Corriere della Sera, 21 dicembre 2015
È già finita l’era del libro elettronico?
Vi ricordate un saggio, uscito sei anni fa e intitolato Non sperate di liberarvi dei libri? Mai titolo fu più profetico, eppure quando apparve sembrò più l’auspicio di due nostalgici legati all’eredità di Gutenberg che non una previsione lucida sul futuro, mentre i più cantavano l’irresistibile ascesa dell’ebook. Gli autori erano lo sceneggiatore francese, romanziere e saggista Jean-Claude Carrière e Umberto Eco, il filosofo, semiologo, scrittore che tutti conosciamo.
Ebbene, finora (sottolineato finora) il mercato non è riuscito a smentirli, se è vero, come conferma un’indagine Nielsen appena pubblicata (ne dava conto ieri il sito qz.com), che negli Stati Uniti la vendita di libri cartacei è in crescita, essendo passata dai 559 milioni di copie del 2014 ai 571 di quest’anno. Crescita esigua finché si vuole, ma significativa. Specie se confrontata con l’andamento calante del mercato digitale, che è sceso al 20 per cento dal 22 dell’anno scorso. E pensare che l’impennata degli ebook nel triennio 2008-2010 spinse alcuni analisti ad assecondare l’impressionante battage pubblicitario pronosticando il sorpasso nel 2015.
Invece, niente di tutto ciò: secondo un sondaggio del Centro di Ricerca Pew, sono diminuiti negli ultimi dodici mesi gli americani che utilizzano un e-reader (dal 2011 il calo, secondo il New York Times, sarebbe addirittura del 50 per cento). E un paio di mesi fa la catena britannica Waterstones ha rinunciato a vendere il Kindle nei suoi negozi a causa della scarsità di richieste (definite «penose»).
L’atteso secondo romanzo di Harper Lee, Va’, metti una sentinella, di cui molto si è chiacchierato in rete prima dell’uscita presso Harper Collins, ha avuto una vendita in hardcover quattro volte superiore rispetto al molto meno caro formato digitale. Ciò significa, come ha sottolineato l’editore Jonathan Burnham, che il lettore non ha voluto rinunciare al gusto feticistico di possedere una copia fisica dello «storico libro».
Sono segnali che spiegano anche la ripresa, sempre negli Usa, delle librerie indipendenti e il conseguente aggiustamento strategico dei grandi gruppi editoriali (Hachette, Simon & Schuster, Penguin Random House), che dopo la sbornia digitale hanno cominciato a ri-orientare gli investimenti verso il cartaceo, andando incontro anche alle esigenze delle piccole librerie non di catena. In questa linea non va dimenticato che Amazon ha deciso di stupire tutti annunciando l’apertura di un negozio tradizionale a Seattle.
E in Italia? Segni di ripresa in generale rispetto agli ultimi anni, anche se il bilancio complessivo resta in rosso (-1,6 a valore). Ma ci sono settori che promettono bene. Come l’editoria per ragazzi, la cui curva è in controtendenza: in maggio l’incremento in volumi venduti era attestato al 6,4 per cento. È un numero che può sembrare paradossale se si pensa che il lettore giovane non è altro che il nativo digitale, colui il quale cioè dovrebbe prediligere i supporti elettronici. Del resto, qualche mese fa anche il Washington Post segnalava lo stesso fenomeno oltreoceano ovvero la preferenza del libro cartaceo presso il pubblico under 18.
C’è dunque il sospetto crescente che il profumo della carta non sia solo madeleine da vecchi barbogi e da nostalgici impenitenti, se anche un tredicenne rinuncia all’e-reader per buttarsi sul libro. Detto ciò, non è escluso che l’ebook, prima o poi, prenda il sopravvento (lo ha già, per esempio, per tanti testi di servizio e di consultazione), ma è meglio essere cauti ed evitare i proclami messianici sul tramonto del libro e sull’avvento della Nuova era. Non è detto che si possa creare qualcosa di meglio del libro: in fondo, avvertiva Eco, anche il cucchiaio e il martello...