La Gazzetta dello Sport, 20 dicembre 2015
Docili docili, settemila cittadini italiani, o meglio settemila cittadini veneti, hanno approvato ieri la trasformazione di Veneto Banca in una società per azioni che chiederà un miliardo al mercato e andrà in Borsa sperando in una quotazione che non polverizzi ancora di più il valore del titolo, il quale stava a 40 euro l’anno scorso, poi a 30,5 euro in aprile, quindi a 7,3 euro adesso
Docili docili, settemila cittadini italiani, o meglio settemila cittadini veneti, hanno approvato ieri la trasformazione di Veneto Banca in una società per azioni che chiederà un miliardo al mercato e andrà in Borsa sperando in una quotazione che non polverizzi ancora di più il valore del titolo, il quale stava a 40 euro l’anno scorso, poi a 30,5 euro in aprile, quindi a 7,3 euro adesso. Prezzi però tutti da verificare, perché li ha decisi a tavolino il consiglio d’amministrazione, piegandosi alle richieste di svalutazione di Bankitali e Bce, e ai pericoli rappresentati dalle indagini della magistratura. All’assemblea di ieri, radunata a Venegazzù di Volpago del Montello, provincia di Treviso (bella la foto che mostra l’infilata dei soci), è intervenuto anche il governatore del Veneto Luca Zaia, e il sottosegretario Enrico Zanetti. La vicenda di Veneto Banca - altra storia di un dissesto provocato da gestione clientelare e forse criminale - si aggiunge a quella dei quattro istituti salvati a caro prezzo nelle ultime settimane, al dissesto della cugina di territorio, Popolare di Vicenza (storia praticamente identica), ai guai della Banca di Spoleto, di Teramo e via via andando all’indietro fino al Monte dei Paschi, gigante il cui problema non è risolto, dato che non si trova un compratore o un ricapitalizzatore, insomma qualcuno che metta denari veri. E la Germania incombe, e incombono le nuove regole, e incombe la sensazione che il sistema bancario italiano, benché tutti gridino che è solido, forse non è troppo solido, forse stiamo solo assistendo ai primi movimenti tellurici.
• Tutto questo partendo da Veneto Banca? Forse stiamo esagerando? Forse, da maledetti giornalisti, rimestiamo nel torbido, inzuppiamo il pane, eccetera eccetera?
Forse. Ma stia a sentire: Veneto Banca non era quotata in Borsa, quindi il valore delle sue azioni non era stabilito dal normale meccanismo di compravendita del mercato dove ogni giorno si incontrano domanda e offerta, ma da un consesso di consiglieri d’amministrazione che tirava a indovinare, però sapendo che più alto era il prezzo fissato a tavolino più caro sarebbe stato fatto pagare l’ingresso agli aspiranti soci. Chi aspirava a diventare socio? Ma a quei prezzi, nessuno, si sarebbe detto! Senonché, se andavi a chiedere un mutuo, ti imponevano di prendere una parte dei soldi che ti prestavano e di adoperarli per comprarti azioni della banca e diventare socio. Se eri un imprenditore della zona, e magari un grande imprenditore, si faceva ancora meglio: ti prestavano un sacco di soldi, tu ti compravi un sacco di azioni e, a quel punto, ti facevano entrare in consiglio d’amministrazione. Qui potevi continuare a pompare fidi alla grande. Questo faceva Veneto Banca e questo hanno fatto in genere le popolari, contrabbandando questo sistema di truffe come “rapporto col territorio” quando non “vocazione sociale del credito”, espressioni pronunciate con un tono tale da farti sembrare santo. E infatti un gruppetto di quelli che ieri si opponevano alla trasformazione fa capo a un prete.
• Che cosa cambia adesso?
Prima vigeva la regola di una testa un voto. Adesso chi ha più azioni - cioè ha investito e rischia di più - ha più voce in capitolo. Se hai il 30% e si va in assemblea, il tuo voto vale 30 su cento. Inoltre, c’è l’obbligo di quotarsi. Niente più stime a tavolino.
• Come si sono convinti?
La Bce, cioè i tecnici di Mario Draghi, hanno fatto arrivare una lettera: o fate così e così, o mandiamo il commissario. L’assemblea dei soci di ieri, terrorizzata, ha approvato la trasformazione, l’aumento di capitale da un miliardo e la quotazione con 11.102 voti su 11.430, cioè il 97% di sì. Il governatore Luca Zaia ha annunciato l’avvio di un fondo di solidarietà a sostegno dei risparmiatori colpiti, che dovrà essere adoperato però soprattutto per le imprese che avevano in bilancio azioni della banca: dovendole svalutare, rischiano di saltare per aria. L’amministratore delegato Cristiano Carrus ha giurato che la trasformazione non comporterà perdite di posti di lavoro. Chi sa. Ha anche detto: «Le reti estere sono un bagno di sangue. Mi ritirerò da qualsiasi posto in cui questa banca non faccia utile, italiano o straniero che sia».
• Come si chiama quell’organismo di Borsa che deve vigilare? Consob? E la Banca d’Italia non deve vigilare anche lei?
Consob dovrebbe vigilare soprattutto sulle emissioni. Ci è già stato spiegato che se i prospetti informativi relativi alle obbligazioni o alle azioni fossero scritti in carattere grandi, in poche righe e con tutto quello che bisogna sapere relativamente a rischi e guadagni, nessuno comprerebbe niente. In altri termini: fermo restando che il credito è indispensabile, il sistema, almeno qui da noi, è abbastanza concepito per fregarci. Banca d’Italia ha fatto il poco che ha fatto in gran segreto, nel timore che gli italiani si facessero cattive idee e corressero a ritirare i soldi.
• Che cosa si prevede?
Il 2016 sarà un anno durissimo. I tedeschi, su questo terreno, non ci perdonano e non ci perdoneranno niente. La ristrutturazione passerà attraverso scosse terribili.