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 2015  dicembre 19 Sabato calendario

Nell’antologia che raccoglie le frasi celebri di Matteo Renzi, si deve adesso aggiungere questa: «Non potete raccontarci che state donando il sangue all’Europa, cara Angela»

Nell’antologia che raccoglie le frasi celebri di Matteo Renzi, si deve adesso aggiungere questa: «Non potete raccontarci che state donando il sangue all’Europa, cara Angela».

L’Angela in questione, suppongo, è la Merkel.
Naturalmente. Renzi la attacca da parecchi giorni. In modo anche nuovo. Per esempio, ha detto qualcosa relativamente a un punto che tutti conoscono ma che nessuno osa mettere nei discorsi ufficiali, e cioè la storia dell’Europa a guida tedesca. L’altro giorno, durante la riunione del Partito socialista europeo, Renzi se n’è uscito con l’esortazione ai compagni socialisti di contestare l’attuale Europa a guida tedesca e l’ossessione germanica per l’austerità. Ha aggiunto qualcosa come: mentre i tedeschi ci impongono le sanzioni contro la Russia, le loro aziende continuano a fare affari con Putin. Poi s’è lasciato intervistare da una televisione inglese e s’è detto d’accordo con Cameron, uno che, si sospetta, ha in mente di uscire dall’Unione col sistema di far votare un referendum. «Penso che la Ue sia il futuro e non il passato. È assolutamente importante che cambi. Possiamo discutere su singoli punti, ma deve cambiare». La Merkel non s’è lasciata prendere a sberle senza reagire e ha a sua volta accusato l’Italia di barare sui migranti (annuncio di procedura d’infrazione), ripetendo che le sanzioni alla Russia, in scadenza il 31 dicembre, andavano rinnovate (e sono state rinnovate fino al 31 luglio), che mettere una garanzia europea sui depositi bancari è fuori discussione eccetera.  

Origine di queste tensioni? Perché in politica nulla accade per caso...
Renzi è piuttosto furibondo perché l’Unione europea non ha approvato la legge di stabilità in discussione adesso in Parlamento (il Senato dovrebbe finire di vararla subito dopo Natale). È vero che non l’ha nemmeno bocciata: s’è limitata a dire che giudicherà in primavera. Ora, in questa legge di stabilità Renzi vuole allargare il deficit, avvicinandosi al famoso 3% e sbloccando per l’Italia un pacchetto di miliardi con i quali comprare un minimo di consenso. Se in primavera la Ue dovesse dirgli di no, sarebbe un guaio: bisognerebbe mettere altre tasse o rinunciare a parecchie erogazioni. C’è poi stata la faccenda delle quattro banche: la Ue, condizionata dalla Germania, non ha voluto che al salvataggio di Banca Etruria, Carichieti eccetera si provvedesse con i soldi del Fondo interbancario, sostenendo che quello sarebbe stato aiuto di Stato. Il Fondo interbancario raccoglie denaro delle banche, cioè denaro privato, quindi la posizione tedesco-europea, se non è incomprensibile, è perlomeno molto lunga da spiegare. Renzi avrebbe potuto andare avanti lo stesso e contestare la procedura d’infrazione, ma evidentemente il nostro presidente del Consiglio ha deciso di aprire una controprocedura di rottamazione o di pseudorottamazione con l’Europa, e quindi ha accolto di fatto il no europeo al Fondo interbancario e ha cominciato però a gridar forte. Ieri s’è concluso il vertice dei capi di stato e di governo dell’Europa e le bordate di Renzi si sono sentite. Culmine: la frase riferita all’inizio.  

Com’andata?
Al primo punto c’era la questione delle banche europee, detta, per ora impropriamente, questione dell’“unione bancaria”. I primi due passi sono stati fatti, e cioè abbiamo una sorveglianza bancaria unica e uguale per tutti, e un criterio condiviso per risolvere la crisi di un istituto: se si vuole salvare una banca fallita con denaro pubblico, bisogna prima azzerare il valore di azioni e obbligazioni secondarie e rasare poi i depositi nella parte eccedente i centomila euro. Questo dal prossimo 1° gennaio gennaio. L’Italia dice che il sì a queste regole venne dato in cambio della promessa che poi si sarebbe messo in piedi un terzo pilastro: la garanzia europea sui depositi. Merkel nega che questa promessa sia stata fatta, e, sostenuta dalla Bundesbank, non intende minimamente mettere a rischio il portafoglio dei suoi elettori per salvare banche del Sud (la posizione italiana è condivisa da Hollande). Il vertice di ieri non ha minimamente spostato le posizioni di nessuno dei contendenti. Renzi ha commentato: «Non ho attaccato la Germania. Ho solo fatto delle domande [...] Dobbiamo uscire da questa cultura della subalternità».  

Altri punti di contrasto?
La questione dei migranti e la politica dell’energia. Questione dei migranti: Merkel continua ad accusarci di barare sulla nazionalità dei migranti per scaricarli poi sui paesi nordici. E dice che non ci stiamo sbrigando a preparare i centri d’accoglienza detti “hotspot”, posti dove si deve procedere all’identificazione di ognuno prima dello smistamento. Renzi ha risposto: «i numeri della relocation sono inaccettabili». “Relocation”, cioè redistribuzione dei migranti che sbarcano da noi o in Grecia. Renzi: «Siamo al 50% degli hotspot e allo 0,2% della relocation». Il nostro premier contesta anche i tre miliardi da dare alla Turchia, con contributi anche nostri, e che servirebbero ad evitare l’arrivo di due milioni di siriani soprattutto in Germania.  

In che consiste il contrasto sull’energia, che mi giunge completamente nuovo?
La Ue a trazione tedesca ha bloccato il gasdotto South Stream che avrebbe trasportato il metano russo attraverso i Balcani e l’Italia. Ma lascia che si faccia il gasdotto North Stream, che passerà invece per la Germania. Undici miliardi di investimenti a favore di Berlino, alla faccia delle sanzioni contro Putin.