Corriere della Sera, 21 dicembre 2015
Il commento al campionato di Mario Sconcerti
Se si guardano i numeri, l’unica squadra ancora candidabile è il Napoli perché ha perso solo due partite, con una proiezione finale di 4, il limite serio di sconfitte possibili negli ultimi 50 anni per vincere un campionato. Questo vuol dire o che il Napoli è predestinato, o che è davvero un campionato largamente atipico. È scomparso l’equilibrio medio. Ora ci sono squadre nettamente più forti e altre sempre battute. Resta però l’equilibrio in alto, resta la sensazione d’incompletezza generale. Si è tutti insieme per i limiti rispettivi più che per una vera forza espressa. Questo giustifica le tante sconfitte delle prime, ben 16 in cinque squadre, ogni turno ha cioè perso una grande squadra. L’Inter ha giocato male come a inizio stagione e com’era abbastanza prevedibile. La Lazio se gioca tranquilla è una buona squadra e ieri non aveva nient’altro da perdere. È tornata invece l’Inter spezzata in due, con Jovetic nel mezzo che tenta sempre un gioco generoso e vanesio, ma non decide cosa essere. Così non c’è stato un tiro in porta né un pensiero costruttivo. La Lazio non ha rubato niente. Capitano all’Inter giorni in cui l’oscurità del suo gioco non è salvabile dai soli fantasisti. Non gli darei troppo peso. Ma questa è la sconfitta che riapre tutto il campionato. Non convince fino in fondo nemmeno la Juve. Si perde spesso in partita, regala tempo agli avversari, deve cercare eccellenze più che materia durante la gara. Accusa lo sforzo della rincorsa, qualcosa che sembra naturale per i forti, ma ti costringe sempre a pensare, a restare attaccato al risultato. E ogni tanto la Juve vuole riposarsi, anche durante la gara. Mandzukic è adesso il suo riposo. Quelli come lui segnano al di là del gioco, letteralmente si alzano sopra gli altri. Ancora di più si può dire di Higuain. Per qualche immagine del suo genere bisogna tornare a Nordahl passando poi per Riva e Batistuta. Di tipo diverso Toni, più biscia che bisonte, però di quei numeri. Higuain è il Napoli, questo è forse il limite. Higuain mi ricorda Chinaglia, per cuore e importanza nella squadra. Per decisione e personalità. Sono questi giocatori totali che nell’equilibrio fanno la differenza, costruiscono le vittorie che restano. È forse l’unico fuoriclasse tra i 70 che sono nel mucchio della classifica. Molti campioni, nessuno ancora qualcosa di oltre. Lui sì. La Roma segue il suo psicodramma metropolitano. 4500 paganti, fischi quando la squadra abbraccia Garcia dopo il gol. La dittatura del tifoso fa male perché non ha nemmeno la disciplina delle dittature. È solo emotiva, si autoalimenta con il web, crede alla confusione come a una soluzione, alla fine spaventa anche se stessa. Per adesso la Roma ha avuto più testa della sua gente. Per questo è in corsa.