Corriere della Sera, 20 dicembre 2015
Banca d’Italia e Consob saranno anche colpevoli, ma la soluzione non è affidarsi a Raffaele Cantone
La leggerezza (o forse peggio) con cui alcune banche, seppure poche e piccole, hanno venduto titoli rischiosi a clienti ignari, naturalmente suscita dubbi sull’efficacia delle Autorità preposte ai controlli: la Consob per quanto riguarda il controllo sull’informazione agli investitori, la Banca d’Italia per ciò che concerne il controllo sulla governance degli istituti di credito. La Consob, per esempio, si limita a richiedere che le banche inviino ai loro clienti informazioni dettagliate, non importa se illeggibili, soprattutto dai piccoli investitori. Diceva il grande economista Rudiger Dornbusch: «Scrivere non basta: bisogna entrare nelle banche ad “annusarle”». Quanti ispettori della Consob si sono presentati come innocui e sprovveduti investitori per vedere quali titoli venivano loro proposti?
La Banca d’Italia ha commissariato Banca Marche il 30 agosto del 2013 perché il patrimonio era sceso sotto il limite legale e nessun socio era disposto a sottoscrivere il capitale necessario per rimettere in piedi la banca (circa 400 milioni di euro). Fra quel giorno e il decreto di scioglimento, lo scorso 22 novembre, sono trascorsi 27 mesi, durante i quali il commissariamento è stato via via prorogato e la Banca d’Italia non ha né trovato un acquirente, né ha chiuso la banca. Nel novembre del 2008 la Federal Reserve e il governo di Washington salvarono Citibank impiegando 45 miliardi di dollari. Solo dodici mesi dopo Citibank era tornata in attivo e restituì allo Stato 20 miliardi. Nei due anni successivi tutto il credito fu ripagato con un utile, per i contribuenti americani, pari a 12,3 miliardi.
Salvare Citi si rivelò ex post un ottimo investimento: un rendimento del 27 per cento in tre anni. Insomma la Fed e l’amministrazione Usa in due anni hanno risolto il problema Citibank. Noi in due anni non siamo stati capaci di risolvere il problema Banca Marche.
Se il governo non si fida della Banca d’Italia e della Consob la cosa è assai grave. Ma se così stanno le cose, il problema va affrontato direttamente, non aggirato incaricando qualcun altro di occuparsene.
Raffaele Cantone è uno straordinario presidente dell’Autorità anticorruzione, come ha dimostrato quando si è occupato degli scandali di Expo, Mose e Roma Capitale. L’Italia gli deve essere riconoscente. Ma è arduo sostenere che uffici dedicati a sorvegliare gli appalti pubblici siano i più adatti a valutare la correttezza di operazioni finanziarie. Questo compito andava e va affidato alla Banca d’Italia e alla Consob.
Il controllo della finanza e la vigilanza sulle banche sono problemi complessi e delicati, che non vanno affrontati con soluzioni ad hoc. Ci vuole molta prudenza.
Mettere «una pezza» (una nuova regola, una nuova procedura) per risolvere un problema contingente può creare domani più problemi di quanti ne sembri risolvere oggi. Nel caso di operazioni finanziarie, ad esempio, distinguere fra il reato, cioè la violazione della legge, e l’inadeguatezza delle leggi stesse è spesso più facile a dirsi che a farsi.
Non dobbiamo poi scordare che la Banca d’Italia è parte del Sistema europeo delle Banche centrali: una legge che ne modificasse i compiti può essere adottata solo previa autorizzazione del Consiglio della Bce.
Il primo atto di Tony Blair, quando vinse le elezioni nel 1997, fu la riforma della Banca d’Inghilterra. La vigilanza sulle banche fu trasferita a un’altra agenzia.
Dieci anni più tardi la Gran Bretagna fu costretta a fare marcia indietro, dopo che lo scarso coordinamento fra Banca centrale a agenzia preposta alla vigilanza fu uno dei motivi della corsa agli sportelli di Northern Rock, un’importante banca scozzese.
Se il governo pensa che la vigilanza su banche e finanza sia inadeguata, si avvii una discussione istituzionale, pacata, e un eventuale processo di riforma, studiando con cura successi e fallimenti di altri Paesi. Per citare ancora Dornbusch: «Tutti i problemi difficili hanno una soluzione facile: peccato sia quasi sempre sbagliata».