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 2015  dicembre 19 Sabato calendario

Il presidente dell’Abi Patuelli annuncia un ricorso contro le direttiva europea

 Il presidente dell’Abi Antonio Patuelli non è ancora pervaso dallo spirito natalizio, sul finire di «un mese in cui le banche che rappresento sono state gravate di oneri imprevisti e imprevedibili per 2,45 miliardi: 2,35 per i quattro salvataggi, fino a 100 milioni per costituire il fondo gestito da Raffaele Cantone. Una legnata che può riportare in passivo molti istituti che stavano per chiudere in lieve utile il primo anno dopo la crisi».
Non è che le banche non abbiano avuto le loro colpe. Cosa dice ai risparmiatori cui sono stati venduti bond subordinati con profili di rischio superiori ai loro?
«Ho grande rispetto per la magistratura: dato che in casi simili siamo i primi a pagare, chiediamo grande rigore, per motivi etici e di legittimo interesse. Quanto a singoli casi eventuali di abuso, ci sono sei tipi diversi di procedura per far valere le proprie ragioni».
Perché il settore bancario italiano fa il Pierino d’Europa anche sui nuovi salvataggi?
«Per un guazzabuglio giuridico- normativo, dove fonti del diritto non coordinate hanno partorito una legge retroattiva e che manca di norme transitorie. Questo è l’elemento decisivo che ha sconvolto i piani, insieme all’immotivato diniego non scritto della burocrazia Ue a far intervenire il Fondo tutela depositi. Avessimo potuto usare quel fondo i costi sarebbero stati molto inferiori, e spalmati su molti esercizi anziché sul 2015. La retroattività invece ha aperto il problema dei subordinati, emessi in buona parte molti anni fa quando non era noto a nessuno che dal 2016 sarebbero stati inclusi nei salvataggi».
Per questo farete ricorso?
«L’esecutivo Abi ha esaminato con l’avvocato Moavero Milanesi tutte le possibilità, non escluso il ricorso alla Corte di giustizia. Esame non concluso, anche perché attendiamo giustificativi scritti anche sul veto di Bruxelles all’uso del Fondo già deciso per esempio su Cariferrara, che così non avrebbe azzerato gli azionisti né i subordinati».
L’Italia insomma non ha colpe?
«Noto che il 13 novembre, nel recepire la Brrd, il governo ha integrato i verbali con talune osservazioni di varie Commissioni parlamentari competenti, a chiusura di un lungo processo. Tuttavia nessuno in Parlamento s’era accorto del rischio retroattività per i bond: un vuoto normativo apparso a tutti solo dopo il decreto sui salvataggi del 22 novembre. È un insegnamento per il parlamento Ue e la Commissione: le norme non possono essere retroattive, e i dinieghi vanno formalizzati. Bene ha fatto il presidente Renzi ad alzare la voce, per chiedere un’Europa diversa e smascherare l’ipocrisia dei tedeschi sul Fondo europeo di tutela depositi: la Germania non può oggi millantare che sono i suoi soldi a salvare i depositanti stranieri quando in Grecia le sue banche hanno recuperato miliardi di euro».
È vero che per anni avete fatto pressioni per facilitare il collocamento dei subordinati?
«Non da quando sono presidente dell’Abi».
La nomina del dg dell’Abi Giovanni Sabatini a capo della Federazione europea migliorerà le cose?
«Intanto è un fatto che tutte le associazioni bancarie d’Europa abbiano scelto un presidente italiano. Un riconoscimento all’Abi e al paese: siamo valutati meglio all’estero che qui. Sabatini rappresenterà le banche europee sulle regole. Spero sia il segno di un nuovo inizio, per correggere le storture».
Oggi altro bivio: l’assemblea Veneto Banca, che se non vota aumento, spa e quotazione può diventare la prima banca europea preda del bail in. Cosa farebbe se fosse azionista?
«Non lo sono, ma l’odg non mi pare un dilemma: la spa è una richiesta di legge, l’aumento è chiesto dalla Bce. Le leggi vanno rispettate, come le richieste di vigilanza».
Perché il ricco Nord Est ha tanti guai bancari?
«Ha avuto una crescita più accelerata e recente, con basi patrimoniali più gracili. È stato il nuovo capitalismo a pagare di più la crisi: è un po’ la dinamica vista sulla costa adriatica, che ha messo in crisi le banche di Marche e Abruzzo».