Corriere della Sera, 20 dicembre 2015
La Xylella e il milione di ulivi del Salento: bisogna abbatterli o no?
Dunque. Un milione di ulivi pugliesi è contaminato dal batterio della Xylella fastidiosa, ma anche no. Il suddetto batterio è sbarcato in Puglia con le piante ornamentali del Costarica, ma forse non è vero. Può darsi che si sia diffuso dopo essere stato maneggiato malamente da scienziati che lo studiavano in un convegno, ma chi può dirlo? E poi sia chiaro: per bloccare l’infezione c’è solo una soluzione e cioè estirpare le piante, però non è detto. «La situazione è drammatica, il contagio sta galoppando a una velocità spaventosa» giura Giuseppe Silletti, comandante regionale della Forestale che il governo ha nominato commissario straordinario per l’emergenza Xylella. Tagliare? Gli stessi colleghi di Silletti, che stanno indagando sul caso per ordine della Procura di Lecce, dicono che il taglio sarebbe «una drastica soluzione» e che «potrebbe portare ad abbattere migliaia di piante senza che vi sia la certezza che siano infettate dal batterio».
Insomma, tutto e il contrario di tutto. Con un risultato sicuro: è davvero molto difficile, per non dire impossibile, capire cosa sta succedendo. Chi ha ragione? Che fare a questo punto degli ulivi secolari malati o presunti tali? Come condannati in attesa di grazia, gli alberi del Salento per adesso sono salvi per decreto. Nel senso che un decreto di sequestro preventivo d’urgenza, firmato dal procuratore leccese Cataldo Motta, ha congelato la situazione e ha di fatto esautorato il commissario Silletti, finito nel registro degli indagati assieme ad altre nove persone che hanno avuto a che fare con il caso Xylella fra il 2010 e oggi.
In mezzo a tutto questo – mentre gli ambientalisti esultano e le voci degli scienziati mancano – si fanno strada (soprattutto via Internet) diverse teorie complottistiche. Per esempio quella del «bioterrorismo» (insistere sulla gravità del contagio da Xylella per far passare la linea di multinazionali che vorrebbero in Puglia coltivazioni ogm) oppure quella «geoproduttiva» (strappare alla Puglia il primato della produzione di olio in favore di altre regioni o Paesi). Niente di dimostrato, ovviamente. Proprio lo stesso concetto che la procura di Lecce contesta a chi ha deciso di eradicare gli ulivi: misura che nessuno può dimostrare serva a qualcosa.
Il governo, la Regione, il Commissario Silletti, docenti dell’Università di Bari, esperti dell’Osservatorio fitosanitario della Puglia. Tutti hanno creduto il contrario fino a due giorni fa. Adesso il procuratore e i pm Roberta Ricci ed Elsa Valeria Mignone ci dicono invece che, dopo i loro accertamenti, «è un dato ormai inconfutabile che la estirpazione delle piante non sia assolutamente idonea né a contenere la diffusione dell’organismo nocivo, né a impedire la diffusione del disseccamento degli ulivi, né a contribuire in alcun modo al potenziamento delle difese immunitarie delle piante».
Perfino l’Unione Europea aveva ritenuto credibile l’epidemia catastrofica e aveva disposto misure di contenimento rigorose. Sbagliato. È lo stesso procuratore Motta chiarire che l’Europa è stata «tratta in errore con dati impropri». I magistrati salentini partono da una premessa opposta a quella che sembrava dettare legge finora: non vi è alcun «nesso causale» tra i fenomeni di disseccamento rapido e il contagio da Xylella. «Abbiamo trovato alberi non colpiti da disseccamento che sono però risultati positivi alla Xylella e alberi secchi che non sono invece contagiati», dicono. E poi il ceppo esistente in Puglia, si sarebbe geneticamente modificato nel tempo, il che potrebbe far ritenere che il batterio viva nella zona del Salento almeno da 15 o 20 anni. In pratica è tutto un altro film.
«Manca la certezza di cosa si deve combattere e di quali siano le modalità migliori per farlo» riassume il procuratore. Ecco, questo oggi è il punto più chiaro: la mancanza di certezze in un valzer di ipotesi e contro-ipotesi che va avanti da anni. Nel 2013 i primi allarmi per focolai dell’infezione nella zona di Gallipoli e da lì in poi un crescendo di notizie e smentite, di rivolte per impedire i tagli e di ordinanze per imporli. Fino a due giorni fa e al decreto di sequestro. Le certezze granitiche sull’«epidemia galoppante» sbriciolate da 58 pagine di decreto di sequestro.