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 2015  dicembre 18 Venerdì calendario

I cinesi amano il vino, ma di bassa qualità

La Cina è il nuovo gigante mondiale del vino. Dopo essere diventata il secondo produttore del pianeta, sarà il paese dove se ne berrà di più al mondo nel 2027, secondo le previsioni del gruppo francese Coface. E i produttori cinesi, per imporsi, faranno una concorrenza spietata a quelli europei.
Nel 2027 la Cina sorpasserà i paesi di testa nella classifica dei produttori: Francia, Italia, Germania e Stati Uniti, ma la qualità del suo vino resterà alquanto bassa.
Con il raddoppio del consumo, intorno ai 30 milioni di ettolitri (circa 2 litri per abitante all’anno, contro più di 40 litri a testa ogni anno in Francia) la Cina è a ridosso, gomito a gomito, con gli Stati Uniti. La Cina è al quinto posto nella classifica mondiale di consumo di vino con 16 milioni di ettolitri nel 2014.
Attualmente gli Usa, insieme a Francia, Italia e Germania si spartiscono quasi la metà del consumo mondiale di vino, secondo i dati dell’organizzazione internazionale della vigna e del vino (Oiv).
Tre fattori spiegano questa crescita esponenziale. Il primo è demografico. L’urbanizzazione in Cina continua a crescere insieme al miglioramento della qualità della vita, secondo gli esperti di Coface, e attualmente il 56% dei cinesi vive in città. Nel 2027 la percentuale salirà quasi all’80% come in Europa e negli Stati Uniti.
La seconda ragione è economica. In Cina esiste una classe media sempre più numerosa che può permettersi il vino, che resta un prodotto relativamente caro quando corrisponde agli standard internazionali.
La terza ragione, la più inattesa, è culturale. Il consumo di vino, soprattutto rosso, è assimilata in Cina a un fattore positivo per la salute, specialmente per la frequenza cardiaca.
Per rispondere a questo entusiasmo, la Cina ha piantato vigneti in enorme estensione, al punto da diventare l’anno scorso il secondo produttore del mondo, dietro la Spagna, ma davanti alla Francia, con all’incirca 800 mila ettari coltivati, all’incirca l’11% della superficie mondiale contro il 4% quale era quella di dieci anni fa nel paese.
Resta il fatto che la Cina non produce abbastanza vino di qualità per soddisfare la sete galoppante dei propri abitanti. La produzione si attesta intorno ai 11,2 milioni di ettolitri nel 2014 e dunque la Cina ha importato all’incirca 5 milioni di ettolitri.
La qualità del vino cinese migliora ma i viticoltori miscelano la loro produzione locale con quella di importazione sciolta. Inoltre, la grande maggioranza dei viticoltori produce uva da tavola. Inoltre, bisognerà aspettare cinque anni perché le nuove vigne diano frutti. Una concorrenza sempre più spietata per i produttori del vecchio continente.
L’Europa, leader del commercio del vino, deve preoccuparsi di fronte alla crescita dei vini del nuovo mondo. Gli accordi di libero scambio fra la Cina e l’Australia, il Cile, la Nuova Zelanda favoriscono questi paesi esportatori di vino che sono esonerati dalle tasse e creano una nuova concorrenza agli esportatori tradizionali sul segmento basso e medio.
Tuttavia, il margine di manovra per i produttori del vecchio continente resta importante. I tre paesi top dell’export di vino europeo coprono i due terzi delle esportazioni in valore e in volume. Fra questi, la Francia, che segue una politica della qualità a discapito della quantità, ha ancora una bella carta da giocare. In più, i produttori commercializzano le proprie bottiglie passando da Hong Kong per ottimizzare i diritti doganali. Tenendo conto che Hong-Kong pratica una politica di esonero di diritti doganali con numerose regioni cinesi, la parte dei vini francesi, alcuni in calo dal 2011, rappresenta il 43% del totale delle importazioni cinesi in valore e il 33% in volume, secondo gli economisti di Coface. In questa situazione, la concorrenza del vino cinese, orientata verso la qualità bassa e media, non penalizza il vino europeo ad eccezione della Spagna.