Corriere della Sera - Roma, 21 dicembre 2015
A trent’anni dalla strage di Fiumicino. Era il 27 dicembre 1985 quando un commando di palestinesi assaltò i banchi della El Al e della Twa
Doveva finire come l’11 Settembre a New York – ma 16 anni prima -, con un aereo a schiantarsi su Tel Aviv. Invece fu strage dell’aeroporto di Fiumicino, con modalità che ricordano quella di Parigi a novembre. Era il dicembre 1985 – il trentennale domenica -: un gruppo di terroristi palestinesi assaltò con bombe a mano e kalashnikov i banchi della compagnia israeliana El Al e della statunitense Twa, sparando sulla gente in fila o al bar. Nello scontro a fuoco con i poliziotti e la sicurezza israeliana morirono 16 persone: 12 passeggeri, 3 terroristi e un addetto israeliano; 80 i feriti.
Per il giudice che indagò, Rosario Priore, il commando doveva prendere un aereo e farlo precipitare su Israele ma i terroristi furono scoperti e scatenarono l’apocalisse in aeroporto. «Sapevamo che nessuno di noi sarebbe uscito vivo», ha detto anni fa Ibrahim Khaled, l’unico dei quattro a essere catturato. Condannato a 30 anni, ha collaborato chiesto perdono e di recente è tornato libero. Il massacro dell’ ‘85 arrivò 12 anni dopo quello del 17 dicembre 1973, sempre a Fiumicino e da parte di arabi armati, con 34 vittime e modalità ancora più cruente: due bombe incendiarie gettate dentro un aereo pieno fermo sulla pista. A seguito di quella strage Aldo Moro avrebbe stretto un accordo con i gruppi palestinesi, che si impegnavano a non compiere azioni in Italia a patto di poter transitare per il Paese con armi ed esplosivi. Il mandante dell’attentato dell’ ‘85 era Abu Nidal, capo di una fazione palestinese contraria alla linea più moderata a cui si era deciso il leader dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) Yasser Arafat. Condannato all’ergastolo in contumacia, Abu Nidal è stato ucciso nel 2002 a Bagdad.