Corriere della Sera, 19 dicembre 2015
Gli abbracci, i baci, le urla di Di Battista: la giornata di Maria Elena Boschi alla Camera
Uno tra i primi ad uscire dall’emiciclo di Montecitorio è Francesco Bonifazi, il tesoriere del Pd.
Barbone alla moda, cravatta abolita. In compenso: camicia bianca aperta fino al terzo bottone, petto villoso, colletto portato alla Robespierre, una padella di orologio prezioso al polso.
Ferma il cronista di un’agenzia di stampa e, con tono euforico, gli fa: «Allora, dimmelo tu: com’è andata?».
E quello, pronto: «Molto bene, direi».
«Nooo… Me lo devi dire meglio: com’è andata, eh?» (gli appoggia le mani sulle spalle e avvicina il viso).
«Benissimo! È andata benissimo!».
Il ministro Maria Elena Boschi ha parlato 18 minuti esatti e sempre a braccio. Non era facile. Adesso in Transatlantico tutti riflettono sulla spaventosa capacità di ricordare a memoria il numero delle azioni di Banca Etruria possedute da ciascun componente della sua famiglia e con spavalderia politica citare poi date, fatti, circostanze, calcolando plusvalenze, minusvalenze, interessi fino ai decimali e lì, dopo i decimali, teorema di innocenza, attaccare con i sentimenti, con massicce dosi di affetto per il padre.
Aula non troppo piena, ma in rispettoso silenzio (lieve brusio solo quando Bonifazi, qualche minuto prima che la seduta avesse inizio, ha girato intorno agli scranni riservati al governo, s’è chinato e le ha dato un bacino sulla guancia).
Ministri tutti schierati (al centro, la poltrona vuota di Matteo Renzi).
Come nota l’ Huffington Post, decine di deputate in nero: Marta Grande, Elisa Simoni, Silvia Fregolent, Renata Polverini, Mariastella Gelmini e altre.
Ecco, la Gelmini. «Al momento del voto, noi di Forza Italia usciremo dall’Aula. Non condividiamo la richiesta di sfiducia individuale». Renato Brunetta la osserva torvo. Non si fida più di nessuno. Sa perfettamente d’essere il capogruppo di un gruppo dilaniato, rissoso, ribelle. Non si capisce se davvero Elio Vito stia raccogliendo un po’ di firme per fargli le scarpe, ma è chiaro che questa faccenda della Boschi è l’ultimo dei problemi di FI.
Per Rosanna Scopelliti, invece, è il primo.
Figlia di Antonino, il giudice ucciso dalla ‘ndrangheta del 1991, fu eletta con il Pdl, poi è passata con Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano: però domenica scorsa era in prima fila alla Leopolda e poco fa ha preso la parola esibendosi in un’arringa difensiva nei confronti della Boschi così appassionata – «Signori, ma di cosa stiamo parlando?» – che Ettore Rosato, il capogruppo del Pd, s’è voltato e ha chiesto a uno dei suoi: «Oh, ma questa è già passata con noi?».
Di ritorno dalla buvette, ecco Fabrizio Cicchitto e Ignazio La Russa: ne hanno viste talmente tante – frequentarono Palazzo Grazioli a lungo e ben prima che il Cavaliere si fidanzasse con Francesca Pascale – che ormai non si meravigliano più di niente. Quelli di Sel invece sono un po’ mogi perché si ritroveranno a votare a favore della sfiducia chiesta dai grillini insieme a Lega Nord e a Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.
«Mi si appiccicano le scarpe con tutto questo miele…».
Ironica.
«Ma li sente? Ripetono che la Boschi è stata convincente…».
Ha detto che se il padre ha sbagliato, è giusto che paghi.
«Guardi che qui dovrebbe pagare tutto il governo. Ma, stranamente, i grillini chiedono che ad essere sfiduciata sia solo la Boschi. Non sarà che…».
Cosa?
«Che tra Pd e M5S è nato un Pattino del Nazareno? Eleggono insieme tre giudici per la Corte Costituzionale e poi, guarda caso, in questo pasticcio enorme delle banche fallite, ai grillini sembra che l’unica colpevole sia la Boschi mentre Renzi gli appare come un angioletto… Curioso, no?».
Rientriamo nell’emiciclo.
Dalla tributata riservata alla stampa, lo sguardo scorre proprio sui ranghi grillini.
C’è fermento. Un miscuglio forte di eccitazione e allegria.
Sta per prendere la parola Alessandro Di Battista. O meglio: sta per cominciare ad urlare.
«Ma chi pensate di prendere in giro?». «Qui c’è un conflitto di interessi grande come una banca!». I suoi lo ascoltano a bocca spalancata (una scena di adorazione che Luigi Di Maio, l’altro aspirante generale del M5S, si è risparmiato: andato via all’inglese, passetto dopo passetto, sparito come un fantasmino).
Bonifazi e Carbone (nel Pd fanno coppia fissa anche quando vanno a prendere gli aperitivi chicchettosi all’hotel Locarno) ascoltano in piedi. Braccia conserte e gambe larghe. Nervosetti.
Carbone tira fuori l’iPhone e va su Twitter. «I grillini figli dei fascisti fanno la morale a noi?» (il padre di Di Battista, in effetti, confessò d’essere un fervente camerata). «Adesso abbiamo capito perché la De Filippi non lo prese ad Amici» (ai tempi del provino, Dibba era però mezzo disoccupato, a parte qualche lavoretto come cooperatore sulle Ande).
Dettagli.
Deve pensarlo anche la Boschi. Che, intanto, ha messo su un sorriso dei suoi.