Sette, 18 dicembre 2015
Bassolino parla di Napoli, della sua candidatura, del Pd e delle sue scelte
Un tuffo a bomba nello stagno delle primarie democratiche. Splash. Antonio Bassolino, 68 anni, ex sindaco di Napoli, ex presidente della Regione Campania, ex ministro del Lavoro del governo D’Alema, è rientrato fragorosamente nel dibattito piddì, imponendo la sua presenza alle comunali partenopee. Dopo un quinquennio di riposo, è tornato nello zoo politico, ma ha trovato parecchie resistenze. «Vengo anch’io». «No, tu no». Appena ha annunciato la sua candidatura, dalle stanze della segreteria del Pd si è alzato un grido di dolore. Debora Serracchiani ha proposto di impedire agli ex sindaci di tornare dove hanno già governato. Bassolino non è arretrato.
Prima di cominciare a parlare tira fuori dalla tasca della giacca un ritaglio di giornale. È del 21 ottobre. Lo sventola. «Vede? Qui Renzi dice che non vuole cambiare le regole delle primarie. Non credo che smentirà se stesso con un provvedimento contra personam». Aggiunge: «Oggi il Partito democratico a Napoli è quarto. Io posso vincere».
Lo incontro nella sede della Fondazione Sudd. Nei corridoi una fotogallery amarcord: Andy Warhol accanto alla prima pagina del Mattino col titolo post terremoto «Fate presto», Berlinguer tra le macerie, la gigantografia del golfo di Napoli anni Novanta. Sul tavolo, le foto dei nipoti. Quando per sbaglio gli prospetto l’uscita dell’intervista per venerdì 17 dicembre, entra in agitazione: «Ma siamo sicuri? Non è meglio rimandare al 24?». Controlla il calendario: il 17 è giovedì, l’intervista esce il 18. Sospiro di sollievo. Riprende ad argomentare. Ogni tanto urla come se avesse davanti diecimila persone: «Il Pd sta perdendo tempooooo. De Magistris ha già organizzato nove listeeeee. Il Movimento 5 Stelle è in perenne campagna elettoraleeeeee». Domando: perché urla? Replica: «La concitazione aiuta a sconfiggere l’antica balbuzie». Bassolino ha sempre l’iPad tra le mani. Digita velocemente: appunti, messaggi… Se nel 1993 il suo slogan era “Passo dopo passo”, ora è “Post dopo post”. È pronto per una campagna elettorale digital-local: «Scrivo su Facebook due volte al giorno, però mi vedrete in piedi su una sedia a parlare con i cittadini agli angoli delle strade, o nelle piccole piazze napoletane».
Bassolino, ma chi glielo fa fare?
«È la stessa domanda che mi ha fatto Massimo D’Alema».
La sua risposta?
«Ha visto come è ridotta Napoli?».
Il sindaco Luigi De Magistris non sta facendo un buon lavoro?
«Ha qualche merito: la lotta alla criminalità e il proseguimento dei lavori della metropolitana. Ma ha isolato la città dal resto del Paese. Lui dovrebbe dialogare col governo, invece dice che Napoli è de-renzizzata. E poi mettiamola così: se De Magistris avesse fatto un buon lavoro alle amministrative di primavera verrebbe riconfermato senza troppe storie. Invece…».
I sondaggi dicono che il Pd rischia di perdere sia Napoli sia Roma.
«Renzi, che è molto intelligente e molto abile, sa bene che rischia di essere sconfitto in molte città e cerca di far capire sin da ora che queste elezioni non lo toccano, non lo chiamano in causa. In realtà, quando si vota contemporaneamente a Napoli, Roma, Bologna, Milano e Torino, il valore politico della tornata elettorale è enorme».
Se lei dovesse fare una previsione…?
«A Torino e a Bologna se i candidati del Pd non vincono al primo turno si rischia un inciampo. A Roma la situazione è talmente grave che il M5S potrebbe conseguire una vittoria preterintenzionale, cioè con un candidato nemmeno troppo competitivo».
A Napoli…
«Senza le primarie il Pd non arriva al ballottaggio. Renzi è consapevole della situazione, ma in un momento così delicato, con la crisi internazionale in corso, non ha neppure il tempo tecnico di occuparsene. Se vuole andare avanti deve rafforzare la squadra di governo e quella del Nazareno».
Come?
«Un esempio: Giuliano Pisapia è stato un ottimo sindaco, ma non si vuole ricandidare. E allora diamogli un ruolo importante nel governo. Un partito come il Pd che ha preso il 40% alle Europee deve avere almeno dieci volti pesanti, riconoscibili, nel governo».
Si sta autocandidando?
«No, io non sono nemmeno in un direttivo di sezione. Ma se oggi succede una tragedia nel rione Sanità, o in un qualsiasi quartiere del Meridione, e c’è un funerale difficile da gestire, Renzi chi ci manda?».
Ha in mente qualche nome?
«Fossi stato in Renzi mi sarei portato nel governo anche uno come Michele Emiliano».
Lei nel 1999 venne chiamato al governo da D’Alema mentre era ancora sindaco.
«C’è ancora chi me lo rinfaccia».
Ora c’è chi le rinfaccia i molti processi in cui è stato coinvolto.
«Ne esco immacolato».
Dovrà risarcire la Pubblica Amministrazione per danni erariali. E il suo nome è legato allo scempio del 2008: lei era presidente di Regione quando Napoli venne sommersa dall’immondizia.
«Cessai l’incarico di commissario straordinario per l’emergenza rifiuti nel 2004. E se ora va meglio è anche per la mia insistenza nel voler costruire il termovalorizzatore di Acerra».
Non pensa che l’insistenza di Serracchiani nel voler evitare la sua candidatura sia dovuta al fatto che lei ha già governato il territorio, tra Napoli e la Campania, per 17 anni senza risolvere i problemi della città e della Regione?
«Dicono che ho problemi di rapporti politici con la città. Beh, lo lascerei decidere ai cittadini napoletani».
Dicono anche: «Largo ai giovani».
«Ben vengano. Auspico che si facciano avanti candidati significativi».
Perché non fa come Francesco Rutelli che ha messo a disposizione dei romani la sua fondazione e il suo know-how? Lei potrebbe mettere Sudd a disposizione di un candidato giovane come Gennaro Migliore.
«È tardi. Sono stato a disposizione per diversi mesi e nessuno ha bussato alla mia porta. E comunque Rutelli dopo essere stato sindaco dal 1993 al 2001 si è ricandidato nel 2008. Stesso discorso per Leoluca Orlando e per Enzo Bianco. Perché io non posso? Sono competitivo e il Pd entra in partita solo con primarie competitive. Dobbiamo coinvolgere la cittadinanza».
Pensa di avere un buon rapporto con i napoletani?
«Ricevo decine e decine di messaggi privati ogni giorno su Facebook. Anche da parte di persone che non ho mai visto. I social-network hanno influito sulla mia decisione di candidarmi. E ha influito anche il fatto che sette persone su dieci di quelle che incontro quando corro, mi chiamano ancora sindaco».
Lei corre?
«Quasi tutti i giorni. L’anno scorso ho fatto la Maratona di Firenze».
Boccheggiando?
«Neanche troppo. Ho tagliato il traguardo in cinque ore e cinque minuti».
A cena col nemico?
«Con Silvio Berlusconi, che è stato un avversario, non un nemico. Il Cavaliere mi ha invitato più volte, sia ad Arcore sia in Sardegna. In realtà siamo finiti alla stessa tavola solo una volta».
Quando?
«Alla fine del G8 di Napoli del 1994. Lui era al massimo della sua popolarità ed era felice come un bambino. Lo invitai in una pizzeria di Mergellina. C’era anche Pino Tatarella».
Lei ha un clan di amici?
«No. Tra il 2009 e il 2010 sono rimasto solo».
In che senso?
«Mi aspettavo che gli amici del partito dicessero: “Fiducia nella giustizia e fiducia in Bassolino”. Invece, da veri opportunisti sono spariti tutti. Mi hanno ferito».
Fuori i nomi di chi le ha voltato le spalle.
«L’elenco è lungo. Solo Massimo D’Alema, con cui sono stato spesso in contrasto, mi ha chiamato».
Qual è l’errore più grande che ha fatto?
«Ripresentarmi alle Regionali del 2005. Finito il secondo mandato, nel periodo di massima solitudine, sono stato anche male fisicamente».
Fisicamente?
«Ho avuto una brutta emorragia gastrica».
È vero che qualche anno fa ha rischiato anche di perdere la voce?
«Sì, nel 2003. Mi operai alla gola. Il chirurgo mi disse che avevo il 50% di possibilità di restare muto. È andata bene. Ho smesso di fumare».
La scelta che le ha cambiato la vita?
«Candidarmi a Napoli nel 1993».
L’alternativa qual era?
«Restare a Roma. Ero uno dei cinque dirigenti principali della Segreteria del Pds. Sarei stato eletto in Parlamento e avrei fatto una vita più comoda».
Il film preferito?
«Le mani sulla città di Francesco Rosi».
La canzone?
«O surdato ‘nammurato, possibilmente cantata allo stadio dopo un gol di Insigne».
Sul palco, per chiudere la campagna elettorale, vorrebbe Edoardo Bennato o Gigi D’Alessio?
«Bennato, Bennato».
Il libro?
«Cent’anni di solitudine di Gabriel García Márquez. Il realismo magico: Napoli è un po’ Macondo».
L’articolo 3 della Costituzione?
«È quello che impegna le istituzioni a rimuovere le disuguaglianze sociali».
I confini della Siria?
«Iraq, Libano…».
Sa quanto costa un pacco di pasta?
«Nel 1993, quando il mio avversario alle comunali era Alessandra Mussolini mi preparai sul prezzo di molti prodotti di uso comune…».
Nel 2015…
«Credo che la pasta costi circa un euro. Ma ammetto che devo un po’ ripassare».