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 2015  dicembre 18 Venerdì calendario

Facci risponde a Scanzi che aveva parlato male di Cruciani. Discorsi in pubblico fra giornalisti egocentrici

Un tempo leggevi le grandi firme e ti ritrovavi le dita sporche d’inchiostro, oggi leggi Andrea Scanzi e sono sporche di fondotinta. «Siamo la generazione dell’io», ha detto una volta Scanzi, ergendosi ad archetipo. «Ho un ego che fa provincia», ha rimarcato in un’altra occasione, come se ammetterlo fosse un’attenuante. Tutte cose che si sapevano, dopodiché si tende a pensare che ci sia un limite all’indecenza: ma non è vero, non c’è.
Leggere un articolo di Andrea Scanzi contro Giuseppe Cruciani – il Fatto di ieri – è qualcosa che va oltre, non è neanche il bue che dà del cornuto all’asino: è sputare controvento, è Marco Travaglio che dice «forcaiolo» ad Antonio Di Pietro, è Bombolo che grida «petomane» ad Alvaro Vitali, è l’emulo di Cruciani che accusa Cruciani e gli dice: «Sei Cruciani».
Ricominciamo da capo, va bene. Dunque, ieri Scanzi ha scritto un articolo contro Cruciani e la sua trasmissione «La zanzara». L’ha scritto soltanto ora perché prima avevano lo stesso agente (quel genere di agente che procura le ospitate a pagamento ai giornalisti) ma ora Cruciani ha salutato l’agente, quindi via libera. Ora come spiegare, come sintetizzare? In pratica Scanzi ha accusato Cruciani di giocare nel suo stesso campionato, quello dove impera ormai un «giornalismo» fatto di egotismo esibito, di battute preparate, provocazioni palesi, ossa gettate ai cani, insulti strappa-applausi, soprattutto gli stracazzi propri raccontati a tutti.
Perdonino, i lettori, la loro eventuale impressione che forse anche questo articolo – quello che state leggendo – sia solo il sequel di una disputa tra scribacchini: è anche possibile, ma perdonate l’insistenza. Uno Scanzi che critica un Cruciani ha del sociologico, oltreché del malato. Per dire: Scanzi ieri ha accusato Cruciani d’avere l’assillo quotidiano di finire su Dagospia: e questa accusa, cioè l’articolo di Scanzi, naturalmente dov’è finito? Su Dagospia. Ci tiene, Scanzi. Due giorni fa, stessa cosa: l’uomo che accusa gli altri di voler finire su Dagospia ha scritto direttamente a Dagospia. Perché sa bene, Scanzi, che il problema che addebita a Cruciani – spararla sempre più grossa, altrimenti non finirà su Dagospia – è il suo problema quotidiano: inventarsi la battuta, l’insulto, l’odiografia, lo slogan che ingrassi gli zigomi di Lilli Gruber e dei suoi lettori e lettrici. Perché Scanzi è anche questo, ma forse non lo ricorda perché è troppo ebbro di sé e del suo successo un po’ grimpeur: è, in pratica, un individualista generazionale che si compiace nel fregare il vicino di banco o nell’azzannarlo per professione, fatti salvi ovviamente quelli che gli danno da mangiare; uno dei tanti che si è fatto largo – accusa che rivolgono anche al sottoscritto, beninteso – insultando e dileggiando laddove l’insulto e il dileggio non lo rifiutano, diciamo così.
Ma qui forse stiamo volando alto: le ragioni per cui uno Scanzi non dovrebbe scrivere di un Cruciani sono anche altre, e un filo più basse. Voglio dire, anzi, lo dico a loro due: se avete avuto delle fidanzate in comune, beh, saranno anche cazzi vostri. Che una, poi, si può anche dire, perché l’hanno stampato sui manifesti: è Selvaggia Lucarelli, trofeo in comune tra voi e il figlio di Adriano Pappalardo: siete gli unici che hanno avuto il fegato di raccontarlo in giro. Domanda: chi ha accettato, poi, di rilasciare delle imbarazzati «interviste sessuali» finite direttamente su Dagospia, nei mesi scorsi? Nell’ordine: Cruciani, Scanzi, Lucarelli. Poi Scanzi è andato oltre, perché la malattia lo sta divorando. Ieri, ancora, ha accusato Cruciani di essere ossessionato dal sesso, com’è vero: ma nell’agosto scorso fu lo stesso Scanzi a telefonare a Cruciani per proporgli un duetto radiofonico su feticismo e scarpe, tema che li appassiona entrambi.
Sì, mi rendo conto di che cosa stiamo parlando: ma hanno cominciato loro. Vogliamo alzare il tiro? Ecco: dopo la proposta di classificare come domestici anche i conigli (che perciò non sarebbero più ufficialmente commestibili, come i cani) Cruciani ha portato in trasmissione un coniglio, e l’ha mangiato in diretta; Scanzi, intanto, scriveva su twitter di essere «sempre più fiero di essere vegetariano, sempre più atterrito da una crudeltà così smisurata». Parentesi: il neo vegano Scanzi noi ce lo ricordiamo da Cesarino a Perugia mentre si scofanava quintali di carne ma, a parte questo, Scanzi non vuol capire che lui e l’altro appassionato di conigli giocano appunto nello stesso campionato, e che certe sue uscite sembrano solo uno sgomitarsi per il vertice. Un’idea che Scanzi però non la sopporta. Nella primavera scorsa, Vanity Fair gli chiese, anzi gli disse: «Per molti versi, lei somiglia a un altro giornalista, Giuseppe Cruciani». Risposta: «Siamo entrambi molto narcisi, amiamo il successo, la polemica, le donne. Cruciani però è molto più a suo agio di me in tutto questo». Certo, come no. Scanzi non è a suo agio in tutto questo, ma se gli dicono ridicolmente che «ha fama di tombeur de femmes» (stessa intervista) lui non smentisce, anzi. Scanzi non è a suo agio, ma s’immerge serafico nella peggio schiuma dell’effimero: ha risposto a domande sulla sua abbronzatura, sulle lampade solari, sul fondo tinta televisivo, sul gel autoabbronzante, ha raccontato di andare dall’estetista, ovviamente i suoi gusti sessuali (sempre la cosa dei piedi e dei sandali: ci ha fatto una campagna estiva) e insomma una vita così, tra una bulimia mediatica e l’altra.
Ora: forse saprete che la stringatezza nel descriversi (tipo nei risvolti dei libri) è sinonimo di eleganza e di consapevolezza; bene, guardate che cosa scrive, tra un milione di altre cose, Scanzi di se stesso: «Mi occupo di quasi tutto... cultura e spettacoli, sport, politica, costume, sociale, enogastronomia e (ove possibile) sadomaso. Sono, tra le altre cose, sommelier degustatore ufficiale (AIS) e assaggiatore di formaggi (ONAF). Sono anche vegetariano... Sono stato tra i primi in Italia a credere nella letteratura sportiva, a raccontare il percorso politico di Beppe Grillo e a fotografare il renzismo... Sono stato il padrino della maratona di Alba».
Scanzi è uno di quelli che accetta i premi giornalistici senza imbarazzi, anzi, nella sua lunghissima biografia su internet elenca anche i noti premi Galvanina, Casentino, Pigro, Lunezia e Caccuri. Scanzi non ha figli, ma nella citata intervista a Vanity Fair ha offerto il fianco a una possibile resipiscenza: «Mi dispiacerebbe non continuare la stirpe Scanzi». Dacci dentro Andrea, che Cruciani ha già dato.