La Stampa, 19 dicembre 2015
Per sfilare in passerella in Francia ci vuole il certificato medico
Vuoi sfilare in passerella? Allora presenta un certificato medico. E dimostra che non sei affetta da disturbi alimentari. Sarà obbligatorio nei prossimi mesi per tutte le modelle a Parigi, una delle capitali della moda, dopo che i deputati hanno approvato delle norme anti-anoressia, nell’ambito di una legge quadro più ampia sulla sanità. Come sempre, in Francia c’è chi osa lamentarsi e dire che il Governo di Manuel Valls avrebbe dovuto fare ancora di più. Ma, in realtà, le nuove regole sono espressione di un notevole pugno di ferro sul tema.
Il certificato medico dovrà provare che «lo stato di salute della modella o modello, valutati soprattutto in riferimento all’indice di massa corporeo, è compatibile con l’esercizio della sua professione». Chi non rispetterà la normativa (sia la modella che il responsabile dell’agenzia che la fa lavorare) rischierà fino a sei mesi di carcere e 75mila euro di multa.
I medici del lavoro
Una versione precedente della legge prevedeva addirittura di fissare un indice di massa corporea minimo sotto il quale far scattare il divieto di diventare mannequin, a livello 18 in particolare. Ma il mondo della moda era insorto. E poi, tanti deputati avevano considerato più efficace e giusta l’introduzione di un certificato, che tenga conto pure di altri fattori: la morfologia della persona, l’età e il sesso, anche la sua «storia alimentare» e i cicli mestruali. Saranno i medici del lavoro a realizzare questi esami. «L’anoressia – ha sottolineato Alain Vasselle, deputato dei Repubblicani, il partito di Nicolas Sarkozy – non può essere valutata con un semplice criterio matematico».
La nuova legge comprende un’altra norma: la menzione «foto ritoccata» sarà obbligatoria nelle riviste e nelle pubblicità «ogni volta che l’apparenza corporea sarà modificata per affinarne o ingrossarne la silhouette». E così, se si ricorrerà al photoshop, bisognerà ammetterlo, per cercare di limitare la sindrome Kardashian. Sui media che infrangeranno la regola si abbatteranno multe fino a 37.500 euro (nel caso il reato venga ripetuto) o pari al 30% degli introiti pubblicitari. Inizialmente il testo, approvato dal Parlamento giovedì in tarda serata, prevedeva perfino di introdurre in Francia un nuovo reato, l’incitazione a «una magrezza eccessiva». Nel mirino dei legislatori c’erano soprattutto i siti «pro-ana», favorevoli all’anoressia, sempre più diffusi. Era addirittura prevista una pena di un anno di carcere, associata fino a 10mila euro di multa. Ma la novità era stata esclusa dal progetto di legge già a fine novembre. Contrari erano perfino i professionisti del settore dei disturbi alimentari.
Come ha sottolineato Catherine Lemorton, deputato socialista, presidente della commissione degli Affari sociali, «uno studio scientifico recente ha mostrato che gli autori dei siti web, che sarebbero stati presi di mira, sono anche loro quasi sempre interessati da disturbi alimentari».
Insomma, la repressione si sarebbe abbattuta su persone vittime della stessa malattia che si vuole combattere. In Francia sono fra i 30mila e i 40mila i soggetti colpiti da patologie come l’anoressia, la bulimia o simili. E per il 90% sono adolescenti.
I dubbi del settore
Ma siamo proprio sicuri che la nuova legge servirà a sconfiggere il problema? No, almeno secondo Pierre-François Le Louet, alla guida dello studio di tendenze Nelly Rodi e noto specialista di moda parigino. Secondo lui «non è assolutamente scontato che con un certificato medico si possano cambiare le cose». «Quello che mi disturba – ha aggiunto – è che si vuol far credere alla gente che si possa risolvere con una legge un problema così ampio, come le derive dell’immagine del corpo femminile nei media». Secondo Le Louet, «quando si mettono insieme moda e legislazione non funziona mai». E, invece, ci vorrebbe un approccio più pragmatico: «La professione dovrebbe autoregolarsi e basta. C’è già una presa di coscienza in questo senso».