La Stampa, 20 dicembre 2015
Visco si voleva dimettere, Mattarella lo ha convinto a ripensarci
I banchieri centrali come Ignazio Visco sono abituati a pensare che il silenzio è d’oro perché sanno che le parole sono pietre. E non solo perché una levata di sopracciglio dei custodi dell’euro e della stabilità delle banche può spostare miliardi sui mercati finanziari. Quando Matteo Renzi ha annunciato giovedì che sull’arbitrato tra le banche e gli obbligazionisti truffati «da parte mia c’è volontà di massima trasparenza, di massima chiarezza, e se possibile vorrei che l’arbitrato fosse gestito non dalla Consob, non dalla Banca d’Italia, non dal Parlamento, non dal governo ma dall’Autorità nazionale anticorruzione di Raffaele Cantone», Visco si è molto stupito. Ma è stata l’aggiunta del presidente del Consiglio a costringere il governatore della Banca d’Italia ad allungare la mano verso la cornetta del telefono.
Renzi ha precisato da Bruxelles che la sua decisione risponde all’esigenza di delegare un compito delicato «a un soggetto terzo, autorevole, che è in prima linea contro ogni tipo di ingiustizia». Insomma, secondo una fonte autorevole, quando Renzi ha insinuato che la Banca d’Italia non garantirebbe la necessaria «terzietà», Visco non ha potuto fare altro che chiamare al telefono il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per chiedere spiegazioni e dirsi pronto al passo indietro. Via Nazionale smentisce, ma diverse fonti confermano: «quella telefonata a Mattarella è stata un gesto dovuto».
Anche se l’impressione netta è di un presidente del Consiglio un po’ incerto sulle responsabilità dei vigilanti e sul da farsi (il giorno prima delle bordate brussellesi aveva sostenuto che sono stati salvati «un milione di risparmiatori» e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan aveva difeso a spada tratta l’attività di vigilanza della Banca d’Italia), Visco non poteva che sentirsi messo sotto tutela dalle parole del presidente del Consiglio. E la prima domanda che ha rivolto al presidente della Repubblica è se sapesse della decisione di affidare gli arbitrati per i rimborsi degli obbligazionisti di Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara al magistrato anti-corruzione. La risposta di Mattarella è stata negativa. Ma il presidente della Repubblica ha compreso a tal punto il peso dell’uscita di Renzi da rinnovare al governatore della Banca d’Italia la fiducia più assoluta e invitarlo immediatamente al Quirinale. Un gesto volto a sottolineare pubblicamente la fiducia del Colle nei confronti di un’istituzione bersaglio da settimane di accuse e insinuazioni a proposito delle quattro banche fallite e dei risparmiatori raggirati (e un messaggio a Renzi, forse?)
Il colloquio al Quirinale è stato «teso», ma non perché Visco abbia mai ripetuto l’offerta delle dimissioni (il Colle nega che ne abbiamo parlato de visu), quanto perché non è chiaro se il piano del governo di delegare l’arbitrato al magistrato andrà avanti. Il giorno dopo, Cantone ha telefonato a Visco, probabilmente per tranquillizzarlo, ma bisognerà aspettare i prossimi giorni per capire se Renzi fa sul serio. Intanto, l’altro uomo a capo di un’autorità di vigilanza messa alla berlina dal presidente del Consiglio, Giuseppe Vegas, starebbe aspettando di essere ricevuto al Quirinale. Anche il presidente della Consob non può ignorare un’uscita che sembrerebbe metterne in discussione l’imparzialità.
Allargando il campo, è chiaro che non potrebbe esserci momento peggiore per indebolire il governatore della Banca d’Italia sul piano internazionale. E non solo perché Visco partecipa alle riunioni della Bce che decidono le mosse di politica monetaria – i guardiani dell’euro sono attualmente alle strette per lo spettro di una deflazione che si sta riaffacciando nell’eurozona. L’Italia, insieme alla Spagna, sta anche ingaggiando un braccio di ferro in Europa perché non prevalga la posizione tedesca sui nuovi criteri di Basilea per giudicare le banche: la Bundesbank vorrebbe fare pesare molto i titoli di Stato – le banche italiane ne sono piene. Ma un’ombra sull’efficacia nella vigilanza sulle banche che colpisse la Banca d’Italia rischierebbe anche di rafforzare l’attuale, totale indisponibilità tedesca a procedere al terzo pilastro dell’Unione bancaria, alla costruzione del fondo di garanzia comune. Un banchiere centrale autorevole non è un dettaglio, per un Paese che vuole contare.