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 2015  dicembre 19 Sabato calendario

Approvato all’Onu un accordo sulla Siria. Ma che fine farà Assad?

Almeno sulla carta, l’accordo per la transizione politica in Siria è stato raggiunto ieri a New York. Dovrebbe portare all’inizio delle trattative sul futuro del Paese in gennaio, e a una tregua contestuale fra le opposizioni e il regime, che consentirebbe di concentrare gli sforzi bellici contro l’Isis e gli altri gruppi terroristici come al Nusra. Il destino di Bashar al Assad non è definito nel testo, ma il presidente Obama ieri ha ribadito che «deve andare via», e il ministro degli Esteri italiano Gentiloni si è detto fiducioso che «se il processo partirà come previsto, inevitabilmente inciderà sui poteri di Assad e porterà alla sua uscita di scena».
L’incontro organizzato ieri al Palace Hotel di New York ha riunito intorno al tavolo i Paesi dell’«International Syria Support Group», che oltre all’Italia include Stati Uniti, Russia, e tutti i protagonisti regionali, come Arabia Saudita, Iran e Turchia. Lo scopo era dare seguito ai due incontri già avvenuti a Vienna, per definire una «road map» da formalizzare poi con una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
Gli ostacoli più difficili
Gli ostacoli più difficili erano tre: il destino di Assad, la definizione dei gruppi considerati terroristici, e quella degli oppositori ammessi al tavolo della trattativa. Sul primo punto la divergenza fra Stati Uniti, Arabia e Turchia da una parte, che vogliono l’uscita di scena del presidente, e Russia e Iran dall’altra, che invece vorrebbero tenerlo al potere, è rimasta irrisolta. Contrasti poi sono emersi anche sulla lista dei gruppi terroristici, stilata dalla Giordania, che alcuni Paesi ritenevano troppo ampia, e altri troppo ridotta. Sulle opposizioni ammesse al tavolo, poi, si è rischiata la rottura, perché individuarle era indispensabile prima di votare la risoluzione Onu, sulla cui base l’inviato Staffan de Mistura dovrà fare gli inviti per il negoziato.
L’accordo è stato trovato su un testo che prevede di aprire le trattative all’inizio di gennaio, fra il regime e le opposizioni. Contestualmente con l’avvio dei colloqui, dovrà entrare in vigore un cessate il fuoco, che però escluderà l’Isis e al Nusra. Tutte le parti, quindi, dovrebbero concentrare gli sforzi militari contro Isis e gli altri terroristi. Nel giro di sei mesi bisognerà costituire una «governance inclusiva e unitaria», che porterà la Siria alle elezioni tra diciotto mesi. Ieri Obama ha ribadito che «Assad ha perso la legittimità e dovrà lasciare il potere», e ha promesso di continuare a «colpire l’Isis con la massima durezza».
La Russia non ha formalmente accettato questa conclusione, ma secondo Gentiloni il processo delineato dalla risoluzione del Consiglio di Sicurezza, se si avvierà come previsto, «produrrà un cambiamento. Inciderà inevitabilmente sul potere di Assad e porterà alla sua uscita di scena». Il ministro però ha avvertito che «sarà un percorso a ostacoli», pieno di insidie. Il primo sarà chi combatterà effettivamente l’Isis, visto che sul terreno al momento ci sono solo i curdi siriani, e le forze del regime, accusate finora di aver tollerato Daesh perché la sua presenza aiutava Assad a restare aggrappato al potere.