles – memore dell’era dell’”ambiguità creativa” di Varoufakis – è sempre sul chi va là. Ultimo episodio, pochi giorni fa, l’intervento a gamba tesa per costringere il governo a ritirare il progetto di un “programma parallelo umanitario” (estensione dell’assicurazione sanitaria e dei bonus elettricità e cibo per i meno abbienti) perché «non concordato». Il pragmatismo del premier
Tsipras ha evitato il muro contro muro. Ad Atene regna il pragmatismo. E il premier sa che il suo futuro politico si giocherà nei prossimi tre mesi di fuoco su altri tavoli. Tra gennaio e febbraio il governo affronterà lo scoglio più insidioso: l’approvazione della riforma delle pensioni e del regime fiscale che elimina i privilegi degli agricoltori. Temi delicatissimi sia in termini di consenso sociale che di equilibrio nel partito. La speranza è che la maggioranza tenga. La carta di scorta è l’ingresso nell’esecutivo dei 13 parlamentari dell’Unione di Centro di Vassilis Leventis. Incassato questo risultato, Atene punta ad aprire subito i negoziati per la ristrutturazione del debito (“a febbraio”, auspica Tsakalotos). Nessuno, sotto il Partenone, si aspetta condoni tombali. Tutti però, falchi del rigore compresi, sono d’accordo ad allungare le scadenze dei prestiti e ridurre ulteriormente i tassi, regalando al paese l’ossigeno necessario per rilanciare l’economia e calare il sipario sul rischio Grexit. I timori dei falchi Il percorso, come sempre quando si parla della Grecia, non è in discesa. I duri della Ue guidati da Wolfgang Schaeuble hanno una certezza: una volta ricapitalizzate le banche e ristrutturato il debito, i creditori non avranno più armi per costringere Atene a fare i compiti a casa. E il barometro dei rapporti tra Tsipras e la Troika è destinato così a tornare verso il brutto tempo, quando Berlino userà tutte le armi a disposizione per obbligare il governo a onorare fino in fondo gli impegni. La partita sarà dura. Il Partenone però ha un paio di assi nella manica. Il primo è la resistenza dell’economia. Le Cassandre avevano vaticinato uno scivolone del Pil del 2,5% nel 2015. La previdenza dei greci – che in pochi mesi hanno tolto 40 miliardi dai conti correnti mettendoli nel materasso – ha fatto però da ammortizzatore allo choc dei limiti ai prelievi. E il governo spera ora di chiudere l’anno con un calo marginale del Pil e prevede il ritorno alla crescita a metà 2016. Il secondo atout è la metamorfosi del quadro politico europeo. I socialisti sono al potere in Portogallo. Matteo Renzi ha avviato una dialettica vivace con Angela Merkel. A Parigi c’è un presidente di sinistra. E l’idea di un fronte unito anti-austerità è oggi qualcosa di più di un miraggio. Tsipras ci conta. Due terzi degli elettori di Syriza sono delusi all’operato dell’esecutivo. Il perché è chiaro: il programma del partito prevedeva interventi per le fasce deboli, stipendio minimo, reintroduzione della contrattazione collettiva. Misure materia finora di “Chi l’ha visto?”. La sfida è tutta qui: se il governo riuscirà a far digerire al paese le misure draconiane di questo inverno, forse sarà possibile voltare pagina. I temi sociali sostituiranno le ansie contabili tra le priorità di Tsipras. E il Camaleonte potrà provare a cambiare colore un’altra volta. Rimettendosi quel manto rosso che indossava quando è stato eletto 11 mesi fa.