il manifesto, 19 dicembre 2015
Macri, neoliberal scatenato
Argentina in piazza contro il ritorno delle destre. A una settimana dalla vittoria su Daniel Scioli per un pugno di voti, l’imprenditore Mauricio Macri ha dato avvio a un piano di misure neoliberiste suscitando un’ondata di proteste. Già nelle sue prime 72 ore di gestione, Macri ha firmato 29 Decreti di necessità e urgenza (Dnu): il totale di quelli emessi dalla ex presidente Cristina Kirchner nei suoi otto anni di mandato. Misure per distruggere il mercato cambiario, finanziare le banche, spianare la strada alle grandi imprese e distruggere il potere d’acquisto dei lavoratori.
Macri ha abolito per decreto le restrizioni all’acquisto di dollari, imposto nel 2011 per frenare la fuga di capitali all’estero e contenere le riserve del Banco Central. Misure anticostituzionali, secondo i rappresentanti del Frente para la Victoria (Fpv), che annuncia per oggi una mobilitazione d’urgenza in parlamento. Un pacchetto neoliberista che attacca frontalmente le conquiste realizzate negli ultimi anni di kirchnerismo e promette di privatizzare servizi pubblici e istruzione.
Per prima cosa, Macri ha preso di mira l’avanzatissima legge sui media, che dà molto spazio ai media comunitari. Giovedì, il partito Nuevo Encuentro, diretto dal presidente dell’Autorità federale dei servizi della comunicazione audiovisiva (Afsca), Martin Sabbatella, ha convocato una protesta in Plaza de los Dos Congresos, di fronte al Congresso nazionale di Buenos Aires. Sul piede di guerra, organizzazioni popolari come la Campora, movimenti, sindacati e organizzazioni per i diritti umani.
In uno dei suoi primi atti pubblici, Macri ha insultato le Abuelas de Plaza de Mayo e ha garantito all’estrema destra che i responsabili degli oltre 30.000 desaparecidos durante la dittatura militare non saranno più perseguiti. Ora vuole mandare in galera Ebe de Bonafini, presidente delle Madres de Plaza de Mayo per «incitazione alla violenza». Bonafini, che non aveva risparmiato critiche anche al kirchnerismo per aver deciso di candidare l’imprenditore Daniel Scioli, ha organizzato una manifestazione contro Macri il 10 dicembre. E adesso, nonostante i suoi 87 anni, invita piqueteros e autoconvocati a ribellarsi al pacchetto neoliberista.
Senza accordo del Senato, Macri ha anche designato come magistrati della Corte suprema di giustizia (Tsj) l’ex ministro della Giustizia e Diritti umani, Horacio Daniel Rosatti e il rettore dell’Università di San Andrés, Carlos Fernando Rosenkrantz.
Nel mirino dichiarato dell’imprenditore, le nuove alleanze solidali in America latina e nei Caraibi, ora fortemente minacciate dalla vittoria delle destre in Venezuela, che si muovono nella stessa direzione. Un’onda mefitica che spera di dilagare anche in Brasile, e che preme per il golpe istituzionale contro la presidente Dilma Rousseff. Una strategia che s’inquadra nel nuovo Accordo Transpacifico (Tpp) realizzato dagli Stati uniti, attraverso il quale gli Usa tentano di riprendersi l’ex «cortile di casa». In quest’ottica, Macri ha già smontato gli accordi con l’Iran realizzati da Kirchner.
Un obiettivo che le destre hanno tentato di ottenere organizzando il tentativo di impeachment alla ex presidente, chiamandola pesantemente in causa nelle indagini per l’attentato alla mutua ebraica Amia (85 morti nel 1994). La scomparsa di Alberto Nisman, il magistrato incaricato delle indagini da Nestor Kirchner apparentemente morto suicida, ha portato in luce l’ambiguo ruolo della spia Stiuso, uomo dei servizi segreti internazionali, legati alla dittatura. Spinto da Stiuso, Nisman aveva cercato di portare in tribunale la presidente, accusandola di aver coperto la pista iraniana durante le indagini. Cristina ne aveva approfittato per accelerare l’attesa riforma dei servizi segreti, su cui Macri ha promesso di mettere le mani.
Dopo essere intervenuta ripetutamente negli affari interni del Venezuela, ora la ministra degli Esteri argentina, Susana Malcorra, si è offerta come “mediatrice” nel conflitto sulle acque dell’Esequibo, contese fra Venezuela e Guyana. La multinazionale Usa, Exxon Mobil, ha già ripreso le ispezioni per estrarre petrolio dalla seconda più grande area petrolifera del mondo non ancora esplorata: un progetto di 200 milioni di dollari che dovrebbe prolungarsi per dieci anni.