Panorama, 17 dicembre 2015
I tre mutui del signor Matteo Renzi
È forse il retroscena più odioso dello scandalo bancario che ha spazzato via centinaia di milioni di risparmi: per avere un mutuo, moltissimi clienti sono stati obbligati dalle banche finite sotto inchiesta a sottoscrivere obbligazioni o azioni diventati spazzatura. È stata questa un’altra delle circostanze che, l’11 dicembre 2015, ha spinto il presidente del Consiglio Matteo Renzi al contrattacco: «La riforma del sistema del credito è quanto mai urgente» ha detto. Innegabile. L’accesso ai prestiti è ormai una piramide rovesciata: a pochi viene dato troppo e a molti troppo poco.
Ma nella punta di questo triangolo c’è certamente il premier. Con lui gli istituti di credito sono sempre stati decisamente prodighi. Il presidente del Consiglio, negli ultimi otto anni, ha beneficiato di tre sostanziosi mutui, nonostante i suoi redditi spesso non giustificassero tale generosità. Ma Renzi ha avuto sempre la fortuna di incontrare banche ben disposte, forse anche perché vi lavoravano amici e parenti. A partire dal primo cugino di «babbo Tiziano», Renzo Renzi: praticamente uno «zio» per Matteo. Ma, incidentalmente, anche dirigente della Cassa di risparmio di Firenze: l’istituto che nel 2004 e nel 2009 darà al futuro premier due mutui sulla stessa proprietà per complessivi 460 mila euro. Il primo viene stipulato qualche mese dopo l’elezione di Renzi alla guida della Provincia di Firenze. Nell’ottobre 2004, assieme alla moglie Agnese Landini, Matteo compra la villa di Pontassieve che diventa la residenza di famiglia.
La casa, in cima a una collina, è tra le più belle del paese: due piani, color crema, circondata da mille metri di terreno. Viene acquistata per 660 mila euro. Più della metà, 410 mila euro, è pagata con assegni e bonifici. Il resto è saldato grazie a un mutuo ventennale di 300 mila euro. A garanzia, viene iscritta sull’immobile un’ipoteca di 600 mila euro. Tasso medio del tre per cento: rata di circa 1.600 euro al mese. Il 4 ottobre 2004, nello studio del notaio Francesco Steidl, a Bagno a Ripoli, Matteo Renzi si trova davanti Renzo Renzi, anche lui nato a Rignano sull’Arno. L’atto numero 45.178 spiega che costui, direttore di filiale, «interviene al presente contratto in rappresentanza della Cassa di risparmio di Firenze». Un contratto di mutuo tra parenti, quindi: una prassi che presta il fianco a un’accusa di conflitto d’interesse. Ma questo non turba l’attuale presidente del Consiglio. Il quale, peraltro, il 9 gennaio 2006 affida proprio all’istituto fiorentino il servizio di tesoreria della Provincia che guida da presidente.
Il prestito viene forse utilizzato in parte (ci sono 50 mila euro in eccesso rispetto al prezzo) per la ristrutturazione della villa di Pontassieve, che comincia nel dicembre 2004. I lavori sono affidati alla Coam di Andrea Bacci, amico del Rottamatore in quel momento ancora in nuce: come rivelato da Panorama nell’aprile 2015, durano un anno e mezzo. Due mesi più tardi, il 21 settembre 2006, l’impreditore viene nominato da Renzi, presidente della Provincia, quale amministratore delegato della Florence multimedia, una società che svolge attività di comunicazione proprio per l’amministrazione provinciale.
Sono gli anni in cui il futuro premier comincia la sua ascesa. Nel giugno 2009 viene eletto sindaco di Firenze. Si affaccia sulla scena politica nazionale. E, parallelamente ai suoi successi, prosegue pure la buona stella creditizia. Qualche tempo dopo, il 13 novembre 2009, Renzi prende in affitto una casa nel capoluogo, in via Vincenzo Malechini, per 900 euro al mese.
Eppure, poco più tardi, il 22 dicembre 2009, i Renzi accendono un altro mutuo. Bussano nuovamente alle porte della Cassa di risparmio di Firenze. E a rispondere, ancora una volta, è lo «zio» Renzo. È sempre lui a presentarsi per la seconda volta di fronte al notaio Steidl, «quale parte mutuante» e in rappresentanza dell’istituto, «in virtù di procura rilasciatagli». Il dirigente concede dunque alla coppia un nuovo credito per la casa di Pontassieve: altri 160 mila euro, da rimborsare in 25 anni.
L’atto numero 57.571 non chiarisce la finalità del prestito. Ma spiega che, «a garanzia del capitale mutuato», viene iscritta sull’immobile un’ulteriore ipoteca per 320 mila euro. Un’ipoteca di secondo grado, insomma: una garanzia accettata di rado dalle banche. Il contratto dettaglia anche il «tasso nominale annuo» ottenuto dai coniugi è il 2,066 annuo. Una rata di 800 euro, più o meno. Che si aggiunge, quindi, ai 2.500 euro al mese pagati per il primo mutuo e l’affitto della casa fiorentina.
È un credito che difficilmente sarebbe stato concesso a un normale cittadino. La regola infatti è che l’importo dei prestiti di solito non possa superare un terzo dello stipendio. Per l’allora sindaco, però, viene fatta un’eccezione. Tra mutui e affitto, ogni mese Renzi in quel momento sborsa circa 3.300 euro. Cioè la quasi totalità del suo reddito fisso, poco più di 4 mila euro. Per di più con tre figli da mantenere e con la moglie insegnante, precaria senza reddito fisso. Forse anche per questo Renzi paga la pigione del pied à terre solo fino al marzo 2011. Dopo quella data, accetta l’ospitalità dell’amico Marco Carrai: l’imprenditore gli mette gratuitamente a disposizione un attico, sempre nel centro di Firenze, che Renzi lascerà a gennaio 2014.
Ma l’alleggerimento debitorio dura poco. L’anno seguente, il 6 novembre 2012, il futuro presidente del Consiglio si carica un altro cospicuo mutuo venticinquennale. È il terzo ottenuto in meno di otto anni. La rata mensile, stavolta, è di 1.850 euro. Sommati ai 2.500 euro pagati per la casa di Pontassieve, si arriva a quasi 4.300 euro. Curiosamente, quasi lo stesso stipendio percepito da Renzi: «Da sindaco prendo 4.300 euro netti. Mia moglie è insegnante precaria: insieme raggiungiamo 5.500 euro al mese» assicurava al settimanale Oggi il 20 novembre 2012, proprio pochi giorni dopo aver stipulato l’ennesimo mutuo.
Il 6 novembre 2012, quindi, il sindaco di Firenze contrae il suo terzo mutuo. Assieme al fratello Samuele e alle due sorelle, Matilde e Benedetta, compra la villa in cui i genitori vivono a Torri, qualche chilometro da Rignano sull’Arno. A cedere l’immobile è la madre: Laura Bovoli. Il 27 ottobre 2005 la donna aveva già acceso sulla casa un mutuo di nove anni da 900 mila euro con la Banca di credito cooperativo di Signa. Eppure aveva appena comprato l’immobile, di cui era comproprietaria, a un prezzo sei volte inferiore: 152 mila euro. L’istituto di Signa, nel 2005, è guidato da Domizio Moretti, nominato sette mesi prima a capo dell’Agenzia fiorentina per l’energia dalla giunta di Matteo Renzi, all’epoca presidente della Provincia.
Nel 2012, però, sulla casa dei genitori del futuro premier viene acceso un altro mutuo, ancora maggiore: 1,3 milioni di euro. Lo elargiscono due casse cooperative, ognuna per 650 mila euro: alla Banca di credito cooperativo di Signa si affianca quella di Impruneta, che annovera tra i soci l’inseparabile amico Carrai. L’atto viene firmato a Firenze, nello studio del notaio Caludio Barnini, tra la «parte venditrice Bovoli Laura» e «la parte acquirente Renzi Tiziano». Il documento, numero di repertorio 187.969, spiega l’arcano. Il «babbo» di Renzi figura «nella sua qualità di procuratore speciale» dei quattro figli. Che, nell’occasione, si tengono lontani dallo studio notarile. A partire dal figlio più illustre: Matteo. La mattina del 9 ottobre 2012 il notaio Barnini va a Palazzo Vecchio, sede del Comune, per fargli firmare una delega: «Affinché in suo nome, conto e vece acquisti per un prezzo non superiore a 325 mila euro».
Ogni figlio di Tiziano compra quindi un quarto della casa. Ma non ne avrà disponibilità, né potrà venderlo. «La signora Bovoli Laura si riserva l’usufrutto generale vitalizio in ragione della quota di dieci centesimi» dettaglia l’atto. Un diritto che, ovviamente, riduce il valore dell’abitazione, che le agenzie della zona fissano sotto gli 800 mila euro.
Ai fratelli Renzi viene concesso, invece, un mutuo venticinquennale del 60 per cento in più: 1,3 milioni di euro. Ai normali cittadini capita il contrario: di rado viene riconosciuto più dell’80 per cento del valore immobilare. Ma il singolare trattamento non si riduce all’importo. Sulla villa pende già un’ipoteca da 1,8 milioni di euro per il mutuo acceso dalla madre. E, dunque, i due istituti iscrivono un’ulteriore ipoteca da 2,6 milioni di euro. Per la seconda volta in tre anni, quindi, le banche accordano un’altra garanzia di secondo grado a Matteo Renzi. Il premier diventa così perfetta esemplificazione di una delle sue priorità: favorire l’accesso al credito. A partire, appunto, dal suo.