La Stampa, 20 dicembre 2015
In morte di Kurt Masur
Era il vero Kapellmeister, senza le connotazioni negative che danno al termine quelli che non sanno. Un grande direttore d’orchestra che si considerava soprattutto un probo operaio nella vigna della musica, di cui è stato sempre (e solo) al servizio. Kurt Masur era nato nel ’27 a Brieg, che oggi è in Polonia, ma allora era Germania. Arruolato negli ultimi mesi di guerra, scampò al terribile bombardamento di Dresda per miracolo: quel giorno era in permesso.
La sorte volle che crescesse nella parte comunista della Germania divisa. Scalò tutti i gradini della musica nella Ddr, approdando nel 1970 alla vetta della Gewandhaus di Lipsia, dove rimase fino al ’96. Non era membro del partito, ma faceva parte della nomenklatura: fu lui a convincere Honecker a costruire all’orchestra una nuova sala da concerti, dopo che quella storica era stata distrutta dalla guerra. Però nell’ottobre 1989, alla vigilia della caduta del muro, fu lui a mediare fra i manifestanti e la Stasi, riuscendo a convincere la sbirraglia a non eseguire gli ordini di Berlino che prescrivevano la repressione. Poi incise un appello alla calma che fu letto dagli altoparlanti. Anche grazie a lui, la Karl-Marx-Platz davanti alla Gewandhaus non diventò un’altra piazza Tienanmen.
Ma era un musicista e solo un musicista. Si fece il suo nome come possibile presidente della Germania riunificata, ma fece sapere che non era interessato. La carriera, intanto, proseguiva a New York, dove fu direttore musicale della Filarmonica dal 1991 al 2002. Qui si riscontrò con la Storia, e diresse in tivù uno splendido Deutsches Requiem per ricordare le vittime dell’11 settembre. Seguirono altri incarichi stabili a Londra, alla London Philharmonic, dal 2002 al 2007, e a Parigi all’Orchestre National de France, dal 2002 al 2008.
Il 26 aprile 2012 dirigeva la Patetica di Cajkovskij con la National de France al théâtre des Champs-Elysées. Mentre si voltava per dare un attacco ai violini nel terzo movimento, inciampò e precipitò prima dal podio e poi dal palcoscenico. Qualche mese dopo, mandò una lettera ai suoi vecchi orchestrali della Gewandhaus per dire che era ammalato di Parkinson. Ieri, a 88 anni, è morto a Greenwich, Connecticut.