Corriere della Sera, 19 dicembre 2015
Renzi va alla guerra dei gasdotti
«Un numero maggioritario di Paesi è a favore della posizione italiana» di verificare la corrispondenza del progetto di raddoppio del gasdotto Nord Stream rispetto agli obiettivi dell’Unione. «Solo Germania e Olanda sono contrarie e ora la palla è in mano alla Commissione». Ma non solo, il premier del Consiglio italiano è un fiume in piena al termine del Consiglio europeo, ricorda che dopo le sanzioni alla Russia per la crisi ucraina era stato cancellato il progetto del gasdotto South Stream, mentre ora «si cerca alla chetichella di far passare Nord Stream 2, nel silenzio più totale».
Un’accusa più esplicita, una sfida più aperta, non poteva esserci. Renzi solleva nel cuore dell’Europa lo strapotere del governo tedesco, del sistema Germania rispetto ad altri Paesi, mette in discussione la coerenza geopolitica e persino la legalità del raddoppio del gasdotto che bypassa i Paesi baltici, che collega Russia a Germania passando in acque internazionali, che lascia alle imprese italiane solo alcune briciole di partecipazione economica, mentre il South Stream, bloccato da Bruxelles, aveva la nostra Eni come capofila.
Il Nord Stream gode fin dal 2000 dello status di progetto prioritario nel quadro delle reti trans-europee dell’Energia. Le sanzioni economiche contro la Russia, che peraltro l’Italia vorrebbe riconsiderare, toccano solo i nuovi progetti, non incidono sui vecchi. L’Italia è presente nel progetto fra gli altri con Saipem, che ha posato i tubi in mare, e Snamprogetti, responsabile della parte ingegneristica di progettazione, ma il ritorno economico, commerciale e geopolitico dell’operazione ci vede comunque in perdita. A presiedere il board di Nord Stream è l’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder, della Spd, il partito dell’attuale ministro dell’economia e grande sostenitore del gasdotto, Sigmar Gabriel.
La sfida di Renzi alla Merkel è tanto più pesante perché in sostanza chiede alla Commissione di verificare la legittimità del progetto in base ai parametri europei che impongono fra gli altri l’imperativo di una diversificazione delle rotte e delle fonti e la parità di accesso di tutti i Paesi membri. E a suo dire, Renzi, ha trovato molti Paesi disponibili a sostenere gli interrogativi italiani, «praticamente tutti, tranne Germania ed Olanda».
È un caso classico di «peso» degli Stati e delle relazioni internazionali e diplomatiche, ed è uno dei punti nevralgici della nuova offensiva che Renzi ha deciso di cavalcare contro il sistema di equilibri di poteri dentro la Ue. In sostanza, a giudizio di Palazzo Chigi, si «sta chiudendo un occhio», per compiacere Berlino, su troppe questioni tecniche e legali, quando invece al progetto South Stream, che per anni è stato portato avanti dall’Italia, sono state fatte le pulci.
La notizia di un incontro a breve fra Renzi e la Merkel significa che la questione verrà discussa anche a quattr’occhi e non è detto, secondo indiscrezioni, che il progetto italiano sia di bloccare tout court il Nord Stream, ma forse di pretendere una partecipazione economica di peso diverso.
Il progetto odierno di raddoppio, vede al momento capofila Gazprom con il 50% del consorzio e la restante metà divisa in parti uguali tra le tedesche E.On e Basf, l’austriaca Omv, la francese Engie e l’olandese Shell. L’effetto immediato di Nord Stream è l’indebolimento dell’Ucraina quale Paese di transito del gas russo verso l’Europa. Dato che la Ue sostiene l’Ucraina è una prima contraddizione politica.
La seconda l’ha messa in luce il presidente Ue, il polacco Tusk, che esprime anche l’opinione dei Paesi baltici e di molti Paesi dell’Est europeo. Il gasdotto aumenta la dipendenza energetica dalla Russia, ha detto: «La Commissione dovrà fare una valutazione legale della concentrazione dell’80% delle forniture da una sola rotta, se il progetto portasse a una posizione dominante di Gazprom nel mercato del gas tedesco con una quota del 60%: per me Nord Stream non aiuta la diversificazione delle rotte».