la Repubblica, 20 dicembre 2015
Scalfari sullo scontro tra Renzi e la Merkel. Dove Renzi non ha tutte le ragioni, ma nemmeno tutti i torti
Elena Boschi ha parlato con apprezzabile dignità alla Camera del rapporto affettivo tra lei e suo padre, coinvolto come vicepresidente della Banca Etruria nello scandalo delle banche popolari. Ha detto: «Mio padre è una persona perbene ed io ho per lui un profondo affetto, ma se ha sbagliato pagherà».
Ha ricevuto un meritato applauso ma nonostante questo il Pd e il suo leader sono in calo in tutti i sondaggi a causa dello scandalo bancario. Non contano granché i sondaggi, sono foto istantanee che colgono l’attimo fuggente ma a distanza di pochi giorni sono già cambiati. Lui però ha un carattere molto sensibile, non gli piace affatto perdere popolarità, requisito necessario a far contento il suo narciso particolarmente presente in tutta la sua vita. Da questo punto di vista gioca la sua partita con grande abilità. La contromossa è stata di mettere sotto accusa la Germania di Angela Merkel nell’ultima riunione di giovedì scorso a Bruxelles del Consiglio dei ministri dell’Unione. Ed è di questo che dobbiamo occuparci: Renzi versus Merkel, l’Italia contro la Germania. L’attacco di Renzi è stato assai duro, a detta di molti che vi hanno assistito addirittura feroce, anche se alla fine ha ricordato la sua amicizia con la Merkel la quale a sua volta l’ha invitato ad un faccia a faccia da effettuarsi nei prossimi giorni per chiarire e cercare di far convergere le loro attuali differenze. Ma questa è la necessaria diplomazia politica. La sostanza dell’attacco è concentrata sul tema dei gasdotti tra la Russia e l’Europa, le sanzioni dell’Occidente a Putin per quanto riguarda l’Ucraina, il dissenso italo-tedesco sul problema dei migranti e infine l’unione bancaria europea.
Quattro punti che definiscono l’intera politica dell’Ue, salvo il tema della guerra all’Is, che Renzi tende ad accantonare per la ragione che lui, cioè l’Italia, a quella guerra militare ha deciso di non partecipare. Tutti sanno (e lo sa anche lui) che in questa fase il tema della guerra all’Is domina su tutti gli altri, ma proprio per questo è nella mani delle due sole grandi potenze: gli Usa e la Russia. Tutti gli altri sono soltanto figuranti, comparse o tutt’al più attori secondari. Perciò Renzi non ha voglia di far parte di quel carrozzone, ma di quelli strettamente europei, sì. *** Il gasdotto è importante ma non più di tanto. Farne due, uno al nord e l’altro al sud riattivando quello già esistente? O aggiungerne addirittura un altro? La Germania ha confermato di essere interessata a costruire quello a nord; lo farà con soldi suoi o trovando altri finanziatori che le si affianchino. L’Italia faccia quel che vuole e con chi vuole. La baruffa qui non c’è, ma solo libertà di scelta, sempre d’accordo con la Russia perché la materia prima viene da lì.
Anche il tema dell’Ucraina è fuori dal quadro renziano; lui ne ha fatto cenno “per completezza di informazione” ma chi decide sono gli Usa e, in minor misura, la Germania.
L’Italia può invece alzare il dito e chieder la parola – come lo stesso Renzi ha efficacemente definito i suoi interventi in materia – sul tema dei migranti e su quello dell’unione bancaria europea e della garanzia di quella unione verso i depositi dei risparmiatori nelle banche europee.
Sui migranti la polemica è marginale: la Germania ci rimprovera (attraverso la Commissione di Bruxelles) di non prendere le impronte digitali agli immigrati sulle nostre coste ed anche di non aver preparato i centri di accoglienza sufficienti e debitamente attrezzati. Noi, quanto alle impronte digitali, rimproveriamo alla Germania di aver fatto lo stesso. In più rivendichiamo d’essere la sola nazione mediterranea a sostenere il grosso degli arrivi di fronte alla sostanziale indifferenza degli altri Paesi e alle nefaste oscillazioni della politica di Angela Merkel in proposito. Ad un certo punto infatti la cancelliera tedesca spalancò le porte all’immigrazione siriana creando un flusso improvviso ed enorme che mise in gravi difficoltà i Paesi dell’Est e del centro europeo; ma poi, di fronte alla marea che si stava verificando, si irrigidì con tutte le conseguenze che ne derivarono e la fine – anche se non ufficiale – del patto di Schengen.
La Germania ha farfugliato sull’argomento e Renzi ne è uscito benissimo. Resta il fatto che la politica dell’immigrazione continua a mancare mentre i barconi continuano a partire e la gente continua a morire in mare.
Infine – il tema dell’unione bancaria e delle regole che ne derivano e qui entra in causa addirittura il tormentone dell’Europa federata: si farà o non si farà? E quali saranno gli effetti dell’una o dell’altra soluzione? *** L’Italia, a suo tempo, firmò il documento della Commissione che istituiva l’unione bancaria, il cui primo passo fu la vigilanza della Banca centrale su tutto il sistema bancario europeo.
Anche la Germania firmò.
La Bce dal canto suo aprì un’inchiesta su tutte le banche per accertare il loro grado di solidità, l’andamento della gestione, gli effetti sulla clientela, la congruità del capitale azionario. Dettò alcune prescrizioni per quegli istituti che non avevano un capitale sufficiente; controllò che le sue direttive fossero state adempiute e poi, come previsto, delegò le Banche centrali nazionali a proseguire la vigilanza intervenendo all’attuazione della seconda fase: predisporre la garanzia europea sui depositi. Tutti firmarono, anche la Germania sia pure con qualche riserva.
Ne fa testo una intervista dello stesso Draghi del 31 ottobre di quest’anno al giornale italiano Sole 24 Ore, che nei passi principali suona così: «L’unione bancaria va completata. C’è stato un accordo sia sulla costituzione di un sistema assicurativo sui depositi, sia su un “Single Resolution Fund” per finanziare gli interventi sulle banche in crisi. Queste cose vanno fatte perché in questo modo uno dei problemi che ha caratterizzato la crisi che stiamo ancora vivendo, il nesso bidirezionale tra banche e Stati sovrani, viene attenuato».
Nel pensiero di Draghi infatti un’unione bancaria con queste caratteristiche rappresenta un passo fondamentale verso quell’Europa federata senza la quale tra pochi anni il nostro continente diventerà una nave fragilissima in tutte le tempeste e i suoi Stati nazionali non saranno altro che barconi stipati di gente in preda ai marosi e senza alcun peso politico nel mondo della società globale.
Draghi lavora per quell’obiettivo, anzi è il solo che ne veda distintamente il processo, le modalità di passare ad un certo punto dalla manovra monetaria a quella politica, facilitata da tutte le cessioni di sovranità che si saranno effettuate nel frattempo, a cominciare da quella già da lui richiesta ma non recepita finora da nessuno degli Stati membri, d’un ministro del Tesoro europeo con tutte le conseguenze che un istituto del genere comporta.
In questa visione di cui Draghi è stato finora il solo protagonista, Renzi ha messo ora lo zampino, anzi ha dato una vera e propria zampata nei confronti della Germania. Ha ricordato le vicende del dissesto della Deutsche Bank, il primo istituto tedesco che fu messo sotto sequestro in tutti i Paesi europei dove c’era una sua filiale; fu salvato con l’intervento del governo tedesco ma poco dopo entrò in crisi la Dresdner Bank e infine la Commerzbank. Altrettanti dissesti hanno colpito quasi tutte le Landesbank. Insomma un Paese, la Germania, che non può certo dare lezioni in materia bancaria e dovrebbe incoraggiare la completa realizzazione dell’Unione bancaria europea ed anche della cessione di sovranità degli Stati nazionali per quanto riguarda la creazione del Tesoro europeo con un suo bilancio, un suo debito sovrano e l’emissione dei bond come tutti gli Stati hanno finora fatto.
Va rilevato tuttavia che su questo punto Renzi non è affatto d’accordo. Sulla garanzia dei depositi da parte dell’unione bancaria europea sì, la rivendica e mette in mora chi avendola già firmata ora si ritira e nega la sua adesione (Germania giovedì scorso a Bruxelles) ma oltre, verso un passo che sarebbe determinante per l’Europa federata, Renzi non va; un Tesoro unico europeo declassa i governi nazionali e il nostro premier questo non lo vuole affatto. Così come non vuole proporre una cessione di sovranità della Difesa e della politica estera europea, che farebbero dell’Ue una protagonista di quanto è ora monopolio esclusivo degli Usa e della Russia.
Mi sono permesso di incoraggiarlo più volte da queste colonne a farsi paladino dell’Europa federata attraverso questi passi fondamentali: Difesa, Politica estera, Tesoro, ministri europei con le relative cessioni di sovranità; ma Renzi ha nel cuore la sua “premiership” fortemente sovrana e non vuole in alcun modo che avvenga un declassamento degli Stati nazionali.
Comunque il passettino in favore del fondo di garanzia europeo per i depositi è stato utile. Qualcosa di positivo ogni tanto si vede.